Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13290 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13290 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
VOTTARI Sebastiano, nato Locri il 6.10.1975;
avverso l’ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria in data 26.4.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Paolo Canevelli,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Udito il difensore Avv. Vincenzo Nobile, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5.3.2013, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria dispose la custodia cautelare in carcere di
Vottari Sebastiano, indagato (in concorso con Morabito Rocco – persona
già condannata in via definitiva per il delitto di associazione mafiosa – e
Strangio Sebastiano Sisto) per il reato di cui all’art. 12 quinquies della
legge n. 356/1992 in relazione alla fittizia intestazione delle quote sociali
della società “Metropolis 2007 s.r.l.”, titolare del permesso a costruire il
complesso immobiliare “Marinella IV – PALM VIEW” ubicato in Bruzzano

Data Udienza: 06/02/2014

Zeffirio, delitto aggravato dall’art. 7 D.L. n. 152/1991 per essere stato
commesso con metodo mafioso e al fine di agevolare il locale clan
Morabito di Africo, facente parte della ‘ndrangheta calabrese.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ed
il Tribunale di Reggio Calabria, con ordinanza del 26.4.2013, confermò il
provvedimento impugnato.

1) la violazione degli artt. 125, 273, 291 e 292 cod. proc. pen.,
nonché la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione della
ordinanza impugnata in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria e
alle ritenuta non rilevanza degli elementi forniti dalla difesa in seguito ad
attività di indagine difensiva; deduce, in particolare, che il Tribunale
avrebbe omesso di motivare del tutto sulle prove prodotte dalla difesa a
seguito delle indagini difensive e, altresì, avrebbe travisato il contenuto
delle conversazioni captate (primo motivo di ricorso);
2) la violazione degli artt. 125, 273, 291 e 292 cod. proc. pen.,
nonché la mancanza e manifesta illogicità della motivazione della
ordinanza impugnata in ordine alla sussistenza della gravità indiziaria;
deduce, in particolare, che il Tribunale non avrebbe spiegato quale
interesse avrebbe avuto il Morabito Rocco a servirsi del Vottari per
intestare fittiziamente la società a terzi (ben potendo a tal fine servirsi
dei suoi congiunti soci della CA.GI.MM . s.a.s.) e non avrebbe motivato in
ordine alla consapevolezza del Vottari di fare da prestanome al Morabito
nell’acquisire le quote della società “Metropolis” (secondo e terzo motivo
di ricorso);
3) la violazione degli artt. 125, 274 e 275 cod. proc. pen., nonché la
mancanza e manifesta illogicità della motivazione della ordinanza
impugnata in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, per non
avere il Tribunale valutato lo stato di incensuratezza del Vottari, la sua
giovane età, la assenza di frequentazione con soggetti ritenuti inseriti in
contesti criminali; si duole anche del difetto di motivazione in ordine alla
scelta della misura della custodia in carcere, piuttosto che di altra misura
meno afflittiva (quarto motivo di ricorso).

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Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo:

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per genericità.
Il ricorrente, infatti, pur lamentando la mancata valutazione – da
parte del Tribunale – delle prove prodotte dalla difesa a seguito di
indagini difensive e il travisamento del contenuto delle conversazioni
captate, non si cura di indicare né quali sarebbero le prove – a suo dire –

passaggi delle stesse) il cui significato sarebbe stato travisato, rendendo
così impossibile il sindacato di questa Corte.
2.

Anche il secondo

e il terzo motivo di ricorso risultano

inammissibili.
Il ricorrente lamenta la mancanza e illogicità della motivazione in
ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; ma appare
evidente come egli – in realtà – sottoponga alla Corte censure di merito,
inammissibili in sede di legittimità.
Il ricorrente, infatti, critica – sotto mentite spoglie – la valutazione
delle prove da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono
pervenuti in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza posti a
base della misura. Va ricordato, tuttavia, che la valutazione delle prove è
riservata, in via esclusiva, all’apprezzamento discrezionale del giudice di
merito e non è sindacabile in cassazione; a meno che ricorra una
mancanza o una manifesta illogicità della motivazione, ciò che – nel caso
di specie – deve però escludersi.
E invero come hanno statuito più volte le Sezioni Unite di questa
Corte «L’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione
ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di
cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per
sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni
processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve
essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile “ictu °culi”,
dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di

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trascurate dal Tribunale, né quali sarebbero le conversazioni (e in

macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le
ragioni del convincimento» (Cass., sez. un., n. 24 del 24.11.1999 Rv
214794; Sez. un., n. 47289 del 24/09/2003 Rv. 226074).

argomenti, le ragioni della loro decisione (hanno spiegato, tra l’altro,
come il conto corrente della “Metropolis 2007 s.r.l.” risulti alimentato da
bonifici esteri provenienti dalla società spagnola “Fausdom s.r.l.”,
partecipata da Strangio Fausto e Bernal Diaz, persone collegate a
Morabito Rocco; come quest’ultimo fosse stato sottoposto a procedimento
penale per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen., e poi condannato in
via definitiva per tale reato, avendo così ragione di temere misure di
prevenzione a carattere patrimoniale; come, dai colloqui intercettati,
nonostante il ruolo di “amministratore unico” assunto dal Vottari nella
società “Metropolis 2007 s.r.l.”, risulti l’intervento del Morabito Rocco
nella scelta dei terreni idonei alla costruzione del complesso immobiliare,
nel finanziamento dei lavori, nel pagamento delle maestranze, nelle
decisioni circa le scelte progettuali con riferimento alla opportunità della
costruzione di parcheggi e, persino, nelle riunioni convocate per i
risolvere i problemi insorti durante l’esecuzione dei lavori in relazione al
crollo di un muro di contenimento); non si ritiene, peraltro – per ovvi
motivi – di riportare qui integralmente tutte le suddette argomentazioni,
sembrando sufficiente al Collegio far rilevare che le stesse non sono
manifestamente illogiche; e che, anzi, l’estensore dell’ordinanza ha
esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la
decisione adottata, la quale perciò resiste alle censure del ricorrente sul
punto.
Piuttosto, sono le censure mosse col ricorso che non prendono
compiutamente in esame le argomentazioni svolte dai giudici di merito
nel provvedimento impugnato, risultando così generiche e, anche sotto
tale profilo, inammissibili, limitandosi a proporre a questa Corte una
ricostruzione dei fatti alternativa rispetto a quella dei giudici di merito.

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Nel caso di specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di

E tuttavia, come questa Corte ha più volte sottolineato, compito della
Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la
ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di
procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a
quella compiuta dai giudici del merito (cfr. Cass, sez. 1, n. 7113 del

dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro
abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento
probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento
impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile;
ciò che, come dianzi detto, nel caso di specie è dato riscontrare.
3. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Il Tribunale di Reggio Calabria ha spiegato come la condotta
complessivamente tenuta dal Vottari, che ha dimostrato piena
disponibilità ai voleri del dominus mafioso di riferimento (il Morabito
Rocco), costituisca un elemento specifico particolarmente significativo per
valutare la sua personalità delinquenziale, particolarmente dedita a
creare un sistema di cointeressenze con le consorterie mafiose; ciò che
rende ininfluente la sua incensuratezza e assenti quei necessari elementi
specifici che consentono (alla luce della recente sentenza della Corte
costituzionale n. 57/2013) di superare la presunzione legislativa di cui
all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. scaturente dalla accertata
ricorrenza dell’aggravante di cui all’art. 7 D.L. n. 152/1991.
La motivazione del Tribunale sul punto è coerente ed esente da vizi
logici e, pertanto,incensurabile in sede di legittimità.
4. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 611 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà
del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della
stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato
trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del
citato articolo 94.

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06/06/1997 Rv. 208241; Sez. 2, n. 3438 del 11/6/1998 Rv 210938),

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Si provveda a norma dell’articolo 94 disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione

Penale, addì 6.2.2014.

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