Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13294 del 20/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13294 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
GLORIA Angelo Maria, n. il 24.1.1972;
avverso il decreto della Corte di Appello di Caltanissetta dell’11.4.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, che ha concluso
chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 30.7.2012, il Tribunale di Enna applicò a Gloria
Angelo Maria la misura di sicurezza della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza, con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la
durata di anni tre.
Avverso tale provvedimento propose gravame il Gloria e la Corte di
Appello di Caltanissetta, riducendo la durata della misura applicata ad
anni due, confermò nel resto il provvedimento di primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore del Gloria deducendo la violazione
dell’art. 1 della legge n. 575/1965, nonché la mancanza di motivazione
del provvedimento impugnato con riferimento alla ritenuta sussistenza

Data Udienza: 20/02/2014

degli indizi di appartenenza ad associazione mafiosa; deduce che il Gloria
è stato assolto in sede penale dal delitto di concorso esterno in
associazione mafiosa, cosicché i giudici di merito, in sede di procedimento
per misura di prevenzione, non avrebbero potuto porre a base della
misura i medesimi fatti oggetto del procedimento penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Com’è noto, tra il procedimento di prevenzione ed il processo penale
esistono profonde differenze funzionali e strutturali: il secondo è
finalizzato all’accertamento di fatti che costituiscono reato e alla
punizione dei relativi autori; il primo, invece, ha lo scopo di accertare la
mera pericolosità sociale di un soggetto, manifestata attraverso condotte
che non necessariamente hanno rilievo penale, e di prevenire la
commissione di reati.
Dalla indipendenza funzionale e logica del procedimento di
prevenzione rispetto al processo penale discende che l’assoluzione in
sede penale del soggetto proposto per l’applicazione della misura di
prevenzione non comporta l’impossibilità di applicare tale misura, diverse
essendo il thema decidendum del processo penale rispetto a quello di
prevenzione; cosicché non può escludersi che gli elementi di prova
risultati insufficienti per affermare la penale responsabilità dell’imputato
risultino, invece, idonei per attestarne la pericolosità sociale.
Questa Corte ha costantemente affermato: che nel procedimento di
prevenzione, il giudice può utilizzare elementi probatori e indiziari tratti
dai procedimenti penali e procedere – anche quando il procedimento
penale si è concluso con una pronuncia assolutoria – ad una nuova ed
autonoma valutazione dei fatti

ivi

accertati, purché dia atto in

motivazione delle ragioni per cui essi siano da ritenere sintomatici della
attuale pericolosità del proposto (Cass., Sez. 2, n. 26774 del 30/04/2013
Rv. 256819; Sez. 6, n. 4668 del 08/01/2013 Rv. 254417); pertanto,
l’assoluzione (anche se irrevocabile) dal delitto di cui all’art. 416 bis cod.
pen. non comporta automatica esclusione della pericolosità del soggetto,
quando la valutazione di tale requisito sia stata effettuata sulla base di
elementi distinti, anche se desumibili dai medesimi fatti storici venuti in

2

Il ricorso è manifestamente infondato.

rilievo nella sentenza di assoluzione (Cass., Sez. 5, n. 145 del
12/01/1999 Rv. 213189).
Nella specie, i giudici di merito hanno tenuto conto che il Gloria era
stato assolto nel processo penale dal delitto di concorso esterno in
associazione mafiosa, ma hanno ritenuto che gli elementi di prova in
quella sede acquisiti, pur insufficienti ad affermare il vincolo associativo,

tenuto conto del suo rapporto di vicinanza con tale Amaradio Giancarlo
(esponente di primo piano della “famiglia” mafiosa ennese) e del suo
diretto intervento in diverse vicende estorsive della “famiglia” mafiosa (v.
pp. 6-8 del decreto impugnato).
La motivazione sul punto dei giudici di merito – che certamente non
può dirsi apparente – non è sindacabile in sede di legittimità, in quanto,
nel procedimento per misure di prevenzione, il ricorso per cassazione è
ammesso solo per «violazione di legge» (art. 10, comma 3, D.Lvo. n.
159/2011).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 20 febbraio 2014.

sono però sufficienti per attestare la pericolosità sociale del prevenuto,

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