Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13275 del 04/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13275 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Atoufi Abdeddain alias Atoufi Hamza fr. ti
awerso l’ORDINANZA del Tribunale della Libertà di Bologna
de 4.7.2013.
Udita la relazione fatta dal consigliere
Antonio Prestipino
Sentito il Procuratore Generale in persona del dr. Luigi Riello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 04/12/2013

In fatto e in diritto
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale della Libertà di Bologna, ha rigettato l’istanza di riesame proposta da Hatoufi
Abdeddain, alias Atoufi Hamza, avverso l’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere
emessa nei suoi confronti dal gip del Tribunale di Rimini il 18.6.2013 per i reati di rapina aggravata in danno di Buga
Elena e Cucchiara Samuele (capo a) dell’incolpazione provvisoria), e di tentata rapina aggravata in danno di Pinamonti
Marco (capo b) .
Il tribunale, rileva che l’Hatoufi era stato arrestato nella flagranza del reato di cui al capo b), il 15.6.2013, essendo la
polizia intervenuta nell’immediatezza dei fatti su segnalazione anonima di un’aggressione in corso presso un locale
pubblico. Giunti sul posto, i verbalizzanti avevano notato un ragazzo, poi identificato nell’odierno indagato, che
correva per la strada, e che durante la fuga aveva gettato un coltello lungo il percorso; alcuni giovani presenti,
avevano riferito di essere stati poco prima affrontati dall’Hatoufi che armato di coltello, e profferendo minacce di
morte, aveva chiesto ad uno di loro, Pinamonti Marco, di consegnargli quanto in suo possesso, colpendolo inoltre al
braccio e al collo.
Il particolare del cappellino indossato dall’indagato al momento del suo arresto, si imponeva subito all’attenzione
degli investigatori per via della notevole somiglianza dell’indumento con quello indossato dal protagonista di un’altra
rapina, stavolta consumata, eseguita il 31.5.2013 ai danni della Buga e del Cucchiara, che con diverso grado di
certezza individuavano l’Hatoufi come l’autore del fatto nella fotografia dell’indagato loro esibita dai verbalizzanti.
L’individuazione fotografica, eseguita con assoluta sicurezza dalla Buga, e con alti margini di probabilità dal Cucchiara,
ma anche il particolare del copricapo e del coltello usato anche in occasione di questa rapina, fonderebbe, secondo i
giudici territoriali, la valutazione della gravità indiziaria da parte del gip, indiscutibile per l’episodio di cui al capo B),
riguardo al quale si era registrata anche la confessione dell’Hatoufi.
In punto di esigenze cautelari, il tribunale osserva che l’Hatoufi vanta numerosi precedenti penali, ed è sottoposto a
procedimento penale per fatti di traffico di droga e di evasione; che le sue precarie condizioni economiche
costituiscono una spinta al crimine; e, infine, che le esigenze di cautela sono ulteriormente aggravate dalle false
dichiarazioni dell’indagato sulle proprie generalità e sul pregresso uso di “alias”.
Ricorre il difensore, denunciando la illogicità e contraddittorietà della motivazione del provvedimnto impugnato e la
violazione delle regole di giudizio stabilite dall’art. 192 secondo comma c.p., in relazione alla valutazione della gravità
indiziaria per il reato sub A). In concerto, le censure difensive si appuntano sulla dedotta diversità del copricapo e del
coltello usati nei due episodi criminosi, e nella sottolineatura dell’ovvia frequenza dell’uso di armi per l’esecuzione di
rapine, circostanze che renderebbero assai poco significative le analogie tra i due fatti.
Il ricorso è manifestamente infondato.
Anche prescindendo dal carattere meramente assertivo delle deduzioni difensive sull’ esclusione dell’identità “fisica”
del copricapo e del coltello usati in occasione dei due fatti criminosi, la difesa è costretta a svalutare l’individuazione
fotografica del ricorrente assumendone apoditticamente l’intrinseca debolezza probatoria.
In termini di gravità indiziaria, le prove complessivamente considerate dal tribunale hanno al contrario un indubbio
valore dimostrativo.
Nulla è poi dedotto in ricorso riguardo alle esigenze cautelari, più che motivatamente ritenute peraltro dai giudici
territoriali.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro 1000,00, commisurata all’effettivo grado di colpa dello
stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. La cancelleria dovrà provvedere agli
adempimenti di cui all’art. 94 disp. Att. C.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla
Cassa delle
mende della somma di euro 1000,00; si provveda a norma dell’art. 94 disp. Att. C.p.p.
Così deci
a, nella camera di consiglio, il. 4.(2,..40
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Il President

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