Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13293 del 12/02/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 13293 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Palermo Rocco, nato iI25.6.1961, avverso la ordinanza
del Tribunale della libertà di Reggio Calabriadel 14.10.2013.Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Luigi Riello, il quale ha concluso
chiedendo che il ricorso sia rigettato. Udito il difensore dell’imputato,
avv.Sandro Furfaro, il quale chiede accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe la sezione del riesame del Tribunale di Reggio
Calabria, decidendo sull’istanza di riesame proposta nell’interesse diPalermo
Roccoavverso l’ordinanza emessa dal Gip presso quel tribunale in data
28.8.2013 – che aveva applicato al predetto la misura cautelare della custodia
in carcere- ha confermato il provvedimento impugnato.
La conferma dell’applicazione della misura è stata motivata con riguardo alla
sussistenza di un quadro di gravità indiziaria per il delitto di cui all’art. 416 bis
cod. pen. per avere l’indagato partecipato in qualità di concorrente esterno
alla struttura organizzativa dell’associazione di tipo mafioso ed armata

Data Udienza: 12/02/2014

denominata ‘undrangheta”, nella articolazione territoriale denominata “cosca
Alvaro”; in particolare per avere esercitato le sue funzioni di sindaco del
Comune di San Procopio favorendo gli interessi della cosca citata, fornendo
indicazioni agli affiliati circa l’imminente pubblicazione di bandi dipubblici
appalti ed in generale asservendo la propria carica istituzionale alle utilità
della cosca.
Nel ricorso si contestano violazione di legge e vizio di motivazione per avere il

critico, le conversazioni captate in cui si trova coinvolto Palermo Rocco,
omettendo una attenta considerazione delle motivazioni e delle produzioni
fornite a discolpa.
Si contesta specificamente che il Tribunale non abbia considerato come
l’odierno ricorrente si trovasse in una posizione di sudditanza rispetto alla
cosca mafiosa, piuttosto che in condizione di partecipe della stessa. Ciò
sarebbe anche dimostrato dai dissapori intercorsi tra Alvaro Domenico,
affiliato al clan, e l’odierno ricorrente (contrastato dal primo nella
realizzazione delle sue ambizioni politiche); mentre l’intenzione di
quest’ultimo di sottrarsi ai condizionamenti sarebbe dimostrata dai tentativi
espressi in tal senso, culminati nel coinvolgimento di Alvaro Antonio al fine di
appianare i contrasti venutisi a creare con Alvaro Domenico.
In un ulteriore motivo la contestazione si concentra sulle esigenze cautelari:
l’ordinanza è infatti denunciata come carente di motivazione, oltre che
argomentata in maniera illogica sul punto, criticandosi che il giudizio del
Tribunale sarebbe stato condotto su di un piano di mera astrazione, senza
ponderare le circostanze del caso concreto.
L’ultima doglianza concerne la violazione dell’art. 297 cod. proc. pen. con
riguardo al divieto di contestazioni a catena. Si lamenta anche, sul punto,
vizio di motivazione (non risultando specifica risposta del Tribunale alla difesa
appositamente sollevata dal ricorrente). Si precisa che tutto il materiale
probatorio utilizzato per la contestazione associativa sarebbe statogià
ampiamente conosciuto dal pubblico ministero ai tempi della richiesta di
emissione di ordinanza cautelare per altra fattispecie delittuosa (contemplata
all’art. 12 quinquies I. n. 356 del 1992).Si rimarca, in particolare, come il
divieto si estende non soltanto ai casi di connessione qualificata tra le diverse
imputazioni, ma – a prescindere dall’esistenza o meno di tale qualificato
vincolo – ogni qualvolta risulti che gli elementi per emettere l’ordinanza
restrittiva erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della

Tribunale del riesame valorizzato, senza sottoporle ad un sufficiente vaglio

precedente ordinanza; e come il carattere aperto della contestazione
associativa non svolga alcuna funzione limitatrice nel caso di specie:
considerando che il concorso esterno si caratterizza non per una organica
partecipazione al sodalizio criminale, bensì per la conclusione e la esecuzione
di specifici accordi con la consorteria di stampo mafioso, prescindendosi da
qualsiasi vincolo di natura permanente compatibile esclusivamente con
l’effettiva intraneità del soggetto all’organizzazione medesima. Di modo che,

essendo tutto il materiale acquisito riferibile ad un tempo precedente alla
prima misura emessa, l’eccezione avrebbe dovuto essere accolta dal Tribunale
del riesame.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione
degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze
cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti
rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta
l’applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il
controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo
esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia
rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui
presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione
delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al fine giustificativo del provvedimento. (cfr. Cass. Sez. 6^ sent. n. 2146 del
25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840 e, tra le più recenti, Cass. Sez. III,
28.2.2012, n. 12763).
Inoltre il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame
dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un
lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che
collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza
dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,
stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del
fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e
la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la
motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici. In

3

particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame
in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere
sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo
del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della
sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto. (Cass.
Sez. 1^ sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
Non possono essere dedotte come motivo di ricorso per cassazione avverso

provvedimento adottato dal tribunale del riesame pretese manchevolezze o
illogicità motivazionali di detto provvedimento, rispetto a elementi o
argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in alcun modo dimostrata
l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale, come si verifica quando
essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata ordinanza e non ve ne sia
neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella costituita da
eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da
memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno
nell’essenziale, delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate
nell’udienza tenutasi a norma dell’art. 309, comma ottavo, cod. proc. pen. (v.
Cass. Sez. 1 sent. n. 1786 del 5.12.2003 dep. 21.1.2004 rv 227110).
Infine, deve ribadirsi il costante orientamento di legittimità secondo cui in
tema di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio e del
contenuto delle conversazioni costituisce una questione di fatto, rimessa alla
valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale
valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di
esperienza (Cass. Sez. II, 4.11.2008, n. 43749).
Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi chenella ordinanza
impugnata il quadro indiziario risulta ricostruito in maniera estremamente
accurata. Innanzitutto, da pagina 3a pagina 12 si riassume la storia giudiziaria
della consorteria di stampo mafioso operante nel territorio di Sinopoli,
denominata “Carni i cani”, animata dalle famiglie degli Alvaro; specialmente
alle pagine23 ss. si ricompone il quadro indiziario relativo alle contestazioni
mosse al ricorrente nel presente processo, ricordando anche il coinvolgimento
di questi in altra indagine nella quale è stato raggiunto da ordinanza di
custodia cautelare in data 23 giugno 2010 per il reato di trasferimento
fraudolento di beni ai sensi dell’art. 12 quinquies I. 356 del 1992, fattispecie
aggravata ai sensi dell’art. 7 I. 203 del 1991.
Il Tribunale ha cura di precisare in modo estremamente dettagliato, sulla
scorta delle emersioni istruttorie in atti, essenzialmente compendiate dal

4

risultato di intercettazioni telefoniche, i rapporti tra l’odierno ricorrente ed
appartenenti alla cosca mafiosa, i quali svolsero un ruolo determinante per la
elezione dello stesso alla carica di sindaco. In particolare sono delineati i
rapporti tra il Palermo e Laurendi Domenico, affiliato alla cosca; nonché i
rapporti tra il Palermo e Alvaro Antonio, esponente di spicco della medesima:
rapporti finalizzati a conseguire il positivo risultato elettorale anche
sterilizzando il tentativo posto in essere dall’altro affiliato, Alvaro Domenico,di

dell’ordinanza impugnata).
Su queste basi, alle pagine 82 ss. il Tribunale argomenta del tutto
logicamente la sussistenza di un chiaro accordo tra l’uomo politico e gli
esponenti della cosca, accordo volto alla elezione a sindaco in cambio della
successiva elargizione di favori.
La stessa strategia risolutoria del conflitto innescatosi con Alvaro Domenico,
ossia di ricondurre il contrasto all’interno delle dinamiche della cosca
‘ndranghetista, è comprensibilmente e logicamente valorizzata quale
fondamentale indice della compromissione dell’odierno ricorrente con la
consorteria in questione. Il riscontrato attivismo dell’indagato nel tentativo di
avvantaggiare, anche fornendo notizie sull’attività amministrativa, la cosca nel
perseguimento delle proprie finalità, è a sua volta esattamente valorizzato ai
fini della chiusura del grave quadro indiziario a carico del Palermo.
Deve anche segnalarsi come la prospettazione descritta nel capo di
imputazione abbia trovato, secondo il Tribunale, pieno riscontro. Senonché
tale contestazione, formulata nel senso della appartenenza dell’odierno
indagato alla cosca della ‘ndrangheta, è stata corretta nel provvedimento oggi
impugnato nel senso del concorso esterno dell’odierno ricorrente rispetto alla
cosca in parola.
Ma già la giurisprudenza di questa sezione, nel riaffermare il consolidato
indirizzo per cui rapporti tra partecipazione ad associazione mafiosa e mero
concorso esterno, la differenza tra il soggetto “intraneus” ed il concorrente
esterno risiede nel fatto che quest’ultimo, sotto il profilo oggettivo, non è
inserito nella struttura criminale, pur fornendo ad essa un contributo
causalmente rilevante ai fini della conservazione o del rafforzamento
dell’associazione, e, sotto il profilo soggettivo, è privo della
“affectiosocietatis”, mentre il partecipe “intraneus” è animato dalla coscienza
e volontà di contribuire attivamente alla realizzazione dell’accordo, e quindi
del programma delittuoso, in modo stabile e permanente, nel riaffermare tale

sostenere la posizione di un diverso candidato (cfr. spec. le pagine 35 ss.

principio – si diceva – questa sezione ha precisato che anche il contributo degli
appartenenti alla c.d. “borghesia mafiosa” può integrare gli estremi della vera
e propria partecipazione all’associazione mafiosa, e non necessariamente del
mero concorso esterno, quando tale contributo abbia un rilievo specifico e ben
delineato nel contesto associativo (cfr., sul punto, Cass. sez. 2, 20.4.2012, n.
18797).
A maggior ragione si comprende pertanto come nel giudizio circa la

provvedimento impugnato si richiamano logicamente le considerazioni svolte
dal Gip sull’esistenza di un elevatissimo coefficiente di allarme sociale
evidenziato dalle condotte poste in essere e sulla sussistenza – attesa la
stabilità dei rapporti con l’organizzazione criminale – di un concreto pericolo
del protrarsi dei contatti con l’associazione di stampo ‘ndranghetista, tali da
imporre la conclusione circa la sussistenza di esigenze cautelari da soddisfare
con la misura di massimo rigore a nulla valendo rilevare, in contrario, lo stato
di non incensuratezza o la circostanza che l’indagato non si sia sinora dato alla
fuga (cfr. Cass. Sez. 3, 8.6.2010, n. 25663).
Nel ricorso si espone, invece, un critica sostanzialmente ancorata alla
rivisitazione del fatto, critica che in nessun modo evidenzia violazioni di legge
o manifeste illogicità motivazionali.
Infine, con giudizio immune da vizi logici il Tribunale ha fatto applicazione
della giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’art. 297, comma 3, c.p.p.,
che prevede la retrodatazione della decorrenza dei termini della misura
custodiale nel caso di contestazioni a catena, è applicabile, in linea con quanto
puntualizzato dalle Sezioni Unite (sentenza 19 dicembre 2006, n. 14535),
anche quando nei confronti dell’imputato sono emesse, in procedimenti
diversi, più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una
connessione qualificata; ciò alla condizione, peraltro, che i fatti oggetto del o
dei successivi procedimenti fossero desumibili dagli atti prima del rinvio a
giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanza (Cass., sez. II,
7.6.07, n. 35586); e comunque fossero contemporaneamente conosciuti dal
PM .(In applicazione di tale principio Cass. sez. V, 21.2.2013, n. 20084, ha
ritenuto non applicabile la disposizione contenuta nell’art. 297 comma 3 c.p.p.
alla ipotesi di notizia di reato concernente i fatti relativi alla seconda ordinanza
completata e portata a conoscenza del p.m. ai fini della contestazione solo
successivamente alla adozione del primo titolo custodiale). Col limite,
peraltro, dato dal fatto che il presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto

sussistenza delle esigenze cautelari, a pagina 86 e seguenti del

della seconda ordinanza restrittiva, rispetto all’emissione della precedente,
non ricorre allorché il provvedimento successivo riguardi un reato associativo
e la condotta di partecipazione dell’indagato si sia protratta dopo l’emissione
della prima ordinanza: come contestato nel caso di specie (in cui si imputa
una condotta in essere alla elevazione del capo d’imputazione).
Deve del resto segnalarsi la giurisprudenza di questa Corte per cui la
questione relativa alla retrodatazione della decorrenza del termine di custodia

quando ricorra la condizione della desumibilità dall’ordinanza applicativa della
misura coercitiva di tutti gli elementi idonei a giustificare l’ordinanza
successiva (Cass. sez. un. 19.7.2012, n. 45246): la quale seconda condizione
in nessun modo risulta nemmeno nella prospettazione contenuta nel ricorso in
esame.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende. Si provveda a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.

Così deliberato il 12.2.2014

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio
Qr.r ets2

Il Pre sidente
Anton

sposito

cautelare può essere dedotta anche nel procedimento di riesame soltanto

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA