Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13351 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 13351 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposta da
Micu Costei, nato a Rejza (Romania), il 6.3.1975, avverso la sentenza
pronunciata dalla corte di appello di Milano il 16.1.2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 16.1.2013 la corte di appello di Milano
confermava la sentenza con cui il tribunale di Vigevano, in data
10.12.2008 aveva condannato Micu Costei, imputato del delitto di cui
all’art. 485, c.p., alla pena di mesi nove di reclusione.

Data Udienza: 12/12/2013

2. Avverso tale sentenza, di cui chiede l’annullamento, ha proposto
tempestivo ricorso, personalmente, l’imputato, lamentando violazione di
legge in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di cui
all’art. 485, c.p., ed ai criteri di valutazione della prova, in quanto la
corte territoriale, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto

il Micu sia stato sorpreso dalle forze dell’ordine alla guida di un
autoveicolo, recante un contrassegno assicurativo contraffatto, senza
considerare che il ricorrente non era il proprietario del suddetto
autoveicolo, laddove per affermare la sussistenza dell’ipotesi delittuosa
in parola occorre fornire la prova dell’attività di falsificazione posta in
essere dall’imputato, nel caso in esame del tutto assente, anche sotto il
profilo dell’elemento soggettivo del reato, che richiede il dolo specifico.
3. Il ricorso appare fondato solo con riferimento alla qualificazione
giuridica del fatto.
4. La condotta del Micu, infatti, sorpreso alla guida di un’autovettura, di
cui non era proprietario, recante il contrassegno assicurativo contraffatto
(circostanze di fatto tutte incontestate), va ricondotta al paradigma
normativo dell’art. 489, c.p., come invocato, del resto, dallo stesso
difensore dell’imputato nei motivi di appello avverso la sentenza di
primo grado.
Ed invero non essendovi la prova che l’autore della falsificazione del
contrassegno sia stato l’imputato, prova che, nel caso in esame, avrebbe
dovuto essere particolarmente rigorosa, proprio perché l’autoveicolo
condotto dal Micu non era di sua proprietà, la condotta del ricorrente va
qualificata, ai sensi dell’art. 489, c.p., come uso di atto falso, delitto per
la cui integrazione, sotto il profilo oggettivo, è necessario e sufficiente
che l’agente abbia fatto uso dell’atto falso, senza essere concorso nella
falsità (cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 18/10/2005, n. 43341, rv.
233080).
Sotto tale profilo l’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado,
secondo cui “è obbligo di qualunque persona che si ponga alla guida di
un mezzo verificare – nel suo interesse e di quello degli altri utenti della

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sufficiente ad integrare il reato per cui si è proceduto la circostanza che

strada – che esista una regolare assicurazione della macchina”, si
appalesa del tutto inconferente rispetto alla ritenuta colpevolezza del
Micu per il delitto di cui all’art. 485, c.p., in quanto calibrata sul profilo di
una responsabilità per omesso controllo della regolarità del contrassegno
assicurativo dell’autovettura utilizzata da un terzo, inidonea a

contrassegno.
5. In relazione, poi, all’elemento soggettivo del reato, che, trattandosi di
scrittura privata, richiede il dolo specifico, ai sensi dell’art. 489, co. 2,
c.p., va rilevato che il difensore del ricorrente, in sede di appello, non ha
posto alcuna questione al riguardo, essendosi limitato a chiedere
l’applicazione in favore del Micu della disciplina di cui all’art. 489, c.p.,
più favorevole sotto il profilo della entità del trattamento sanzionatorio,
prevedendo la riduzione di un terzo della pena prevista dall’art. 485, c.p.
Ciò esclude, ai sensi dell’art. 606, co. 3, c.p.p., che in questa sede di
legittimità possa essere affrontato tale tema.
6. Sulla base delle svolte considerazioni, dunque, previa qualificazione
del fatto come violazione dell’art. 489, c.p., la sentenza impugnata va
annullata senza rinvio solo con riferimento alla entità della pena, che, ai
sensi del combinato disposto degli artt. 489, co. 1, c.p., 620, lett. I) e
621, c.p.p., va rideterminata in questa sede nella misura di mesi sei di
reclusione, rigettandosi, nel resto, il ricorso.
Il parziale accoglimento delle ragioni del ricorrente implica che lo stesso
non sia condannato al pagamento delle spese processuali del presente
grado di giudizio.
P.Q.M.
Qualificato il fatto come violazione dell’art. 489, c.p., annulla senza
rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena, che ridetermina in
mesi sei di reclusione; rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso in Roma il 12.12.2013

dimostrare la partecipazione dell’imputato all’attività di falsificazione del

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