Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13298 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13298 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
CESARO Antonio, n. il 20.9.1974;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Latina, in data 15.11.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, che ha concluso
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15.3.2013, il Tribunale di Latina dichiarò
inammissibile l’appello proposto da Cesaro Antonio avverso la sentenza
del Giudice di pace di Latina che lo aveva dichiarato responsabile dei reati
di cui agli artt. 594, 612 e 635 cod. pen., condannandolo alla pena di
legge.
Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo la violazione degli artt. 568, 591 e 592 cod.
proc. pen., per non avere il Tribunale – una volta riconosciuta la non
appellabilità della sentenza impugnata – qualificato l’atto di impugnazione
come ricorso per cassazione e disposto la trasmissione dello stesso alla

Data Udienza: 20/02/2014

Corte di cassazione. Chiede che questa Corte, qualificando l’atto di
appello come ricorso per cassazione, lo esamini e lo accolga, con
conseguente annullamento della sentenza di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Com’è noto, ai sensi dell’art. 568 comma 5 cod. proc. pen.,

essa data dalla parte che l’ha proposta e, qualora sia proposta a un
giudice incompetente, questi deve trasmetterla al giudice competente. Ne
deriva che l’atto di appello proposto avverso una sentenza inappellabile
non può essere dichiarato inammissibile, ma va trasmesso alla Corte di
cassazione, in forza della regola per la quale l’impugnazione è
ammissibile indipendentemente dalla qualificazione data dalla parte, pur
quando il giudice d’appello riscontri in essa censure soltanto in fatto
(Cass., Sez. 3, n. 19980 del 24/03/2009 Rv. 243655).
Ha

errato,

quindi,

il Tribunale a

dichiarare

inammissibile

l’impugnazione proposta dall’imputato, che andava qualificata come
ricorso per cassazione e trasmessa a questa Corte.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata va annullata e vanno
esaminate le censure proposte con l’atto di impugnazione.
Col primo motivo di impugnazione, si denuncia la nullità della
sentenza di primo grado con riferimento al fatto che, all’udienza
15.6.2010, il pubblico ministero avrebbe modificato l’imputazione e il
giudice non avrebbe disposto la notificazione del verbale all’imputato
contumace.
La doglianza è manifestamente infondata.
Invero, alla detta udienza del 15.6.2010, il pubblico ministero non ha
modificato l’imputazione ai sensi degli artt. 516 e 520 cod. proc. pen., ma
si è limitato a correggere un mero errore materiale dell’imputazione di cui
al capo A), rettificando la data del reato contestato dall’anno “2005” a
“da marzo 2004 al maggio 2004”.
Trattasi della correzione di una mera irregolarità, che non ha
comportato modificazione della imputazione, né ha impedito all’imputato
di difendersi dall’accusa.

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l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione ad

E invero, come ha statuito più volte questa Suprema Corte, l’erronea
indicazione della data del commesso reato costituisce mera irregolarità,
che non impedisce all’imputato di articolare in modo compiuto le proprie
difese e che non determina la nullità del decreto di citazione a giudizio
(Cass., Sez. 1, n. 38703 del 31/01/2013 Rv. 256758).
Col secondo e col terzo motivo di impugnazione, il ricorrente censura

minaccia e alla quantificazione della pena.
Trattasi di censure di merito, inammissibili in sede di legittimità, in
quanto la valutazione delle prove e l’apprezzamento dei fatti sono
riservati, in via esclusiva, all’apprezzamento discrezionale del giudice di
merito e non sono sindacabili in cassazione (cfr. Cass., sez. un., n. 24 del
24.11.1999 Rv 214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074);
a meno che ricorra una mancanza o una manifesta illogicità della
motivazione, ciò che – nel caso di specie – deve però escludersi.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
annulla l’ordinanza impugnata e, convertito l’appello in ricorso, lo dichiara
inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 20 febbraio 2014.

le valutazioni del giudice di merito relativamente alla sussistenza della

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