Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13250 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13250 Anno 2014
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 11/03/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto daPiermartiri Giuseppe, nato il 26.4.1953 avverso la
sentenza della Corte di appello diMilano, del 3.12.2012. Sentita la relazione
della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del
sostituto procuratore generale Eduardo Scardaccione, sulla inammissibilità del
ricorso; udito il difensore dell’imputato, avv. Giovanni Galeota, il quale insiste
per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano ha parzialmente confermato la condanna inflitta
aPiermartiri Giuseppe dal Tribunale della medesima città in data 6 maggio
2008 per il delitto di riciclaggio, operando tuttavia una riduzione della pena in
considerazione del comportamento tenuto dall’imputato nell’ambito del
processo e comunque successivamente alla commissione del fatto.
Propone ricorso per cassazione a mezzo di difensore l’imputato lamentando
violazione di legge e vizio di motivazione:
in ordine alla sussistenza del dolo di riciclaggio, non essendo mai stato
l’imputato consapevole della provenienza illecita delle somme oggetto

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delle operazioni finanziarie poste in essere; e comunque affermandosi
in ipotesi la sussistenza di un reato impossibile, ai sensi dell’art. 49
cod. pen., atteso che le somme oggetto di riciclaggio non sarebbero
nemmeno venute adesistenza al momento del compimento delle
condotte penalmente rilevanti; in ogni caso osservando come la
condanna sia intervenuta pur sussistendo un ragionevole dubbio sulla
colpevolezza dell’imputato;

riciclaggio, giacché la condotta realmente voluta sarebbe stata quella
sanzionata dall’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, avendo avuto in animo il
ricorrente di commettere esclusivamente reati di natura finanziaria;

per non avere la corte territoriale motivato, o per aver illogicamente
motivato, in ordine alla eccepita sussistenza di una violazione del
divieto di doppio giudizio, essendo stato l’imputato già giudicato per i
fatti oggetto del presente processo;

per avere la corte di appello ritenuto integrato il delitto di riciclaggio
piuttosto che il diverso delitto di ricettazione senza tuttavia valutare e
motivare l’integrazione di tale ultima fattispecie con riguardo alla
commissione di attività idonee ad ostacolare l’identificazione della
provenienza del bene;
per avere la corte di appello reso una motivazione illogica
relativamente alla non riconosciuta eccessività della pena;
per non avere la corte di appello dichiarato il reato prescritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
La corte di appello ha reso esaustiva motivazione su tutti i profili di doglianza
evidenziati nel ricorso; invece tali motivazioni sono state sostanzialmente
obliterate in tale atto: cosicché si evidenzia un difetto di correlazione tra
ricorso e sentenza impugnata.
Quanto all’esistenza dell’elemento soggettivo, a pagina 3, 6 e 7 della sentenza
la corte – rammentando anche la motivazione del tribunale che ritiene la
sussistenza del dolo sotto il profilo della piena consapevolezza dell’imputato
circa l’illecita provenienza delle somme riciclate su conti esteri in
considerazione del consolidato accordo criminoso che lo legava con i propri
complici Deutsh e Scozzoli (accordo avente ad oggetto la commissione di frodi
fiscali) – conclude sulla sussistenza della prova del dolo di riciclaggio avendo
l’imputato movimentato su conti esteri i proventi di frodi fiscali in accordo con

circa la ritenuta penale responsabilità dell’imputato a titolo di

i propri complici.
Le contestazioni relative alla integrazione di una ipotesi di reato impossibile,
che non risultano – nemmeno dal ricorso – prospettate alla corte di appello,
non sono sindacabili in questa sede di legittimità involgendo valutazioni di
fatto (circa il tempo di maturazione dei proventi oggetto di frode fiscale
rispetto all’impiego di somme su conti esteri) come tali non consentite.
La corte di appello, a pagina 6 s.,motiva ampiamente sulla diversità del fatto

Con motivazione immune da vizi logici e nemmeno specificamente contestata
nel ricorso (che si limita ad affermare apoditticamente l’identità del fatto
giudicato nei due processi) la corte chiarisce infatti che mentre nel presente
processo si contestano condotte di riciclaggio aventi ad oggetto il
trasferimento di somme di denaro di provenienza illecita su conti esteri onde
ostacolarne l’identificazione, invece nell’altro processo si contestava la diversa
condotta di simulazione dell’esportazione di merce e del conseguente credito
Iva.
È opportuno aggiungere che per la giurisprudenza di questa Corte, integra il
reato di riciclaggio, ex art. 648 bis cod. pen., il compimento di operazioni
volte non solo ad impedire in modo definitivo, ma anche a rendere difficile
l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità,
attraverso un qualsiasi espediente che consista nell’aggirare la libera e
normale esecuzione dell’attività posta in essere. (V. Cass. Sez. 2^ sent. n.
2818 del 12.1.2006 dep. 24.1.2006 rv 232869).Si tratta di un reato a forma
libera, che può essere integrato con qualunque modalità. Le descritte
operazioni, di reimpiego su conti esteri di somme provenienti da delitto
integrano all’evidenza l’ipotesi delittuosa in esame, determinando l’effetto di
rendere più difficile la individuazione della provenienza fraudolenta del denaro
movimentato; invece nel ricorso non è motivata la critica circa la supposta
integrazione, nel caso di specie, della diversa figura della ricettazione.
L’estrema genericità della stessa prospettazione determina l’inammissibilità
del motivo sul trattamento sanzionatorio; deve peraltro rilevarsi che,
contrariamente a quanto affermato nel ricorso, la corte territoriale ha ritenuto
eccessiva la pena inflitta in primo grado provvedendo ad una riduzione della
stessa.
Da ultimo il Collegio osserva che non possono trovare applicazione le norme
sulla prescrizione del reato (non maturata alla data della sentenza di secondo
grado: cfr. la chiara motivazione resa a p. 8), dal momento che – secondo la

oggetto del presente processo rispetto a quello già giudicato da codesta corte.

giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte – l’inammissibilità del
ricorso per cassazione dovuta alla mancanza, nell’atto di impugnazione, dei
requisiti prescritti dall’articolo 581 cod. proc. pen., ovvero alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le
cause di non punibilità a norma dell’articolo 129 cod. proc. pen. (cfr.: Cass.
Sez. Un., sent. n. 21 del 11.11.1994 dep. 11.2.1995 rv 199903; Cass. Sez.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, li 11.3.2014

Un., sent. n. 32 del 22.11. 2000 dep. 21.12.2000 rv 217266).

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