Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13258 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13258 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto daMonte Giuseppe, nato il 19.9.1956, avverso la
sentenza della Corte di appello diPalermo, del 17.1.2013. Sentita la relazione
della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del
sostituto procuratore generale Eduardo Scardaccione sull’annullamento con
rinvio limitatamente alle statuizioni civili.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta aMonte
Giuseppe dal Tribunale di Trapani in data 25.5.2010 per il delitto di truffa
consistita nell’aver indotto in errore Fortunato Giacomo Giuseppe cerca
l’esperibilità di due pratiche amministrative ottenendo, come pagamento della
supposta prestazione professionale, l’ingiusto profitto di euro 6780,00.
Ricorre, assistito dal proprio difensore, l’imputato sollevando i seguenti
motivi:
violazione di legge in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. per avere la
corte di appello ritenuto la procedibilità d’ufficio del delitto in questione
ritenendo contestata, sia pure in via di fatto, una ipotesi di truffa

Data Udienza: 11/03/2014

aggravata ai sensi dell’art. 61 n. 11 cod. pen. ma omettendo di
considerare che il tribunale ha pronunciato la condanna per la
fattispecie semplice, e non per la fattispecie aggravata, con ciò non
riconoscendo in concreto la sussistenza dell’aggravante in parola.
violazione di legge in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. non essendo
stata presentata, per uno dei due fatti contestati la querela della
persona offesa dal reato (Tilotta Vittoria) bensì da soggetto diverso ed

estraneo (Fortunato Giacomo Giuseppe);
violazione di legge in relazione all’articolo 640 cod. pen. per avere la
corte di appello ritenuto la penale responsabilità a titolo di truffa senza
motivare circa la effettiva sussistenza dei requisiti di fattispecie;

di azioni di legge in relazione agli articoli 133 e 62 bis cod. pen. e vizio
di motivazione circa la decisione sul trattamento sanzionatorio;
violazione di legge e vizio di motivazione circa la quantificazione del
danno liquidato alla parte civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Circa la presunta tardività della presentazione della querela, deve osservarsi
come nell’atto di appello la tardività della querela è affermata in ragione della
comunicazione intervenuta nel settembre 2005 da IRFIS sulla reiezione della
formulata istanza di finanziamento per cui è processo, dalla quale data
secondo la difesa avrebbe dovuto computarsi il termine trimestrale per la
proposizione della querela. Tuttavia nella stessa narrativa dei fatti svolta a
pagina 3 della sentenza di primo grado emerge come la condotta truffaldina
contestata all’odierno ricorrente giungesse al suo culmine proprio in quel
momento: giacché, a fronte delle rimostranze della persona offesa, il
ricorrente riferiva che avrebbe riproposto la domanda ad altro e diverso
competente ente pubblico onde finalmente ottenere gli sperati finanziamenti
per cui aveva ricevuto l’incarico professionale.
Attesa dunque l’irrilevanza del documento citato dall’appellante a
dimostrazione della tardività della querela, l’odierno motivo si mostra
infondato.
Manifestamente infondato è invece il secondo motivo, essendo entrambi i fatti
di reato contestati nel capo d’imputazione commessi in danno del querelante
Fortunato Giacomo Giuseppe, il quale ebbe a corrispondere per le due
prestazioni professionali, integranti altrettante truffe subite, la complessiva
somma di euro 6780,00.

2

L’inammissibilità del terzo motivo discende dalla formulazione dello stesso,
che si risolve in una critica meramente fattuale – e peraltro generica – circa la
ricostruzione dei fatti motivatamente argomentata nelle sentenze del tribunale
e della corte di appello in assenza di lacune e illogicità.
L’insuperabile genericità della formulazione degli ultimi due motivi ne
determina, parimenti, la manifesta infondatezza: avendo il tribunale
ampiamente motivato a pagina 7 e s. (con ragioni criticamente vagliate e

impugnata) la decisione sia in ordine al trattamento sanzionatorio
(diffondendosi sulle ragioni del mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche in considerazione della gravità del fatto e della
personalità del reo, illuminata dall’esistenza di numerosi precedenti penali);
sia circa la determinazione, in via equitativa, dei danni subiti – compresi i
danni morali – in euro 20.000 (in essa inglobata la somma di euro 6780,00 già
consegnata dalla vittima all’imputato, maggiorata degli interessi dovuti).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Roma, li 11.3.2014

fatte proprie dalla corte di appello alle pagine 3 e seguenti della sentenza

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