Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13292 del 12/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13292 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Spada Luigi nato il 27.9.1966
Spada Francesco nato il 23.6.1990
De Silva Cinzia, nata il 14.1.1988
avverso l’ordinanza n.3432 dell’1.10.2013 del Tribunale del riesame di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Luigi
Riello , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 12/02/2014

1.Con l’ ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Roma,
confermava 1 ‘ordinanza applicativa della custodia in carcere del Gip presso il
Tribunale di Frosinone , in data 16.9.2013 , per i due Spada e degli arresti
domiciliari per De Silva, per i reati di usura continuata ed estorsione.
1.1 II Tribunale respingeva sia le censure circa l’inutilizzabilità delle
conversazioni captate , ad opera della vittima dell’usura, con strumentazione

fornita dagli investigatori e su sollecitazione degli stessi ed sia quelle in ordine
alla mancanza di esigenze cautelari.
1.2 Avverso tale provvedimento propone ricorso l’indagato per mezzo del suo
difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento e deducendo :
a) Inosservanza della legge penale e delle norme relative alla presenza di gravi
indizi di colpevolezza, con riferimento all’inutilizzabilità della intercettazione di
comunicazione tra presenti (ex art. 606 lett. b c.p.p., in relazione all’art. 273
c. p .p .);
b) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e segnatamente della
specifica disciplina dettata dagli artt. 267 e ss c.p.p. in materia di intercettazione
di conversazioni. Carenza di legittimazione del P.M. ad emettere il provvedimento
autorizzativo, in assenza di omologo provvedimento del Giudice per le Indagini
Preliminari, preventivo o successivo (ex art. 606 lett. b c.p.p., in relazione agli
artt. 267 e ss c.p.p.);
c) Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, in
particolare relativamente alla forma ed al contenuto del provvedimento
autorizzativo delle operazioni di intercettazione di conversazioni, disposto dal
P.M. in data 10.06.2013 (ex art. 606 lett. c c.p.p., in relazione agli artt. 267 e ss
c.p.p.);
d) Violazione dell’art. 275 c.p.p., in relazione ai criteri di scelta delle misure
coercitive (art. 606 c.p.p. lett. b, in relazione all’art. 275 c.p.p.).

CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso non è fondato.
2.11 primi tre motivi di doglianza attengono allo stesso argomento e riguardano
l’utilizzabilità delle registrazione effettuate dal Li Vigni su sollecitazione degli
operanti ; possono ,pertanto, essere trattati unitariamente.

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2.2 II ricorrente afferma che l’autorizzazione rilasciata dal P.M. alla captazione
dei colloqui intercorsi tra la persona offesa Li Vigni, consenziente all’operazione e
gli indagati non è sufficiente a rendere tali registrazioni utilizzabili ,come prove
perché acquisite senza le garanzie processuali previste per le captazioni delle
private conversazioni ,dagli artt.267 e sgg. cod.proc.pen.
2.3 La censura non è fondata. In materia, il più recente orientamento

giurisprudenziale di questa Corte, rifacendosi allo schema argomentativo della
decisione delle Sezioni Unite n. 26795/2006, che ha posto una distinzione,
foriera di una diversa regolamentazione processuale, tra attività di
videoregistrazione, posta in essere dal privato, al fine di documentazione e
quella posta in essere al fine di documentazione dell’attività investigativa per il
processo , ha in particolare osservato che l’attività posta in essere
dall’interlocutore che registra, a fini investigativi, la conversazione cui partecipa,
si risolve nella documentazione di un’attività d’indagine, che indubbiamente
viene ad intaccare il diritto degli interlocutori alla segretezza della conversazione
e comunicazione, diritto tutelato ai sensi dell’art.15 della Costituzione. E’ perciò
necessario, per rendere legittima tale

lesione, un controllo preventivo

dell’autorità giudiziaria , così come previsto, normativamente. per

le

intercettazioni delle conversazioni telefoniche e telematiche.
2.4 Con una argomentazione che questo collegio condivide e fa propria ,é stato ,
perciò , affermato ( n.23742/2010 Rv. 247384 ) che :”…. tale controllo non
implica la necessità di osservare le disposizioni relative all’intercettazione di
conversazioni o comunicazioni di cui agli artt. 266 c.p.p. e seguenti, in quanto le
registrazioni fonografiche, per il diverso livello di intrusione nella sfera di
riservatezza che ne deriva, non possono essere assimilate, nemmeno nell’ipotesi
considerata, alle intercettazioni telefoniche o ambientali e non possono, quindi,
ritenersi sottoposte alle limitazioni ed alle formalità proprie di queste ultime. Non
par dubbio, infatti, che le intercettazioni si rivelano particolarmente invasive della
sfera di segretezza delle comunicazioni; il che determina la necessità
dell’autorizzazione del giudice. Le registrazioni fonografiche eseguite da uno degli
interlocutori con strumenti di captazione forniti dagli organi investigativi, al
contrario, essendo effettuate col pieno consenso di uno dei partecipi alla
conversazione, implicami un minor grado di intrusione nella sfera privata; sicché,
ai fini della tutela dell’art. 15 Cost., è sufficiente un livello di garanzia minore,
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rappresentato da un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria, che può
essere costituito anche da un decreto del pubblico ministero. Tale provvedimento,
infatti, rappresenta il “livello minimo di garanzie” richiamato in varie pronunce della
Corte Costituzionale (sentenze n. 81 del 1993 e n. 281 del 1998) e al quale la
giurisprudenza di legittimità ha fatto riferimento, in mancanza di una specifica
normativa, sia in materia di acquisizione dei tabulati contenenti i dati identificativi
videoriprese eseguite in luoghi non riconducibili al concetto di domicilio, ma
meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 2 Cost., per la riservatezza delle attività che vi
si compiono (Cass. Sez. Un. 28-3-2006 n. 26795). 17 provvedimento motivato
dell’autorità giudiziaria, sia esso un giudice o un pubblico ministero, è altresì
idoneo a garantire il rispetto dell’art. 8 della CEDU, nella interpretazione che ne è
stata data dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, offrendo un’adeguata tutela
contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri nella vita privata ” ( vedi
anche42939/2012 rv 253819)
2.5 Nel caso in esame c’é stata l’autorizzazione preventiva del P.M. e tanto basta
a garantire la legittimità delle prove acquisite e di conseguenza la loro piena
utilizzabilità.
2.6 Inammissibile é il motivo relativo alla adeguatezza della misura cautelare,
perché incentrato su motivi di merito non valutabili in sede di legittimità , se la
motivazione del provvedimento, come nel caso in esame , non è affetta da uno dei
tipici vizi di cui all’art.606 cod.proc.pen.
3.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il
ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle
spese del procedimento. La cancelleria curerà la trasmissione del presente
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att.
cod. proc. pen., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali .
Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p.
Co d ciso in Roma, camera di consiglio del 12 ebbraio 2014

delle comunicazioni telefoniche (Sez. Un. 23-2-2000 n. 6), sia in tema di

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