Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13265 del 14/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13265 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: MACCHIA ALBERTO

Data Udienza: 14/03/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DEL NOBILE ANTONIO N. IL 18/02/1970
avverso la sentenza n. 839/2008 CORTE APPELLO di BARI, del
17/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
htez,
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per eA

C, Wrà,

; 4 A44 Vi4a1 111; nrril 1/1 – 014′

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Con sentenza del 17 ottobre 2012, la Corte di appello di Bari ha confermato la
sentenza emessa in sede di giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale della medesima città, con la quale DEL NOBILE Antonio era stato
condannato alla pena complessiva di anni quattro di reclusione ed euro 10.500 di
multa per i reati di rapina ed altro in continuazione con altra condanna inflitta al
medesimo dalla stessa Corte di appello con sentenza del 24 novembre 2005,
irrevocabile il 20 febbraio 2006. In particolare la Corte disattendeva l’unico motivo di
gravame nel quale si sollecitava l’applicazione della speciale attenuante di cui all’art.
8 del d.l. n. 152 del 1991, negando la sussistenza di idonea documentazione dalla
quale risultasse la collaborazione e l’assenza dei presupposti per ritenere nella
vicenda processuale in esame sussistenti le condizioni per il riconoscimento del
sollecitato beneficio, alla luce anche dei rilievi posti a fondamento della sentenza di
primo grado ove si era negato il risalto delle dichiarazioni dell’imputato in punto di
chiamata in correità.
Propone ricorso per cassazione il difensore il quale sottolinea come agli atti
fossero stati prodotti documenti attestanti la qualità di QllaboEatore dell’imputato,
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s
delle sue
sottoposto a misure di protezione ) ed • • a en
dichiarazioni da valutare unitamente agli altri elementi di prova, senza che l’assenza
di riscontri individualizzanti possa precludere la qualità del contributo.
Il ricorso non è fondato, in quanto i giudici del merito hanno apprezzato la
condotta dell’imputato nello specifico alveo procedimentale entro il quale la condotta
collaborativa doveva essere riguardata ai fini del riconoscimento della speciale
attenu4è di cui all’art. 8 del d.l. n. 152 del 1991. Questa Corte ha infatti avuto modo
di puntualizzare che l’attenuante della dissociazione (art. 8 D.L. 13 maggio 1991, n.
152, convertito con 1. 12 luglio 1991, n. 203) opera esclusivamente in quei processi
nei quali l’attività di collaborazione con la giustizia venga effettivamente esplicata,
sicchè deve escludersene l’applicazione quando la condotta dissociativa riguardi fatti
diversi da quelli in relazione ai quali l’attenuante viene invocata ovvero quando il
contributo intervenga in presenza di un quadro probatorio che aveva già consentito
l’individuazione dei concorrenti nel reato. (Sez. 3, n. 3078 del 12/12/2012 – dep.
21/01/2013, Romeo e altro, Rv. 254142. Vedi anche Cass., Sez. V, n. 33373 del 25
giugno 2008, Russo). Al tempo stesso questa Corte non ha mancato di sottolineare
che l’applicazione della circostanza attenuante della collaborazione, prevista dall’art.
8 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203, non
può essere legata ad un mero atteggiamento di resipiscenza, ad una confessione delle
proprie responsabilità o alla descrizione di circostanze di secondaria importanza, ma
richiede una concreta e fattiva attività di collaborazione dell’imputato, volta ad evitare
che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori e a coadiuvare gli organi
inquirenti nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e la cattura
degli autori dei delitti. (Sez. 6, n. 36570 del 26/06/2012 – dep. 21/09/2012, Russo e
altri, Rv. 253393; Cass., Sez.I, n. 9276 del 13 dicembre 2006, Cirillo). Il che

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OSSERVA

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2014
Il Cons iere estensore

Il Presidente

accredita una lettura in termini di concretezza ed efficacia del contributo
collaborativo, che prescinde da parametri di tipo “soggettivo”, derivanti dalla
impossibilità di fornire un contributo di maggior spessore. Ne deriva, quindi, che, da
un lato, l’imputato ha l’onere di dedurre e documentare i presupposti per
l’applicabilità della speciale attenuante della collaborazione, trattandosi di fatto che
costituisce oggetto di prova, a norma dell’art. 187 cod. proc. pen.; dall’altro, che i
profili “sostanziali” sui quali è chiamata a svolgersi la delibazione del giudice devono
trovare alimento “intrinseco” al procedimento nell’ambito del quale la circostanza
viene concretamente in discorso, non potendo ad essa annettersi una sorta di proprietà
“transitiva”, che ne consenta — una volta concessa in una determinata sede
processuale — la automatica “trasmigrazione” in tutti i diversi procedimenti nei quali
il medesimo imputato compaia in tale veste; e ciò proprio perché l’attenuante in
discorso si giustifica proprio nella prospettiva di una condotta processuale
collaborativa che si dispieghi in relazione a ciascuna regiudicanda cui essa intenda
riferirsi. Lo scrutinio condotto dai giudici del merito si rivela, pertanto, corretto sul
piano metodologico e, dunque, esente da censure.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

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