Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13273 del 14/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13273 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Orlando Francesco Paolo, nato a Taranto il 03/01/1947,
avverso la sentenza del 21/05/2013 della Corte d’appello di Caltanissetta.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal consigliere
Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, Carmine Stabile, il quale
ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Udito il difensore dell’imputato, Avv. Francesco Azzolina, il quale ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 22.2.2011, il Tribunale di Enna dichiarò Orlando
Francesco Paolo responsabile del reato di ricettazione di reperti archeologici e ritenuta l’ipotesi lieve – lo condannò alla pena di mesi 4 di reclusione ed C 200,00
di multa, pena sospesa; confisca di quanto in sequestro.

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Data Udienza: 14/03/2014

2.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte

d’appello di Caltanissetta, con sentenza in data 21.5.2013, confermò la decisione
di primo grado.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo:
1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
assoluzione dell’imputato in quanto egli, in sede di verbale di
identificazione del 12.6.2001,aveva spiegato di aver trovato i reperti una

Armerina, ritenendo che si trattasse di materiale abbandonato; avrebbe
dovuto al più essere contestato il reato di furto; è erronea la
contestazione di essere i reperti compendio del reato di cui all’art. 176 D.
Lgs. n. 42/2004, essendo il fatto antecedente; era stata richiesta la
rinnovazione del dibattimento per acquisire il verbale di identificazione;
ma la richiesta è stata rigettata sull’assunto che non sarebbero decisive le
dichiarazioni dell’imputato; il teste Guzzardi Lorenzo ha chiarito che.
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trattandosi di oggetti di epoca medioevale , (fibli avevano interesse
archeologico;
2.

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta
sussistenza dell’elemento soggettivo di reato nonostante la spiegazione
fornita dall’imputato nel verbale non acquisito;

3.

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
declaratoria di prescrizione, dovendosi ritenere applicabile la nuova
disciplina, nonché in relazione alla ritenuta sussistenza di un periodo di
sospensione, ai sensi dell’art. 2 ter della legge 24 luglio 2008, n. 125, mai
dichiarata ne’ in primo grado ne’ in appello; il reato sarebbe già stato
prescritto alla data della sentenza di primo grado;

4.

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
declaratoria di prescrizione del reato comunque maturata prima della
sentenza di primo grado, essendo il decreto di citazione a giudizio stato
notificato all’imputato il 6.12.2001 e la sentenza di primo grado
intervenuta il 22.2.2011, anche considerando le sospensioni per
impedimento del difensore e comunque prima della sentenza di appello;

5.

violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
declaratoria di prescrizione del reato per il compimento di termini
massimi, alla luce della nuova più favorevole disciplina, anche alla luce
delle sospensioni e tenuto conto che, in conseguenza delle astensioni
degli avvocati dalle udienze, la sospensione non avrebbe dovuto superare
i 60 giorni;

decina di anni prima nel corso di lavori effettuati per il Comune di Piazza

6. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle
attenuanti generiche;
7. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata
concessione della non menzione della condanna.

Considerato in diritto

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e proposto al di

fuori dei casi consentiti dalla legge perché svolge in realtà censure di merito non
consentite in questa sede.
La Corte territoriale ha rigettato la richiesta di acquisire il verbale di
identificazione contenente dichiarazioni spontanee dell’imputato sull’assorbente
rilievo che lo stesso, rimasto contumace, non aveva reso dichiarazioni nel
giudizio di primo grado.
La rinnovazione del dibattimento avrebbe dovuto essere disposta, ai sensi
dell’art. 603 cod. proc. pen., non trattandosi di prove nuove, solo se il giudice di
appello avesse ritenuto di non poter decidere allo stato degli atti ed anche tale
valutazione è di merito e la motivazione può essere implicita.
Infatti, in tema di giudizio di appello, poiché il vigente cod. proc. pen. pone
una presunzione di completezza della istruttoria dibattimentale svolta in primo
grado, la rinnovazione, anche parziale, del dibattimento ha carattere eccezionale
e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo
stato degli atti. Pertanto, mentre la decisione di procedere a rinnovazione deve
essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere
discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo
stato degli atti, nel caso, viceversa, di rigetto, la decisione può essere sorretta
anche da motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base
della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per
una valutazione – in senso positivo o negativo – sulla responsabilità, con la
conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento. (v. Cass. Sez. 5
sent. n. 6379 del 17.3.1999 dep. 21.5.1999 rv 213403).
Peraltro la Corte d’appello ha ritenuto non indispensabile ai fini del decidere
acquisire tale atto, che comunque conteneva dichiarazioni dell’imputato, prive di
qualunque riscontro.
La provenienza dei beni da delitto non è stata contestata con i motivi di
appello e non può quindi essere dedotta in questa sede ai sensi dell’art. 606
comma 3 cod. proc. pen. In ogni caso ancty anteriormente all’entrata in vigore
del D. Lgs. n. 42/2004 i beni archeologici appartenevano allo Stato.

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3

La considerazione difensiva secondo la quale sarebbe ipotizzabile un furto,
,
altro non è che una ricostruzione alternativa a quella operata dai giudici di
merito.
Peraltro, in materia di ricorso per Cassazione, perché sia ravvisabile la
manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 primo comma lett.
e) cod. proc. pen., la ricostruzione contrastante con il procedimento
argomentativo del giudice deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare
soltanto una ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza. (V., con riferimento

dep. 22.12.1998 rv 212054).

2. il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge
censure di merito.
La Corte territoriale ha ravvisato l’elemento psicologico del reato sulla
scorta delle modalità di occultamento e dalle tracce di scavo rilvabili sui reperti.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda
sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”,

secondo una

formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. questo secondo
profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende 2436 del 21.12.1993 dep.
25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di
motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla
verità degli enunciati che la compongono.

3. Le doglianze relative alla intervenuta prescrizione del reato prima della
pronuncia della sentenza di appello, variamente esposte nel terzo, quarto e
quinto motivo di ricorso sono fondate.
I periodi di sospensione complessivamente considerati sono di anni 1 mesi
2 e giorni 26, sicché il termine di anni 8, prorogato ad anni 10, andava a scadere
il 31.8.2012, in epoca anteriore alla pronunzia della sentenza di appello.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio per
essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

a massime di esperienza alternative, Cass. Sez. 1 sent. n. 13528 del 11.11.1998

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per
prescrizione.

Così deliberato il 14/03/2014.

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