Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13353 del 12/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 13353 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Porta Antonio, nato a Como, il 10/11/1947;

avverso la sentenza del 13/11/2012 della Corte d’appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
limitatamente al capo Al con rinvio per la rideterminazione del trattamento
sanzionatorio;
udito per l’imputato l’avv. Marco Fiscal, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 12/02/2014

1.Con sentenza del 13 novembre 2012 la Corte d’appello di Milano confermava la
condanna, a seguito di giudizio abbreviato, di Porta Antonio per i reati di bancarotta
fraudolenta patrimoniale e documentale, nonché di bancarotta preferenziale, commessi
nella sua qualità di amministratore della Top Salon s.r.I., dichiarata fallita il 23 luglio
1999.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando due
motivi.

dell’art. 423 comma 2 c.p.p. in merito alla contestazione di un fatto nuovo senza il
consenso dell’imputato. In particolare il ricorrente rileva che nel corso del giudizio
abbreviato il pubblico ministero ha modificato l’imputazione di cui al punto 1 del capo
a), trasformando l’originaria contestazione di bancarotta fraudolenta ad oggetto la
distrazione di ricavi della fallita per oltre otto miliardi di lire in quella di bancarotta
preferenziale relativa alla restituzione ai soci della stessa di finanziamenti per oltre un
miliardo e duecento milioni di lire. Tale modifica, sempre secondo il ricorrente, sarebbe
stata erroneamente classificata dalla Corte distrettuale come mera riqualificazione
dell’originaria contestazione, mentre risulterebbe evidente che la stessa costituisca la
contestazione di un fatto ontologicamente nuovo e diverso rispetto a quello per cui il
Porta era stato tratto a giudizio.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta vizi motivazionali della sentenza
impugnata. Con riguardo all’imputazione di bancarotta distrattiva di cui al punto 2 del
capo a) deduce l’omessa valutazione delle risultanze della consulenza Farina e il
travisamento delle dichiarazioni della teste Cappellini, rilevando inoltre come i giudici
del merito non avrebbero tenuto conto del fatto che al termine del contratto d’affitto
del ramo d’azienda di Top Line, la fallita non avrebbe più avuto la disponibilità dei beni
di cui si suppone la distrazione, mentre l’imputato è stato assolto dalla contestazione di
essere concorso nella bancarotta della stessa Top Line. Quanto invece all’imputazione
di bancarotta documentale nuovamente non sarebbe stato preso in considerazione
quanto esposto nella consulenza Farina in merito alla sostanziale regolare tenuta della
contabilità ed all’idoneità della medesima a rendere possibile la ricostruzione del
volume degli affari della fallita, né la Corte distrettuale avrebbe correttamente valutato
il fatto che a seguito dell’accertamento compiuto presso la Top Salon dalla Guardia di
Finanza il 23 marzo 1998 le registrazioni contabili informatiche erano divenute, a quel
momento, sostanzialmente immodificabili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.

2.1 Con il primo reitera l’eccezione, già rigettata dal G.u.p., relativa alla violazione

1.1 Per come emerge dalla sentenza impugnata – che riprende sul punto la
motivazione resa sul punto dal giudice di prime cure – la contestazione della bancarotta
preferenziale sarebbe stata elevata dal pubblico ministero alla luce degli esiti
dell’istruttoria svolta nel corso del giudizio abbreviato in riferimento ad un fatto storico
già ricompreso nell’originaria imputazione. In altri termini le restituzioni dei presunti o
reali finanziamenti prestati alla società già sarebbero state considerate nell’originaria
contestazione a titolo di distrazione dei ricavi conseguiti dalla fallita e, per l’appunto,

riqualificare, res melium perpensa, tale specifica condotta nei termini indicati. Breve:
tale specifica condotta sarebbe stata in origine erroneamente qualificata e il pubblico
ministero avrebbe posto rimedio a tale errore una volta accertato sulla base delle
emergenze istruttorie (la cui acquisizione era stata peraltro sollecitata dallo stesso
imputato) che l’unico distacco di risorse monetarie avvenuto ai danni della fallita era
servito per la preferenziale soddisfazione dei crediti vantati dai soci.
1.2 Ciò detto deve rilevarsi che la dedotta violazione dell’art. 423 comma 2 c.p.p. non
sussiste. Innanzi tutto, anche volendo accogliere la tesi del ricorrente sull’autonomia
del fatto oggetto di contestazione suppletiva, va osservato che quest’ultima avrebbe
riguardato quantomeno un fatto connesso a quello originariamente imputato e che
dunque la stessa sarebbe stata correttamente effettuata ai sensi del primo comma
dell’art. 423 c.p.p.
1.3 In realtà una corretta interpretazione dei fatti processuali porta a concludere che il
pubblico ministero abbia modificato, ai sensi del primo comma dell’art. 423 c.p.p.,
l’originaria imputazione rilevando la “diversità” del fatto da come contestato, per poi
modificare anche la sua qualificazione giuridica, operazione quest’ultima sempre
consentita. In proposito deve infatti rammentarsi che la nozione di “fatto diverso” è,
per la legge processuale, autonoma rispetto a quella di “fatto nuovo” evocata con il
ricorso e comprende non solo il fatto diversamente qualificato ancorchè invariato nel
suo profilo storico, ma anche quello che abbia connotati materiali difformi da quelli
descritti nell’editto imputativo (Sez. 3, n. 3253 del 22 febbraio 1996, P.M. in proc.
Santese, Rv. 205778).
1.4 Non è dunque in discussione se il fatto di bancarotta distrattiva e quello di
bancarotta preferenziale siano sostanzialmente diversi, come recentemente
riconosciuto anche da questa Corte (Sez. 5, n. 9347 del 30 gennaio 2013, Baj e altro,
Rv. 255230), ma la conseguenza che da tale diversità vorrebbe far discendere il
ricorrente. Infatti tale intrinseca diversità rileva ai fini dell’applicazione dell’art. 521
comma 2 c.p.p. e del rispetto del principio di correlazione tra accusa e sentenza, ma
non impedisce al pubblico ministero di procedere ad una contestazione suppletiva ai
sensi del primo comma dell’art. 423 c.p.p. (o dell’art. 516 c.p.p.), qualora l’intervento
di ristrutturazione della imputazione non porti alla contestazione di un fatto nuovo

sviati in favore dei soci e il titolare dell’azione penale si sarebbe dunque limitato a

perché storicamente altro da quello originariamente descritto con l’atto d’imputazione,
così come avvenuto nel caso di specie. Né si è in concreto consumato alcuna violazione
del diritto di difesa dell’imputato, giacchè su sua sollecitazione il giudice gli ha concesso
di fatto un congruo termine per reagire alla modifica dell’imputazione attraverso il
rinvio dell’udienza del 21 ottobre 2005. Rinvio che la difesa del Porta ha pienamente
sfruttato, provvedendo a redigere una memoria difensiva e a produrre documentazione

2. Le doglianze sollevate con il secondo motivo di ricorso sono parzialmente fondate nei
limiti che di seguito verranno illustrati.
2.1 Inammissibili sono invero le molteplici denunzie dei travisamenti della prova in cui
sarebbe incorsa la Corte distrettuale. Contrariamente a quanto dimostra di voler
credere il ricorrente (le cui citazioni giurisprudenziali si rivelano irrimediabilmente
“datate”), questa Corte infatti, alla luce delle modifiche apportate all’art. 606 comma 1,
lett. e) c.p.p. dalla I. n. 46/2006, ha da tempo riconosciuto che il vizio di motivazione
rilevante possa risultare, oltre che dal testo del provvedimento impugnato, anche “da
altri atti del processo”, purché siano “specificamente indicati nei motivi di gravame” (ex
multis Sez. 5 n. 18542 del 21 gennaio 2011, Carone, rv 250168). Ciò comporta, in
altre parole, che all’illogicità intrinseca della motivazione (cui è equiparabile la
contraddittorietà logica tra argomenti della motivazione), caratterizzata dal limite della
rilevabilità testuale, si è affiancata la contraddittorietà tra la motivazione e l’atto a
contenuto probatorio.
2.2 L’informazione “travisata” (la sua esistenza – inesistenza) o non considerata deve,
peraltro, essere tale da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Inoltre, la
nuova disposizione impone, ai fini della deduzione del vizio di motivazione, che l'”atto
del processo” sia, come già ricordato, “specificamente indicato nei motivi di gravame”.
Sul ricorrente, dunque, grava, oltre all’onere di formulare motivi di impugnazione
specifici, anche quello di individuare ed indicare gli atti processuali che intende far
valere (e di specificare le ragioni per le quali tali atti, se correttamente valutati,
avrebbero dato luogo ad una diversa pronuncia decisoria), onere da assolvere nelle
forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione. In definitiva il
ricorso per cassazione con cui si lamenta la mancanza, contraddittorietà o manifesta
illogicità della motivazione per l’omessa valutazione di circostanze acquisite agli atti
non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non
esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato
ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, ma deve,
invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento
fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la
ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o

a suo sostegno.

del dato probatorio invocato, nonchè della effettiva esistenza dell’atto processuale su
cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in
modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo
profili di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argomentativo del
provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 2 dicembre 2010, Damiano, Rv.
249035). E quanto alle condizioni per cui può ritenersi assolto l’onere di indicazione
posto dalla lett. e) dell’art. 606 c.p.p., si è altresì precisato che, qualora la prova

integralmente il contenuto, non limitandosi ad estrapolarne alcuni brani, giacchè così
facendo viene impedito al giudice di legittimità di apprezzare compiutamente il
significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di valutare l’effettiva portata del vizio
dedotto (Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008, Buzi, rv 241023; Sez. F., n. 32362 del
19 agosto 2010, Scuto ed altri, Rv. 248141).
2.3 E’ a questo punto evidente come il ricorrente non si sia attenuto a questi oramai
consolidati principi, essendosi limitato per l’appunto a rappresentare in maniera
parziale e incompleta gli atti il cui contenuto probatorio lamenta non essere stato
considerato ovvero aver costituito oggetto di travisamento. Non di meno ha omesso di
precisare le ragioni per cui le risultanze della consulenza Farina o il presunto diverso
contenuto delle dichiarazioni della teste Cappellini avrebbero carattere decisivo nel
senso in precedenza illustrato, tanto più che, in merito alla citata consulenza e, con
riguardo alla contestazione relativa alla bancarotta documentale, dagli estratti della
relazione contenuti nel ricorso emergono parziali ammissioni della consulente in ordine
alla relativa incompletezza delle annotazioni contabili.
2.4 A ciò deve aggiungersi che, con riguardo all’imputazione di bancarotta
preferenziale, la Corte distrettuale ha rilevato come la stessa dr.ssa Farina avesse
riscontrato l’anomala gestione del conto “finanziamenti soci”. Considerazione con cui il
ricorrente non si è confrontato, limitandosi a richiamare, come detto, in maniera
generica le risultanze della consulenza omettendo di fatto di confutare l’accusa relativa
alla restituzione dei finanziamenti ai soci.
2.5 Quanto poi alla bancarotta documentale deve rilevarsi come entrambe le sentenze
di merito non abbiano ancorato l’affermazione di responsabilità dell’imputato
esclusivamente alla circostanza che i dati contabili non sarebbero mai stati stampati su
supporti vidimati, ma conservati soltanto su quello informatico. Infatti i giudici del
merito hanno altresì fatto riferimento alle già menzionate dichiarazioni della Farina sulla
tenuta del conto finanziamento soci ed a quanto riferito dalla medesima sulle difficoltà
incontrate nella ricostruzione di alcune poste, soprattutto con riguardo all’origine di
alcuni movimenti registrati in contabilità. Argomentazione con la quale ancora una
volta omesso di confrontarsi, limitandosi a richiamare altre dichiarazioni della
consulente, la cui parzialità risulta viepiù evidente alla luce di quanto testè osservato.

omessa o travisata abbia natura dichiarativa, il ricorrente ha l’onere di riportarne

2.6 Ed allora è necessario ribadire come sia inammissibile, per difetto di specificità, il
ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle rationes decidendi poste
a fondamento della decisione, ove siano entrambe autonome ed autosufficienti, com’è
nel caso di specie (Sez. 3, n. 30021 del 14 luglio 2011, F., Rv. 250972), atteso che,
per integrare la fattispecie di fraudolenta tenuta delle scritture contabili prevista
dall’ultima parte dell’art. 216 comma 1, n. 2, legge fall. non è necessario che le stesse
risultino nel loro complesso inattendibili, ma è sufficiente che l’agente, operando anche

l’esauriente ricostruzione del volume di affari e del patrimonio della fallita, risultando
dunque irrilevante in tal caso l’eventuale corretta complessiva tenuta dei libri sotto un
profilo formale.

3. Rilevata dunque la correttezza delle conclusioni assunte dalla Corte distrettuale in
ordine alla responsabilità dell’imputato per i reati di bancarotta preferenziale e
bancarotta fraudolenta documentale, deve invece riconoscersi la fondatezza delle
doglianze sollevate dal ricorrente in merito alla residua imputazione di bancarotta
distrattiva di cui al capo a) 2.
3.1 A fronte delle puntuali sollecitazioni avanzate con il gravame di merito in ordine
all’effettiva identificazione dell’oggetto della distrazione ed alta stessa ricostruzione
delle vicende che hanno interessato le cesisoni a F.B.M. e Bull, la sentenza si è
sostanzialmente limitata ad affermare la correttezza delle conclusioni raggiunte sul
punto dal giudice di prime cure, distorcendo in tal modo i consolidati principi fissati da
questa Corte sulla motivazione per relationem e comunque non rispondendo alle
censure della difesa.
3.2 Quest’ultima aveva, infatti, per un verso contestato – anche richiamando le
considerazioni della perizia Farina – lo stesso effettivo valore materiale dei beni oggetto
della presunta distrazione e per l’altro rilevato come gli stessi rientrassero nel contratto
di affitto del ramo d’azienda di cui aveva beneficiato la fallita, la cui naturale cessazione
aveva determinato la doverosa retrocessione dei beni di cui si contesta la distrazione al
locatore e cioè Top Line s.a.s. fosse giunto alla sua naturale conclusione, rimanendo del
tutto estraneo dunque il Porta alle successive vicende che avessero eventualmente
riguardato i suddetti beni
3.3 Censure queste, pure rilevanti – qualora fondate – ai fini della configurabilità del
reato, che invece non hanno trovato, nemmeno implicitamente, risposta nella
motivazione della sentenza, dalla quale in realtà non è nemmeno dato comprendere
con la dovuta certezza che cosa la Corte distrettuale abbia effettivamente ritenuto
oggetto della contestata distrazione, mentre le, peraltro generiche, considerazioni sul
presunto coinvolgimento del Porta nell’attuazione dei piani dei proprietari della Top
Line, oltre a non risultare del tutto coerenti con le obiezioni difensive, scontano

su singole e selezionate poste contabili, impedisca o renda anche solo difficoltosa

l’intrinseca contraddizione con la pur riconosciuta assoluzione dell’imputato dai reati di
cui al capo b), per l’appunto attinenti le vicende della menzionata Top Line.
3.4 La sentenza, con specifico riguardo all’imputazione di cui al capo a) 2, deve dunque
essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Milano per nuovo
esame.
P.Q.M.

esame ad altra sezione della Corte d’appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 12/2/2014

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato sub a) 2 con rinvio per nuovo

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA