Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13475 del 20/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 13475 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI PERUGIA
nei confronti di:
ALUNNI PROIETTI MASSIMO N. IL 31/07/1956
BABUCCI CONSUELO N. IL 20/04/1973
CHIAPPINI ALDO N. IL 23/11/1948
CONTINI LANDO N. IL 20/02/1954
FUMANTI MICHELE N. IL 28/03/1975
LEPORE LUIGI N. IL 14/05/1956
MICCIO FABRIZIO N. IL 21/09/1966
MONTANELLI SAURO N. IL 22/02/1963
MUZZATI MARIO N. IL 22/02/1963
NOVIELLO PATRIZIA N. IL 21/11/1959
ORSINI MAURIZIO N. IL 27/07/1965
PIGNATTINI MARCO N. IL 06/09/1962
RIBOLONI ORESTE N. IL 05/10/1959
TABORCHI LUCIANO N. IL 18/05/1951
TANCETTI GIANFRANCO N. IL 20/06/1956
VERGONI ROBERTO LUCIANO N. IL 30/01/1943
avverso la sentenza n. 6591/2009 GIP TRIBUNALE di PERUGIA, del
09/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONJO ;
lette/sept«e le conclusioni del PG Dott. N

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Data Udienza: 20/11/2015

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RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 9 aprile 2014, il Gip del Tribunale di Perugia ha dichiarato
non luogo a procedere, con la formula “perché il fatto non costituisce reato” nei confronti
degli indagati in relazione ai seguenti reati: a) per il sindaco, i consiglieri comunali,
progettista e responsabile dell’ufficio tecnico comunale di Magione, reato di cui agli artt.
61, n. 2), 110, 323 cod. pen., contestato in relazione alla redazione e all’approvazione
della variante generale del piano regolatore comunale, nella quale si erano qualificate

dell’art. 2 del d.m. n. 1444 del 1968, che prevede, per la suddetta qualificazione, limiti
di rapporto tra superficie coperta e superficie fondiaria, nonché di densità territoriale, e
in violazione dell’art. 15 della legge regionale dell’Umbria n. 27 del 2000 e dell’art. 39,
comma 7, del piano territoriale di coordinamento provinciale, che fanno divieto assoluto
di edificazione nelle zone coperte da boschi e qualificate come aree boscate; il tutto al
fine di procurare un ingiusto profitto ai proprietari delle varie particelle, consistente nella
possibilità di realizzare fabbricati in zona boschiva, e all’amministrazione comunale,
consistente nella percezione dei relativi oneri di edificabilità; con l’aggravante di aver
commesso il fatto al fine di commettere gli ulteriori reati per cui si procede; b) per il
solo responsabile dell’ufficio tecnico, anche i reati di cui agli artt. 81, 61 n. 2), 323 cod.
pen., 181, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004, 44, comma 1, lettera b), del
d.P.R. n. 380 nel 2001, perché, al fine di procurare un ingiusto profitto ai proprietari
delle varie particelle e all’amministrazione (come sopra) rilasciava una serie di permessi
di costruire e autorizzazioni paesaggistiche analiticamente indicati nella stessa
imputazione, nonché induceva in errore i destinatari degli stessi atti in merito alla
possibilità di edificazione, a fronte della consistenza boschiva dei terreni, determinandoli
alla realizzazione di opere edilizie in assenza di autorizzazione paesaggistica e permesso
a costruire validi; c) per il solo segretario comunale, i reati di cui agli artt. 81, 61 n. 2),
323 cod. pen., 181, commi 1 e 1-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004, 44, comma 1, lettera
b), del d.P.R. n. 380 nel 2001, per avere rilasciato permessi a costruire, inducendo in
errore i destinatari degli stessi atti in merito alla possibilità di edificazione, a fronte della
consistenza boschiva dei terreni, determinandoli alla realizzazione di opere edilizie in
assenza di autorizzazione paesaggistica e permesso a costruire validi; d) entrambi tali
ultimi soggetti, di analogo reato relativo ad altri permessi di costruire e autorizzazioni
paesaggistiche, con analogo vantaggio e analoga induzione in errore dei destinatari.
Il Gup ha ritenuto che i fatti non costituiscano reati, tenuto conto: degli obiettivi
di interesse pubblico esplicitati dall’amministrazione comunale, non qualificabili come

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quali zone B (di completamento edilizio) alcune porzioni di territorio, in violazione

meramente pretestuosi; dell’esistenza di contrasti interpretativi in merito all’ambito di
applicabilità delle deroghe alla disciplina vincolistica, contrasti su cui è intervenuto più
volte anche il giudice amministrativo; dell’atteggiamento tenuto dagli organi
sovraordinati di controllo, i quali avevano sostanzialmente avallato l’operato del
Comune e dei suoi tecnici. Mancherebbe, dunque, la prova della rappresentazione e
volizione relativa all’evento del vantaggio patrimoniale ingiusto indicato come obiettivo
primario dell’azione posta in essere. Nessuna emergenza concreta consentirebbe di

completamento edilizio), avessero di mira in termini esclusivi o comunque preminenti
la valorizzazione patrimoniale dei terreni divenuti edificabili, a profitto dei proprietari
stessi.
2. – La sentenza di non luogo a procedere è stata impugnata dal Procuratore della
Repubblica presso il tribunale di Perugia.
2.1. – Con un primo motivo di doglianza, si deduce l’erronea applicazione dell’art.
47 cod. pen. L’asserito errore nel quale sarebbero caduti gli imputati concernerebbe non
i fatti presupposto per l’applicazione delle norme, ma il contenuto e la portata delle
norme, con particolare riferimento alla possibilità di riqualificare le zone del territorio.
In particolare, la superficie edificata e cubatura presente in ordine alle aree in questione
non consentiva l’attribuzione della qualifica di zona dì completamento edilizio e la
presenza del vincolo paesaggistico apposto con decreto ministeriale escludeva, in forza
della normativa regionale e del piano territoriale, che si applicasse la deroga di carattere
generale afferente all’edificabilità.
2.2. – In secondo luogo, si lamentano la carenza e la contraddittorietà della
motivazione in relazione alla ritenuta insussistenza dell’elemento soggettivo. Non si
sarebbe considerato che la stessa qualificazione delle aree di interesse come zone B di
completamento urbanistico era illegittima, mancando i requisiti oggettivi delle stesse.
Inoltre, il vantaggio patrimoniale che la riqualificazione delle aree aveva determinato
per i proprietari delle stesse derivava dalla distinzione di valore tra terreni meramente
agricoli e terreni edificabili, per di più in area paesaggisticamente apprezzata. E non
vale affermare che, in ragione del vincolo paesaggistico, la qualificazione delle aree quali
zone B sarebbe rimasta lettera morta, anche perché la presenza di numerosi fabbricati,
precedentemente al sequestro, costituirebbe la dimostrazione delle conseguenze
dell’operato dell’amministrazione. Non potrebbe affermarsi, comunque, che solo in
presenza di un concreto uti!!1-2::: ed!fi:_.Dter!e !e w;r!::: benenc!c:

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qualificazione come zona B, perché – come già evidenziato – l’incremento di valore delle
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affermare che gli imputati, nell’operare la qualificazione delle zone quali zone B (di

stesse conseguirebbe automaticamente alla previsione dello strumento urbanistico.
Inoltre, l’amministrazione non avrebbe fornito alcuna motivazione sulla ragione della
riqualificazione delle aree, volutamente trascurando la loro natura boschiva, che era
perfettamente nota, anche perché denunciata dalle associazioni ambientalistiche. Del
resto, la sussistenza dell’abuso d’ufficio non è di per sé esclusa dall’indeterminatezza
delle persone intenzionalmente avvantaggiate dalla condotta dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO

3.1 – Quanto al primo motivo di doglianza – con cui si sostiene l’illegittimità degli
atti posti in essere dagli imputati – deve osservarsi che la violazione della normativa
vigente è stata ritenuta sussistente anche dal Gup, con grande ampiezza di
argomentazioni giuridiche, che è superfluo qui richiamare nel dettaglio, perché le stesse
– oltre a essere intrinsecamente corrette – sono sostanzialmente condivise e fatte
proprie anche dal pubblico ministero ricorrente. Nella sentenza impugnata, in
particolare, si riporta quasi per intero il contenuto della sentenza sez. 3, 17 febbraio
2010, n. 16871, rv. 247151, resa in un procedimento cautelare avente ad oggetto uno
degli immobili realizzati dai proprietari delle particelle l’oggetto del presente
procedimento penale. E devono qui essere ribaditi i principi affermati in tale pronuncia,
perché essi si riferiscono proprio agli immobili realizzati in area boscata, soggetta a
vincolo di inedificabilità assoluta, secondo la previsione del Piano territoriale di
Coordinamento Provinciale della legge reg. Umbria 19 novembre 2001, n. 28. In
particolare: 1) in tema di tutela del paesaggio, non rientrano nella nozione di “aree
boscate”, quindi inedificabili, quelle aree che, alla data del 6 settembre 1985, erano
classificate come zone A e B, o come zone diverse, purché ricomprese nei piani
pluriennali di attuazione, sempre che il vincolo paesaggistico non sia stato imposto con
provvedimento amministrativo di carattere specifico; 2) il regime derogatorio di
edificabilità previsto dall’art. 142, comma 2, del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non
riguarda i vincoli paesaggistici ordinari imposti con provvedimento amministrativo, ma
concerne in via esclusiva i vincoli imposti per legge ad intere categorie di beni
paesaggisticamente vincolati.
Correttamente pertanto, il GUP ha ritenuto che le aree boscate in questione, che
certamente non rientravano nella categoria di cui al punto 1) e non erano ricomprese
nella deroga di cui al punto 2), fossero sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta.
3.2. – Il secondo motivo di doglianza – che attiene alla contestazione della
ritenuta insussistenza del dolo e del vantaggio patrimoniale, elementi costitutivi del
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3. – Il ricorso è infondato.

reato di abuso d’ufficio – è infondato. La sentenza impugnata reca una motivazione
pienamente adeguata e coerente, con riferimento a tutti i profili che sono fatti oggetto
di critica con il ricorso del pubblico ministero.
3.2.1. – Deve preliminarmente osservarsi che la stessa formulazione
dell’imputazione presenta profili di intrinseca contraddittorietà quanto all’individuazione
del vantaggio patrimoniale che sarebbe stato arrecato ai soggetti privati proprietari delle
varie particelle interessate dal mutamento di qualificazione. Tale vantaggio è

boschive, e quindi assolutamente edificabili”. Al contempo, però, nei capi b, c, d, si fa
riferimento all’induzione in errore dei soggetti proprietari delle particelle in merito alla
possibilità di edificazione, a fronte della consistenza boschiva dei terreni, attraverso la
loro determinazione alla realizzazione di opere edilizie in assenza di autorizzazioni
paesaggistiche e permessi a costruire validi. Dalla stessa lettura dell’imputazione
sembra emergere, dunque, l’implicita convinzione che la riqualificazione delle zone quali
zone di completamente edilizio e il rilascio dei conseguenti titoli abilitativi non abbiano
affatto il risultato di rendere tali zone effettivamente edificabili e che, anzi, abbiano
effetti svantaggiosi per i proprietari. In ogni caso, dall’imputazione non emerge neppure
quale sia il concreto vantaggio che sarebbe stato arrecato ai soggetti proprietari delle
particelle dalle condotte degli imputati – come ben evidenziato nella sentenza
impugnata – non essendo sufficiente a tal fine la mera trasformazione del suolo da
inedificabile a edificabile, che altro non è che il puro e semplice effetto degli atti posti
in essere dagli imputati. E nel caso di specie la contestazione è strutturata come abuso
d’ufficio “di vantaggio”, non essendo menzionato nei capi d’imputazione alcun evento di
danno correlato alle condotte illegittime. Né è emersa dagli atti di indagine la prova di
accordi tra gli imputati e i soggetti potenziali beneficiari degli atti; e, del resto, lo stesso
pubblico ministero ricorrente non formula osservazioni su tale profilo. Quanto, poi, alla
finalità di consentire all’amministrazione comunale di percepire gli oneri di edificabilità,
questa non appare essere – al di là della mera prospettazione in senso contrario del
ricorrente – l’obiettivo principale dell’operato degli imputati, ma, al più, la semplice,
necessaria conseguenza dell’attività edificatoria autorizzata.
3.2.2. – Parimenti corretta è la motivazione adottata dal Gup con riferimento alla
consapevolezza degli imputati circa la illegittimità degli atti. Si richiamano, sul punto,
alcune pronunce del Tar Umbria – una delle quali proprio in relazione alla posizione di
uno dei soggetti che sarebbero beneficiati dai reati per i quali qui si procede – che
avevano sostanzialmente ritenuto corretta ex post l’interpretazione della normativa di
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individuato, in tutti i capi dell’imputazione, nella “realizzazione di fabbricati in zone

riferimento per cui l’amministrazione aveva optato. A ciò doveva aggiungersi che, in
numerosi casi tra quelli contestati al capo b dell’imputazione, la legittimità delle
autorizzazioni paesaggistiche era stata confermata dalla soprintendenza competente.
Quanto, più in particolare, al reato di cui al capo a, nella sentenza impugnata si osserva
– con valutazione di fatto adeguatamente motivata e, dunque, insindacabile in questa
sede – che, alla luce delle sommarie informazioni testimoniali raccolte nel corso delle
indagini, era emerso che la prassi interpretativa contestata nell’imputazione era quella

odierni imputati, nonché dalle amministrazioni chiamate a vigilare sul rispetto della
disciplina dì settore in sede di approvazione dello strumento urbanistico comunale
(pagine 18-21 della sentenza impugnata); né tali considerazioni sono state
compiutamente contestate dal pubblico ministero.
5. – Ne consegue il rigetto del ricorso del pubblico ministero.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2015.

normalmente seguita nell’amministrazione comunale, anche da soggetti diversi dagli

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