Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 134 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 134 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 22/11/2013

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di SPINELLI Sante, n. a Bogorose
(RI) il 24.08.1946 e di SPINELLI Amelia, n. a Bogorose (RI) il
07.09.1948, avverso la sentenza n. 2076/2010 della Corte di Appello
dell’Aquila del 30.03.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del sostituto procuratore generale dott. Gianluigi
Pratola, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello dell’Aquila, in parziale
riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Pescara in data

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07.11.2009 appellata dagli imputati SPINELLI Sante e SPINELLI Amelia
rideterminava la pena per quest’ultima nella misura di anni tre, mesi
quattro di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, con conferma della
condanna per SPINELLI Sante alla pena di anni sei di reclusione ed euro
1.500,00 di multa.
2. Ricorrono, assistiti da difensore, gli imputati SPINELLI Sante e
SPINELLI Amelia lamentando:

b) cod. proc. pen. in riferimento all’art. 629 cod. pen. quantomeno ai
sensi dell’art. 530, comma 2 cod. proc. pen.;
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 lett.
b) cod. proc. pen. in riferimento all’art. 530, comma 2 cod. proc. pen.;
– inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 lett.
b) cod. proc. pen. in riferimento all’art. 393 cod. pen.;
– assoluta mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione;
– travisamento del fatto ex art. 606, comma 1 lett. e) cod. proc. pen.;
– inosservanza ovvero mancata applicazione della legge penale ex art.
606 lett. b) cod. proc. pen. in riferimento all’art. 62 bis cod. pen. nonché
vizio motivazionale.
2.1. Con riferimento al primo profilo, i ricorrenti contestano l’erroneo
riconoscimento del reato di cui all’art. 629 cod. pen. in mancanza degli
elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice, facendo difetto
un’azione di costrizione a fare o ad omettere qualcosa nonché
l’ingiustizia del profitto e l’altruità del danno. Lamentano altresì come, in
ogni caso, la persona offesa, Evangelista Angelo, non avesse fornito la
prova della sussistenza del debito di euro 2.448,00 costituito dalle
consumazioni non pagate riferibili a SPINELLI Sante avendo al contrario
ammesso di aver ricevuto da SPINELLI Sante la suddetta somma di
denaro costituita da tre banconote da euro 500,00 e quindi ulteriori euro
900,00: da qui la verosimile alternativa di immaginare che l’Evangelista,
trovandosi in difficoltà economica, avesse chiesto e ottenuto da
SPINELLI Sante, abituale avventore del locale, la somma di euro
6.000,00 e, non potendo restituire i soldi ricevuti in prestito, avesse
ridotto consistentemente l’importo non apparendo verosimile che
SPINELLI Sante, anche insieme alla sua famiglia, avesse consumato beni
alimentari per 6.000,00 euro in poco più di un mese per poi asserire che
il saldo del debito sarebbe stato convertito dallo SPINELLI Sante in

A

– inosservanza o erronea applicazione della legge penale ex art. 606 lett.

prestito al quale quest’ultimo avrebbe poi applicato degli interessi tali da
pervenire in pochi giorni alla somma di euro 6.000,00. Anche le
circostanze assunte come riscontri estrinseci dai giudici di secondo grado
apparivano, per i ricorrenti, prive di valenza dimostrativa: invero,
effimera ed insignificante risultava la circostanza che sull’agenda
acquisita fossero stati appuntati sotto la voce “Pino” e “zio Pino”,
soprannomi di SPINELLI Sante / alcuni riferimenti numerici attribuiti a

presunte consumazioni del medesimo non essendovi alcuna certezza che
l’attività riportata su quella agenda fosse riferibile al periodo del
presunto reato né che quelle indicazioni numeriche afferissero realmente
a SPINELLI Sante; parimenti, di nessun pregio appariva la circostanza
che, dal contenuto della registrazione, risultasse palese la contrarietà di
SPINELLI Sante per l’esiguità della somma consegnatagli (500,00 euro)
apparendo evidentemente tale somma assai modesta rispetto a quella,
ben più cospicua, dal medesimo consegnata precedentemente alla
persona offesa e di cui si aspettava la restituzione.
2.2. Con riferimento al secondo profilo, i ricorrenti evidenziano come il
risultato di prova derivante dalle dichiarazioni della persona offesa
avrebbe reso necessaria una valutazione più attenta – rispetto a
testimonianza terza – in ordine alla sua genuinità dal momento che la
vittima del reato era, almeno potenzialmente, portatrice di interessi suoi
propri all’interno del processo: da qui la necessità di un riscontro di
credibilità soggettiva ed oggettiva per far sì che il convincimento del
giudice su tale fonte di prova fosse sorretto da adeguata e coerente
motivazione ed evitare il rischio che detta testimonianza finisca per
essere acriticamente assunta come prova della responsabilità
dell’imputato. La lettura delle motivazioni delle due sentenze di merito
manifestava, per contro, la totale mancanza dell’indicazione di qualsiasi
concreto parametro valutativo adottato in vista delle conclusioni assunte,
rimaste indimostrate, soprattutto con riferimento alla posizione di
SPINELLI Amelia.
2.3. Con riferimento al terzo profilo, i ricorrenti lamentano la mancata
sussunzione della fattispecie nel reato di cui all’art. 393 cod. pen..
Invero, dal contenuto della captata registrazione, si evinceva come
SPINELLI Sante rivendicasse la restituzione dei soldi in virtù del
precedente prestito e non a fini estorsivi.
2.4. Con riferimento al quarto profilo, i ricorrenti lamentano la mancanza

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di qualsivoglia supporto argomentativo e probatorio. I giudici di secondo
grado, nell’affermare che i prevenuti (ndr., SPINELLI Sante e SPINELLI
Amelia) non avevano in alcun modo spiegato la ragione della loro
richiesta di denaro e della ricezione della somma di 500,00 euro né
fornito una spiegazione alternativa tale da contrastare il racconto del
denunciante, avevano determinato un’illegittima ed arbitraria inversione
dell’onere della prova imponendo di fatto agli accusati di provare la loro

innocenza.
2.5. Con riferimento al quinto profilo, i ricorrenti lamentano come i
giudici di secondo grado avessero operato una ricostruzione degli eventi
errata essendosi basati esclusivamente sulle dichiarazioni della persona
offesa.
2.6. Con riferimento al sesto profilo, i ricorrenti censurano la sentenza di
secondo grado in relazione alla ribadita negazione delle circostanze
attenuanti generiche. Queste ultime non potevano essere intese come
oggetto di benevola e discrezionale concessione del giudice, ma come il
riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente ma che
presentavano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere
una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione
della pena. Sul punto la Corte d’Appello aveva pretermesso qualsivoglia
valutazione limitandosi a riprendere pedissequamente gli argomenti già
utilizzati in primo grado,negando ad entrambi gli imputati le circostanze
generiche sul presupposto della gravità dei fatti e della personalità dei
prevenuti entrambi pregiudicati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

7. Il ricorso è infondato e, come tale, va respinto.
8. Va preliminarmente osservato che, con riguardo ai limiti del sindacato
di legittimità delineati dall’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.,
nel testo vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del
2006, questa Corte Suprema ritiene che la predetta novella non abbia
comportato la possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare
un’indagine sul discorso giustificativo della decisione finalizzata a
sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di
merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare
l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso

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per sottolineare il suo convincimento. La mancata rispondenza di queste
ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto ora, essere dedotta
quale motivo di ricorso qualora comporti il cd. travisamento della prova,
purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si
pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate
alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la
loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non

ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato.
L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve, in ogni
caso, essere di spessore tale da risultare percepibile ictu ocu/i, dovendo
il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le
ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano
validità, e meritano di essere tuttora condivise, Cass., Sez. un., n. 24
del 24 novembre 1999, Spina, rv. 214794; Cass., Sez. un., n. 12 del 31
maggio 2000, Jakani, rv. 216260; Cass., Sez. un., n. 47289 del 24
settembre 2003, Petrella, rv. 226074). A tal riguardo, devono tuttora
escludersi la possibilità di «un’analisi orientata ad esaminare in modo
separato ed atomistico i singoli atti, nonché i motivi di ricorso su di essi
imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad
essi relativi» (Cass., Sez. 6, n. 14624 del 20 marzo 2006, Vecchio, rv.
233621; conforme, Cass., Sez. 2, n. 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico,
rv. 239789), e la possibilità per il giudice di legittimità di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma
adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei
fatti (Cass., Sez. 6, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559;
Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099).
9. Vengono nella fattispecie avanzate censure che tendono a proporre
una diversa lettura – più favorevole agli imputati – delle risultanze
processuali, non ammissibile in sede di legittimità. Come è noto, infatti,
in tema di sindacato del vizio della motivazione, il compito del giudice di
legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella
compiuta dal giudice di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di
prova, bensì di stabilire se nel giudizio di merito siano stati esaminati

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tutti gli elementi, se sia stata fornita una corretta interpretazione di essi
e se siano state esattamente applicate le regole della logica nello
sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
affermare la responsabilità penale dell’imputato.
10. Fermo quanto precede, ritiene questo Collegio come del tutto
infondati appaiano i primi due motivi di doglianza basati su una
ricostruzione alternativa dei fatti, peraltro meramente ipotetica e non

ancorata a solidi parametri di possibile logicità. Invero, il giudice di
secondo grado, pur richiamandosi alle valutazioni operate dal Tribunale,
ha riconosciuto come il racconto della persona offesa, neppure
costituitasi parte civile nel processo, fosse connotato da assoluta
attendibilità e che numerosi fossero i riscontri alla veridicità di quel
narrato. Riscontri costituiti dall’annotazione sull’agenda delle cifre e del
soprannome di SPINELLI Sante (soprannome confermato dalla polizia
giudiziaria), della plausibile entità del debito afferente le consumazioni di
un intero nucleo familiare ed amici del medesimo, dall’atteggiamento
verbale, compatibile con il racconto della vittima, tenuto dallo SPINELLI
Sante nel corso del colloquio registrato. In relazione poi alla posizione di
SPINELLI Amelia, la sentenza dà atto della sua attiva partecipazione alle
minacce, nei termini plausibilmente riferiti dalla persona offesa.
11. In relazione al terzo motivo, va evidenziato come il riconoscimento
da parte del giudice di merito del più grave reato di estorsione rende
superata la verifica in ordine alla ricorrenza del meno gravera reato di
esercizio arbitrario delle proprie ragioni: da qui l’infondatezza del profilo.
12. Pari infondatezza va riconosciuta in relazione al quarto e al quinto
motivo, afferenti la pretesa inversione dell’onere probatorio e la non
accertata credibilità della persona offesa: invero, come si è visto, il
giudice di merito ha motivato la pronuncia di colpevolezza basandosi
sulla prova offerta dalle dichiarazioni accusatorie, intrinsecamente
credibili, della persona offesa e sui numerosi riscontri oggettivi esistenti
a quel narrato.
Come è noto, afferma questa Suprema Corte come le regole dettate
dall’art. 192, comma 3 cod. proc. pen. non si applichino alle
dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea
motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e

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dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso
essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono
sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Cass., Sez. un., n.
41461 del 19 luglio 2012, Bell’Arte ed altri, rv. 253214).
13. Non miglior sorte merita il sesto motivo di doglianza avendo il
giudice di merito adeguatamente motivato in relazione alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche.

pagamento delle spese processuali

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deliberato in Roma il 22.11.2013

14. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna dei ricorrenti al

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