Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13362 del 24/02/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 13362 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NAVA ALESSANDRO N. IL 30/09/1972
avverso la sentenza n. 278/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
14/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANNA
PETRUZZELLIS;

Data Udienza: 24/02/2016

La difesa di Nava Alessandro propone ricorso avverso la sentenza del 14/04/2015 con la quale
la Corte d’appello di Milano, ha confermato l’accertamento di responsabilità per il reato di cui
agli artt. 56 346 cod. pen.
Nel ricorso si lamenta violazione di legge processuale e vizio di motivazione, in relazione
all’utilizzazione di un documento anonimo; violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. per la
mancata attivazione di una perizia sul filmato acquisito, che si assume necessaria al fine di
decidere; vizio di motivazione inerente alla presenza degli elementi costitutivi del reato
ritenuto.

L’impugnazione è inammissibile per manifesta infondatezza, poiché fondata sulla mera
riproposizione delle eccezioni procedurali, senza confrontarsi con le argomentazioni svolte nella
pronuncia impugnata per contrastarne la fondatezza, peraltro espresse in applicsazione di
conforme giurisprudenza di questa Corte.
In particolare, è del tutto infondato l’assunto, che costituisce premessa dell’eccezione, della
natura anonima del documento, per la mancata individuazione del terzo che, indossando la
telecamera, ha consentito le riprese del filmato che ha poi condotto a rivelare l’illecito, a fronte
della pacifica circostanza che l’operatore, sentito quale teste, ha chiarito di aver seguito tutte
le operazioni di predisposizione del filmato, oltre che il suo sviluppo nel corso delle riprese, fino
all’identificazione dell’interessato da parte delle forze dell’ordine intervenute, assumendosi la
paternità di quanto ripreso con l’ausilio della troupe televisiva, circostanza che rende del tutto
ricostruibile le modalità di formazione della prova, unico elemento che necessiti di
approfondimento per l’utilizzazione dei filmati, che costituiscono una prova di natura atipica, la
cui possibilità di utilizzazione è sottratta alle norme in tema di prova documentale, utilizzabile
probatoriamente al di fuori di quanto previsto dall’art. 2072 cod. civ., dovendo la sua
autenticità essere accertata caso per caso dal giudice (principio pacifico; da ultimo Sez. 2,
Sentenza n. 6515 del 04/02/2015, imp. Hida Rv. 263432), come analiticamente avvenuto nella
specie.
Tali elementi di fatto, specificamente indicati nella sentenza, che escludono di poter ricondurre
il documento tra gli anonimi, sono stati semplicemente ignorati dalla difesa, che nel ricorso non
ha contestato la rispondenza al reale della ricostruzione posta a base della decisione, ma si è
limitata a reiterare quanto espresso nella fase di merito, fondando poi l’eccezione attinente alla
mancata rinnovazione del dibattimento, sulla necessità dell’accertamento al fine di decidere,
contrastata dalla specifica argomentazione che, per le modalità e durata del filmato, oltre che
per la consequenzialità logica di quanto registrato, ha condotto la Corte territoriale ad
escludere la presenza di elementi di dubbio che rendessero assolutamente necessario
l’approfondimento tecnico richiesto.
Analogamente il ricorso contiene una propria ricostruzione dei fatti, che non si rapporta in
alcun modo al contenuto degli accertamenti posti a base della decisione, con particolare
riferimento alla sicura identificazione nel Nava dell’autore del fatto contestato, per la
contestualità di acquisizione del filmato e la verifica delle sue generalità da parte del pubblico
ufficiale intervenuto, e qu,anto alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato, per i quali è
irrilevante che il terzo volesse o meno accedere alle richieste illecite, sussistendo tutti gli
estremi necessari alla conclusione dell’accordo, non raggiunto per cause indipendenti dalla
volontà dell’agente. Tali aspetti, dei quali si è dato compiutamente conto nella pronuncia
impugnata, non costituiscono oggetto di contestazione, cosicché sul punto si ripropone in
questa fase una valutazione di merito, estranea all’ambito della cognizione rimessa a questa
Corte.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di
rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. come nella

La difesa ha deposito memoria nella quale, opponendosi alla dichiarazione di inammissibilità
dell’impugnazione, si riporta alle conclusioni assunte nel ricorso.

specie ove la prescrizione del reato sarebbe maturata successivamente alla sentenza
impugnata con il ricorso. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, all’udienza del 24 febbraio 2016

Consigli e est.

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