Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13432 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 13432 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: IPPOLITO FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CENTAURO Antonino, nato a Catania il 7 febbraio 1960
contro la sentenza della Corte d’appello di Catania del 12/02/2013;
– letto il ricorso, la sentenza impugnata e gli atti;
– udita la relazione del cons. F. Ippolito;
– udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore
generale Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Ritenuto in fatto

1. Con la decisione in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Catania ha
confermato la sentenza con cui il giudice dell’udienza preliminare del locale
tribunale aveva condannato Antonino Centauro, a seguito di rito abbreviato, alla
pena di otto anni e due mesi di reclusione ed € 36.000,00 di multa per due reati di
cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 73 d.P.R. 309/1990 (concorso in detenzione di
cocaina destinata allo spaccio: kg. 3,770 sequestrati il 16.1.2006 e gr. 18
sequestrati il 24.3.2006).

2. Contro la sentenza ricorre l’imputato, a mezzo del suo difensore, e
deduce:
a) erronea applicazione degli artt. 178 e 295 c.p.p.;
b) manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine al capo
dell’imputazione;

e-bis

Data Udienza: 03/12/2013

c)

manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine al capo

f

dell’imputazione;
d) manifesta illogicità della motivazione della sentenza in ordine all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/1990;
e) erronea applicazione dell’art. 73, comma 6, d.P.R. cit.
erronea applicazione dell’art. 99 cod. pen.

Considerato in diritto

1. Il Collegio ritiene fondata la censura relativa all’applicazione della
circostanza aggravante prevista dall’art. 73, comma 6, d.P.R. 309/1990, mentre
vanno disattesi gli altri motivi di ricorso.

2. Come si rileva dalle sentenze di merito di primo e di secondo grado, le
complicate vicende estradizionali che hanno caratterizzato il presente
procedimento, con reiterate ordinanze cautelari personali nei confronti del Centauro
e successive scarcerazioni per vizi collegati alla procedura di estradizione,
escludono in radice l’assunto che il procedimento di primo grado fosse iniziato
nell’ignoranza dell’imputato.
Infondatamente il ricorso lamenta che il giudice d’appello “non ha fornito
motivazione sul fatto che il ricorrente è stato dichiarato latitante senza che sapesse
dell’ordine di arresto”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal
Collegio, ai fini dell’accertamento della volontarietà della sottrazione ad un
provvedimento restrittivo della libertà personale, che costituisce il presupposto della
declaratoria di latitanza, non occorre dimostrare la conoscenza della avvenuta
emissione di tale provvedimento, ma è sufficiente che l’interessato si ponga in
condizioni di irreperibilità, sapendo che quel provvedimento può essere emesso
(Cass. sez. 6, n. 43962 del 27/09/2013, Hassad, Rv. 256684).

2. I motivi di cui alle lett. b) e c), relativi alla responsabilità dell’imputato,
alla sua identificazione nel “Nino” di cui alle conversazioni intercettate, agli elementi
probatori che lo coinvolgono nei traffici del Calì, attiene a questioni di fatto e
valutazioni probatorie di competenza del giudice del merito quando, come nel caso
in esame, il provvedimento impugnato, esaminato unitamente a quello di primo
grado, fornisca una logica motivazione che si sottrae al sindacato di cui all’art.
606.1 lett. e) c. p. p.

2

f)

3. Completa e conforme ai principi di diritto enunciati ripetutamente da
questa Corte di legittimità è la motivazione con cui è stata disattesa la richiesta di
applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 (Cass.
Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rv. 247911), in relazione alla quantità di droga
detenuta e al fatto, così come accertato e ritenuto, che non esprime un situazione
illecita di lieve entità.
Correttamente applicati e motivati risultano anche la recidiva contestata e il

4. Per quanto concerne la ritenuta aggravante di cui all’art. 73, comma 6,
d.P.R. 309/90, secondo la reiterata giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio
condivide, affinché sussista l’aggravante del concorso di tre o più persone, occorre
che ciascuno dei soggetti coinvolti agisca nell’ambito di una delle condotte previste
per l’integrazione del reato (offerta, eventuale intermediazione, acquisto,
detenzione o altra), non potendosi fare richiamo alla pluralità di esse, attribuendone
indistintamente la riferibilità a ciascun soggetto, a prescindere dal suo specifico
ruolo (cfr. Cass. sez. 6, n. 20798 del 10/02/2010, rv. 247325, ed altre ivi
richiamate).

5. La sentenza, pertanto, va annullata limitatamente all’applicabilità di tale
aggravante con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania per nuovo
giudizio sul punto.
P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impunata limitatamente nall’applicabilità
dell’aggravante di cui all’art. 73, comma 6, d.P.R. 309/1990 e rinvia per nuovo
giudizio sul punto ad altra sezione della corte d’appello di Catania. Rigetta nel resto
il ricorso.
Roma, 3 dicembre 2013
Il c nsigliere est.

Il presidente

conseguente aumento di pena.

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