Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13377 del 11/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 13377 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VALCHINOVSKI MIROSLAV N. IL 06/10/1979
LOFOVA LUCIE N. IL 01/02/1979
avverso l’ordinanza n. 1609/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
10/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dptt,GERARDO SAB IEOr ;
loae/sentite le conclusioni del PG Dott. ìe.aRmAA,,,,

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di Milano, con ordinanza del 10 ottobre 2013,
ha quasi integralmente confermato (annullandola nei confronti di uno solo dei
ricorrenti e per il solo delitto di falso di cui al capo I dell’imputazione) l’ordinanza

disposta la misura cautelare personale della custodia in carcere nei confronti di
Valchinovski Miroslav e Lofova Lucie, indagati entrambi per i delitti di
associazione a delinquere, ricettazione e possesso di documenti di identificazione
falsi nonché il primo anche per diversi furti in abitazione.
2. Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli
indagati, a mezzo del loro comune difensore, lamentando:
a)

una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla

ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per l’ascritto delitto
associativo pur in presenza di un precedente giudicato cautelare di segno
opposto;
b)

una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla

sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il delitto di ricettazione;
c) una violazione di legge e una motivazione illogica in merito alla
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i delitti di furto in abitazione
aggravato ascritti al solo Valchinovski e per il delitto di possesso di documenti di
identificazione falsi ascritto alla sola Lofova;
d) una violazione di legge e una motivazione illogica in merito al rigetto
dell’eccezione d’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per la presenza dei
soli decreti autorizzativi e non anche delle relative richieste ad opera del P.M.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili in quanto, innanzitutto, ripropongono le
medesime questioni sollevate avanti il Giudice a quo ed a cui è stata data logica
e corretta risposta.
2. Inoltre, con riferimento al motivo relativo alla sussistenza dei gravi
indizi per l’ascritto reato di associazione a delinquere, in diritto, si osserva come
sul punto dell’immutabilità assoluta del c.d. giudicato cautelare in difetto di
novum, a partire dalle Sezioni Unite 19 dicembre 2006 n. 1435 e di recente fino
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del 23 settembre 2013 del GIP del Tribunale di Milano con la quale era stata

a Sez. VI 22 aprile 2010 n. 17269, si affermi, dalla pacifica giurisprudenza di
legittimità come tale preclusione di natura endoprocessuale allo stato degli atti e
per il c.d. dedotto, avente pertanto minore efficacia rispetto al giudicato di
merito, possa sicuramente essere superata dall’evidenziazione di nuove
circostanze, rientranti nella nozione delle questioni non soltanto dedotte bensì
meramente deducibili nella sede cautelare, idonee a provocare una

In fatto, questa volta, non può che ripetersi, anche in questa sede e non
potendo questa Corte di legittimità entrare nel merito degli accertamenti in fatto,
quanto affermato dal Giudice a quo circa la diversità dei soggetti interessati dalla
precedente ordinanza cautelare e tale da non far ritenere applicabile agli odierni
ricorrenti quanto evidenziato a proposito del delitto associativo ascritto ai correi
giudicati in altra sede cautelare.
In altri termini, il Tribunale ha, da un lato, chiarito come i fatti ascritti
fossero gli stessi ma come, del pari, diverse fossero le posizioni dei singoli
indagati e tali da poter far ritenere insussistenti per alcuni gli indizi del delitto
associativo mentre per gli odierni ricorrenti la sussistenza derivava da una serie
di accertamenti, puntualmente elencati dalla pagina 7 alla pagina 11
dell’ordinanza impugnata.
3. Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti poi, il compendio
indiziario valorizzato dal Giudice del riesame, con riferimento a tutti gli ascritti
reati, non è stato espresso in maniera illogica e contraddittoria né si evidenziano
le pretese violazioni di legge.
Gli elementi suesposti sono stati valutati globalmente dal Tribunale, che
ne ha riconosciuto la capacità dimostrativa, in esito a una corretta applicazione
dei criteri imposti dall’articolo 192 cod.proc.pen.
Dalla linea argomentativa così sviluppata i ricorrenti non segnalano alcuna
caduta di conseguenzialità, che emerga ictu oculi dal testo stesso del
provvedimento; mentre il tentativo di contrastare la valenza persuasiva delle
emergenze investigative menzionate nel provvedimento impugnato e di
contrapporvi altre circostanze assertivamente favorevoli all’assunto difensivo, si
traduce nella prospettazione di una lettura alternativa del materiale indiziario, in
contrasto con quella fatta logicamente propria dal Giudice del merito: il che non
può trovare spazio nel presente giudizio di legittimità.
Giova inoltre rammentare, in diritto, come compito del Giudice del merito
sia quello di analizzare, anche alla luce delle asserzioni defensionali, gli elementi
di prova (e la circostanza che essi in materia cautelare si chiamino indizi è, a
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riconsiderazione della precedente decisione.

questi fini, mera variante terminologica), verificarne il significato e la univocità;
offrire completa giustificazione del perché, a suo avviso, i fatti s’attaglino alla
fattispecie astratta e giustifichino le conclusioni raggiunte circa la fattispecie
concreta, ovvero, per la materia, circa la perdurante sussistenza di gravi indizi di
responsabilità.
Il giudizio prognostico in tal senso era, dunque, indispensabile, pur

responsabilità già raggiunta, ma nella prospettiva della tenuta del quadro
indiziario alla luce di possibili successive acquisizioni e all’esito del
contraddittorio.
I gravi indizi null’altro sono, d’altro canto, che “una prova allo stato degli
atti”, valutata dal Giudice allorché la formazione del materiale probatorio è di
norma ancora in itinere.
È così soltanto l’aspetto di una possibile evoluzione “dinamica”, non la
differente intrinseca capacità dimostrativa, a contraddistinguere la valutazione
della prova in sede cautelare rispetto alla valutazione nel giudizio di cognizione
(v. Cass. Sez. I 4 maggio 2005 n. 19867 e da ultimo 17 maggio 2011 n. 19759).
Il motivo di doglianza, inoltre, si caratterizza per una completa
rivisitazione in punto di fatto degli elementi indiziari che il Tribunale ha ritenuto
idonei a giustificare la chiesta misura cautelare personale e, pertanto, giunge a
richiedere a questa Corte di legittimità un’operazione non consentita, pari a
quella di un inesistente ulteriore grado di merito.
4. Il motivo relativo alla inutilizzabilità delle esperite intercettazioni
telefoniche del pari non è meritevole di accoglimento.
Correttamente il Giudice del merito ha affermato, sulla base delle
disposizioni di cui agli articoli 267 e 268 cod.proc.pen., come le richieste
avanzate dal RM. per l’effettuazione delle intercettazioni telefoniche non
richiedano particolari requisiti né che debbano essere presenti nel fascicolo
trasmesso al Tribunale del Riesame, posto che delle stesse ne era stata fatta
menzione nel decreto autorizzativo del GIP.
L’autonoma ed autosufficiente motivazione del suddetto GIP, autorizzativa
delle chieste intercettazioni vale, in ogni caso, a ritenere in essa assorbite tutte
le considerazioni sulla necessità e sulla validità delle intercettazioni, rispetto alle
quali le richieste dell’inquirente si pongono come meri atti propositivi confluenti
nel decreto motivato del giudicante, la cui mancanza può determinare la
sanzione di inutilizzabilità di cui all’articolo 271 cod.proc.pen..

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dovendo essere effettuato non nell’ottica della ricerca di una certezza di

5 In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i
ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di
denaro in favore della Cassa delle Ammende.
Sarà cura della Cancelleria provvedere, inoltre, agli adempimenti di cui
all’articolo 94 delle disp.att.cod.proc.pen.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 ciascuno in
favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter
disp.att. c.p.p.

Così deciso in Roma, 1’11 febbraio 2014

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Il Co i liere estensore

P.T.M.

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