Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13244 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13244 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Lazzaro Bartolo Carmelo, nato a Catania il 7/4/1987;
Scuderi Salvatore, nato a Catania il 24/1/1954;
Rando Tiziano, nato a Cittiglio il 1/6/1974;
Papaserio Felice, nato a Catania il 8/3/1975;
avverso la sentenza 23/5/2013 della Corte d’appello di Catania, III sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Aurelio Galasso, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio in ordine
alle statuizioni civili e rigetto nel resto dei ricorsi;
uditi per l’imputato Lazzaro Bartolo Carmelo, l’avv. Dario Giuseppe Polizza
Favaloro, per Scuderi Salvatore, l’avv. Renato Penna, per Papaserio Felice e
Rando Tiziano, l’avv. Marchese Francesco, che hanno concluso per
l’accoglimento dei rispettivi ricorsi;

RITENUTO IN FATTO

1

Data Udienza: 07/03/2014

1.

Con sentenza in data 23/5/2013, la Corte di appello di Catania, in

parziale riforma della sentenza 11/6/2012 del Gup presso il Tribunale di
Catania, assolto Papaserio Felice dal reato ascrittogli al capo D) e qualificato
il fatto di cui al capo E) come tentata estorsione aggravata, rideterminava la
pena in anni tre di reclusione ed €.600,00 di multa; riduceva le pene inflitte
agli altri imputati per i reati di usura ed estorsione loro ascritti, provvedendo

Lazzaro Bartolo Carmelo ed in anni quattro di reclusione ed €.600,00 di
multa ciascuno per Scuderi Salvatore e Rando Tiziano.

3.

Avverso tale sentenza propongono ricorso Lazzaro Bartolo Carmelo,

Scuderi Salvatore, Rando Tiziano e Papaserio Felice per mezzo dei rispettivi
difensori di fiducia.

4.

Lazzaro Bartolo Carmelo solleva quattro motivi di gravame con il

quali deduce
4.1

Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art.

644 cod. pen. Al riguardo eccepisce che nella fattispecie non sussistono gli
estremi della condotta punibile per il reato cli usura non essendo stato
accertato né il tasso usurario, né quali somme siano state consegnate al
ricorrente. Eccepisce, inoltre che il mero esattore non concorre nel reato di
usura ove non riesca ad ottenere il pagamento del credito usurario poiché
non fornisce un contributo causale alla realizzazione dell’elemento
oggettivo del reato e precisa che dagli atti emerge chiaramente che la
parte offesa non ha mai versato alcuna somma di denaro al ricorrente.
Contesta inoltre il valore probatorio della conversazione registrata dalla
stessa parte offesa, mancando del tutto la prova dell’avvenuto
superamento del tasso soglia. Deduce, infine, che l’annullamento del reato
di usura cui al capo B), travolge anche il reato di estorsione di cui al capo
C).
4.2

Violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi del

diniego delle attenuanti generiche e della assoluta mancanza di
motivazione sulla richiesta di esclusione della recidiva.
4.3

Violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi della

dosimetria della pena e del più severo trattamento sanzionatorío rispetto al

2

a rideterminarle in anni cinque di reclusione ed E.1.000,00 di multa per

coimputato Lazzaro Maurizio;
4.4

Vizio della motivazione in relazione alle doglianze poste a

fondamento dell’impugnazione.

5.

Scuderi Salvatore solleva 11 motivi di ricorso con i quali deduce:

5.1

Inosservanza o erronea applicazione dell’art. 74 cod. proc. peri.

Comune di Catania a costituirsi parte civile, sebbene l’ente territoriale non
avesse subito alcun danno per le vicende oggetto del processo.
5.2

Mancanza o mera apparenza della motivazione in ordine alla

ritenuta attendibilità della persona offesa. Al riguardo contesta che alle
dichiarazioni della persona offesa, Licari Giuseppe possa essere attribuito il
carattere della “spontaneità ed immediatezza” e che i contenuti di tali
dichiarazioni si siano mantenuti costanti nel tempo. Per l’effetto richiama
una serie di contraddizioni nelle numerose versioni fornite dal Licari agli
inquirenti sul ruolo dello Scuderi. Eccepisce, inoltre, che anche in relazione
all’estorsione le dichiarazioni del Licari sono assolutamente contrastanti fra
di loro. Infine contesta che le inaffidabili dichiarazioni della persona offesa
abbiano trovato riscontro in ulteriori emergenze investigative, dal momento
che le uniche tre intercettazioni in atti che fanno riferimento allo Scuderi
hanno un contenuto indiziante assolutamente irrilevante.
5.3

Inosservanza dell’art. 644 cod. pen. in riferimento all’elemento

materiale del reato e vizio della motivazione sul punto. Al riguardo
eccepisce che nella fattispecie manca la prova del patto usurario e che da
tutte le fonti di prova emerge che lo Scuderi è soggetto che presente
l’Impellizzeri al Licari e rimane estraneo agli accordi fra i due, al punto che
egli si è dovuto attivare a fronte dell’inadempienza del Licari, trovandosi
obbligato egli stesso a soggiacere a pretese usurarie di terzi.
5.4

Inosservanza dell’art. 644 cod. peti. in riferimento all’elemento

soggettivo del reato e vizio della motivazione sul punto. In proposito
eccepisce che la richiesta di denaro avanzata dallo Scuderi alla persona
offesa, a titolo di ristoro di quanto ha dovuto sborsare per far fronte alle
pressioni dell’Impellizzeri sono prive di coscienza e volontà di perseguire
vantaggi usurari.
5.5

Inosservanza dell’art. 629 cod. pen. in riferimento all’elemento

3

dolendosi che la Corte d’appello abbia riconosciuto la legittimazione del

materiale del reato e vizio della motivazione sul punto. Il ricorrente
contesta che nella fattispecie sussistano gli estremi del reato di estorsione
per l’assenza di violenza o minaccia e fornisce una diversa lettura degli
episodi interpretati come minacciosi.
5.6

Inosservanza dell’art. 629 cod. pen, in riferimento all’elemento

soggettivo del reato e vizio della motivazione sul punto. Al riguardo
eccepisce che nella condotta dell’agente manca il dolo tipico del reato di

profitto, avendo, invece, lo Scuderi preteso solo quanto gli era dovuto.
5.7

Inosservanza dell’art. 61 n. 7 cod. peri.. e vizio della motivazione

sul punto. In proposito si duole che i giudici dell’appello abbiano
confermato l’applicazione dell’aggravante del danno patrimoniale di
rilevante gravità, senza specificare quali e quante somrne avrebbe ricevuto
lo Scuderi dalla persona offesa.
5.8

Inosservanza dell’art. 628, comma 3, n. i cod. pen. e vizio della
,

motivazione sul punto, dolendosi che non sussistono le condizioni per
l’applicazione dell’aggravante della minaccia commessa da più persone
riunite.
Inosservanza ed erronea applicazione dell’aggravante di cui

5.9

all’art. 61, n.2 cod. pen. e vizio della motivazione sul punto. Al riguardo
eccepisce che non poteva essere applicata al prevenuto l’aggravante di
aver commesso il fatto di estorsione al fine di poter eseguire il delitto di cui
al capo 3, non essendo stato tale reato contestato allo Scuderi.
Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 62, bis cod. peri.

5.10

e vizio della motivazione sul punto, dolendosi del diniego delle attenuanti
generiche.
5.11

Inosservanza ed erronea applicazione dell’arto 133 cod. pen. e

vizio della motivazione sul punto, dolendosi della dosimetria della pena.

6.

Rando Tiziano solleva tre motivi di gravame con i quali deduce:

6.1

Mancanza della motivazione in relazione a specifiche questioni

sollevate con il primo motivo d’appello e violazione dell’art. 192 e 530 cod.
proc. pen. Al riguardo eccepisce che riguardo al contestato delitto di usura
la Corte territoriale non ha fornito alcuna risposta in ordine alle somme che
il Rando avrebbe percepito, alla luce del fatto che le indagini della GdF
4

estorsione che deve abbracciare anche la consapevolezza dell’ingiustizia del

avevano concluso che non era stato possibile accertare quanto il Licari
avesse ricevuto e quanto avesse restituito. Quanto all’estorsione si duole
che la sentenza impugnata abbia fondato la responsabilità dell’imputato
esclusivamente sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa,
lasciando senza risposta le censure della difesa in ordine all’inattendibilità
di costui.
6.2

Vizio della motivazione e violazione di legge con riferimento alla

6.3

Mancanza della motivazione in relazione a specifiche questioni

sollevate con il terzo motivo d’appello con il quale si chiedeva di escludere
l’applicazione delle aggravanti:
– ex art. 61 n. 7 cod. pen. in relazione all’art. 644;
– ex art. 644, commi 1 e 4 n. 3 cod. pen.;
– ex art. 61 n. 2 e 7 in relazione all’art. 629 cod. pen.;
-ex art. 628 comma 3, n. 1, in relazione all’art. 629 cod. pen.
nonché di ridurre al minimo l’applicazione dell’art. 81 e concedere le
attenuanti generiche.

7.

Papaserio Felice solleva due motivi di gravame con i quali deduce:

7.1

Violazione di legge in relazione agli artt. 56 e 629 cod. peni e vizio

della motivazione sul punto. Al riguardo contesta la sussistenza degli
estremi del delitto punibile per il reato di minaccia anche sotto il profilo del
tentativo essendo inattendibili le dichiarazioni della persona offesa, la
quale, peraltro, non fa mai accenno a comportamenti di violenza o di
minaccia perpetrati nei suoi confronti.
7.2

Violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla non

riscontrata mancanza di legittimazione del Comune di Catania e
dell’azienda dei trasporti a costituirsi parte civile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Preliminarmente occorre rilevare che sono fondate le censure in

punto di difetto di legittimazione a costituirsi parte civile con riferimento al
5

mancata derubricazione del reato di estorsione in tentativo di estoi .sione.

Comune di Catania ed all’Azienda siciliana trasporti -AST S.p.a. sollevate
dalla difesa di Scuderi e Papaserio. In primo grado tutti gli imputati sono
stati condannati al risarcimento del danno nei confronti della parte civile
Comune di Catania, da liquidarsi in separata sede, nonché il Papaserio
anche al risarcimento del danno in favore dell’Azienda Siciliana Trasporti,
da liquidarsi in separata sede, ed il giudice d’appello ha confermato tali
statuizioni civili, assorbendo la motivazione del giudice di primo grado. In

costituirsi parte civile per far valere il proprio diritto al risarcimento del
danno all’immagine, ove effettivamente subito. In materia di reati
associativi, la giurisprudenza di questa Corte ha riconosciuto che il Comune
nel quale la associazione si è insediata ed ha operato ha per ciò stesso titolo
alla costituzione di parte civile, quanto meno per il danno che la presenza
dell’associazione a delinquere arreca all’immagine della città, allo sviluppo
turistico ed alle attività produttive ad esso collegate (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 10371 del 08/07/1995 Ud. (dep. 18/10/1995 ) Rv. 202736; da
ultimo, Sez. 2, Sentenza n. 150 del 18/10/2012 Ud. (dep. 04/01/2013 )
Rv. 254675). In astratto qualunque reato commesso da privati in danno di
privati può produrre un danno all’Ente territoriale, ma perchè sia
riconosciuta la legittimità alla costituzione come parte civile del Comune che
invoca un danno all’immagine, occorre che tale danno sia concretamente
configurabile. Nel caso di specie il Gup ha ritenuto sussistente il danno
all’immagine per il Comune e l’AST affermando che:«appare invero
indubbio che i fatti in contestazione abbiano creato un vulnus all’immagine
dell’Ente locale, nonché della società datrice di lavoro, sub specie di perdita
di prestigio e di considerazione da parte dei consociati o di settori o di
categorie con le quali le predette parti civili interagiscono». Tuttavia il Gup
non ha spiegato per quale ragione dei fatti di usura ed estorsione commessi
da privati in danno di privati, senza alcuna proiezione esterna di tipo
mafioso, abbiano causato un danno all’immagine ai due Enti territoriali. Di
conseguenza la condanna al risarcimento del danno nei confronti del
Comune e dell’Azienda Siciliana Trasporti deve essere annullata senza rinvio
per essere il danno civile inesistente. Dell’annullamento si giovano anche gli
imputati non ricorrenti in punto di statuizioni civili in virtù del principio
dell’estensione dell’impugnazione di cui all’art. 587 cod. proc. pen.

2.

Per quanto riguarda le altre questioni sollevate dai ricorrenzi, sempre

6

punto di diritto non v’è dubbio che l’Ente territoriale sia legittimato a

in via preliminare, occorre rilevare, in punto di diritto, che la sentenza
appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sulle conclusioni
raggiunte, si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed
inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre fare
riferimento per giudicare della congruità della motivazione. Pertanto, il
giudice di appello, in caso di pronuncia conforme a quella appellata, può
limitarsi a rinviare per relationem a quest’ultima sia nella ricostruzione del

Sentenza n. 4827 del 28/4/1994 (ud. 18/3/1994) Rv. :19861:3, Lo Parco;
Sez. 6, Sentenza n. 11421 del 25/11/1995 (ud. 29/9/1995), Rv. 203073,
Baldini). Inoltre, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ritiene che non
possano giustificare l’annullamento minime incongruenze argomentative o
l’omessa esposizione di elementi di valutazione che, ad avviso della parte,
avrebbero potuto dar luogo ad una diversa decisione, sempreché tali
elementi non siano muniti di un chiaro e inequivocabile carattere di
decisività e non risultino, di per sè, obiettivamente e intrinsecamente idonei
a determinare una diversa decisione. In argomento, si è spiegato che non
costituisce vizio della motivazione qualsiasi omissione concernente l’analisi
di determinati elementi probatori, in quanto la rilevanza dei singoli dati non
può essere accertata estrapolandoli dal contesto in cui essi sono inseriti, ma
devono essere posti a confronto con il complesso probatorio, dal momento
che soltanto una valutazione globale e una visione di insieme permettono di
verificare se essi rivestano realmente consistenza decisiva oopure se
risultino inidonei a scuotere la compattezza logica dell’impianto
argomentativo, dovendo intendersi, in quest’ultimo caso, implicitamente
confutati. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3751 del 23/3/2000 (ud. 15/2/2000),
Rv. 215722, Re Carlo; Sez. 5, Sentenza n. 3980 del 15/10/2003 (Ud.
23/9/2003) Rv.226230, Fabrizi; Sez. 5, Sentenza n. 7572 del 11/6/1999
(ud. 22/4/1999) Rv. 213643, Maffeis). Le posizioni della giurisprudenza di
legittimità rivelano, dunque, che non è considerata automatica causa di
annullamento la motivazione incompleta ne’ quella implicita quando
l’apparato logico relativo agli elementi probatori ritenuti rilevanti costituisca
diretta ed inequivoca confutazione degli elementi non menzionati, a meno
che questi presentino determinante efficienza e concludenza probatoria,
tanto da giustificare, di per sè, una differente ricostruzione del fatto e da
ribaltare gli esiti della valutazione delle prove.

7

fatto sia nelle parti non oggetto di specifiche censure (Cass. Sez. 1,

3.

In applicazione di tali principi, può osservarsi che la sentenza di

secondo grado recepisce in modo critico e valutativo la sentenza di primo
grado, correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni
aspetti del complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della
difesa, omettendo, in modo del tutto legittimo in applicazione dei principi
sopra enunciati, di esaminare quelle doglianze degli atti di appello che
avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice,

4.

Lazzaro Bartolo Carmelo. Per quanto riguarda il primo motivo, le

censure circa l’insussistenza dell’elemento oggettivo del reato di usura non
sono fondate. Il semplice richiamo ad un passo della C.N.R. (che peraltro
non è stata allegata al ricorso) in cui la GdF rileva che, alla luce della
documentazione fornita dal Licari non è stato possibile accertare il tasso di
interesse usurario, non è elemento, di per sé, idoneo a ribaltare le tenuta
del tessuto argonnentativo delle due sentenze di merito, unitariamente
considerate, dal momento che la natura usuraria del mutuo di cui al capo
B), anche se non potuta accertare sulla base di documentazione contabile,
emerge da un complesso di elementi nei quali convergono le dichiarazioni
della persona offesa, gli esiti delle attività investigative, anche captative e le
dichiarazioni di altri soggetti informati sui fatti. Quanto alla posizione di
Lazzaro Bartolo Carmelo che contesta la sussistenza degli estremi del suo
concorso nel reato di usura sul presupposto di aver svolto solo la funzione
dell’esattore senza riuscire nello scopo, è inconferente il richiamo alla
giurisprudenza citata dal ricorrente. E’ ben vero che questa questa Sezione
con la sentenza n. 41045/2005 ha statuito che, poiché, a seguito delle
modifiche introdotte dalla legge 7 marzo 1996 n. 108, si deve ritenere che il
reato di usura sia annoverabile tra i delitti a “condotta frazionata” o a
“consumazione prolungata”, concorre nel reato previsto dall’art. 644 cod.
pen. solo colui il quale, ricevuto l’incarico di recuperare il credito usurario,
sia riuscito a ottenerne il pagamento; negli altri casi, l’incaricato risponde
del reato di favoreggiamento personale o, nell’ipotesi di violenza o minaccia
nei confronti del debitore, di estorsione, posto che il momento consumativo
del reato di usura rimane quello originario della pattuizione (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 41045 del 13/10/2005 Cc. (dep. 11/11/2005 ) Rv. 232698).
Tuttavia dalla lettura delle sentenze dei giudici di merito non emerge che il
Lazzaro si sia limitato ad esercitare il ruolo di esattore, senza ottenere

8

salvo quanto si dirà con riferimento alle singole posizioni.

risultato alcuno. Al contrario il fatto che sia stata riconosciuta la sua
responsabilità nel reato di estorsione consumata, in concorso con altri,
dimostra che le somme oggetto della pattuizione illecita degli interessi sono
state – almeno in parte – riscosse.

5.

Per quanto riguarda il secondo motivo, sono infondate le censure del

ricorrente in punto di diniego delle attenuanti generiche, avendo la Corte

invece, la censura in punto di recidiva. Secondo l’insegnamento delle
Sezioni Unite, infatti, in tema di recidiva facoltal:iva, è richiesto al giudice
uno specifico dovere di motivazione sia ove egli ritenga sia ove egli escluda
la rilevanza della stessa (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5859 del 27/10/2011
Ud. (dep. 15/02/2012 ) Rv. 251690). Nel caso di specie, a fronte di una
specifica richiesta dell’appellante, la Corte territoriale ha applicato la
recidiva senza un rigo di motivazione.

6.

Infine per quanto riguarda il terzo motivo, sono infondate le censure

in merito alla dosimetria della pena in quanto, secondo la giurisprudenza di
questa Corte, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti
eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo
motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, codapen., anche ove adoperi
espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero
si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Cass. Sez. 3,
Sentenza n. 33773 del 29/05/2007 Ud. (dep. 03/09/2007 ) Rv. 2:37402). E’
stato, poi, ulteriormente precisato che la specifica e dettagliata motivazione
in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o
aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere
sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le
espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”,
come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 36245 del 26/06/2009 Ud. (dep. 18;09/2009)
Rv. 245596). Nel caso di specie la pena inflitta è molto al di sotto della
misura media di quella edittale. Pertanto nessuna censura può essere
mossa, sotto questo profilo alla sentenza impugnata, né può essere preso in
considerazione l’argomento della disparità di trattamento rispetto alla pena
inflitta al padre del ricorrente, trattandosi di posizioni differenti e di

9

d’appello sul punto specificamente e correttamente motivato. E’ fondata,

imputato giudicato separatamente.

7.

Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere annullata nei

confronti di Lazzaro Bartolo Carmelo, limitatamente alla motivazione in
punto di recidiva, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania
per nuovo giudizio.

Scuderi Salvatore. Per quanto riguarda la legittirnazione della parte

civile Comune di Catania, il ricorso è fondato per quanto detto sopra.

9.

Per quanto riguarda il secondo motivo, le censure in punto di

inattendibilità della persona offesa ripropongono le medesime obiezioni già
sollevate con i motivi d’appello che la Corte territoriale ha preso in
considerazione e confutato con motivazione sufficiente e priva di vizi logici,
correttamente limitandosi a ripercorrere e ad approfondire alcuni aspetti del
complesso probatorio oggetto di valutazione critica da parte della difesa (cfr
pagg. 13 e 14). Pertanto le censure del ricorrente non possono trovare
accoglimento.

10.

Per quanto riguarda il terzo motivo ed il quarto motivo in punto di

insussistenza dell’elemento oggettivo e dell’elernento soggettivo del reato di
usura, le obiezioni del ricorrente ripropongono le medesime tesi difensive
già sollevate con i motivi d’appello che la Corte territoriale ha superato,
mediante il richiamo alla motivazione della sentenza

di primo grado e

mediante l’analisi della condotta dello Scuderi, alla luce delle numerose
denunce e dichiarazioni del Licari e delle stesse dichiarazioni dell’imputato
rese nella fase cautelare e nel giudizio di primo grado.

l tessuto

argomentativo delle due sentenze di merito rende ragione della sussistenza
dell’elemento obiettivo del reato di usura e del dolo dell’agente e non viene
scalfito, sotto il profilo logico, dalle censure del ricorrente.

11.

Anche le censure sollevate con il quinto e sesto motivo in punto di

insussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato di estorsione
ripropongono le tesi difensive in punto di inesistenza della condotta
minacciosa che i giudici del merito hanno valutato e respinto con
motivazione congrua. Nè si può ragionevolmente accedere alla tesi che la
minaccia di mettere in contatto il Licari con

i malavitosi che avevano

8.

prestato a Scuderi il denaro da anticipare ad Irnpellizzeri non sia condotta
minacciosa, bensì

«richiesta di aiuto ed informazione qualificata e

veritiera». Tale informazione qualificata e veritiera non v’è dubbio che
integri gli estremi della minaccia in quanto, secondo la lezione di questa
Corte, la minaccia costitutiva del delitto di estorsione, oltre ad essere palese
ed esplicita, può essere manifestata anche in maniera implicita ed indiretta,
essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la

personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle
condizioni ambientali in cui questa opera (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 19724
del 20/05/2010 Cc. (dep. 25/05/2010) Rv. 247117).

12.

Sono infondate le censure sollevate con il settimo motivo in punto di

applicazione dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità. La
sentenza di primo grado ha effettuato una ricostruzione dei fatti dalla quale
emerge la natura fittizia del preliminare di vendita stipulato dal Licheri a
favore di Impellizzeri Paolo, siccome inteso a fornire delle garanzie reali a
fronte della concessione di un mutuo a tassi usurari. Quindi correttamente il
Gup ha concluso che le circostanze esaminate

«dimostrano il pieno

coinvolgimento del Votadoro e dello Scuderi in detta operazione in quanto
dimostrative dell’attivitrà di intermediazione da essi svolta».

Pertanto

correttamente il Gup ha riconosciuto l’aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod.
pen. poiché essa si riferisce al danno complessivamente subito dalla
persona offesa per le condotte usurarie ed estorsive alle quali lo Scuderi ha
concorso.

13.

Ugualmente infondate sono le censure circa l’applicazione

dell’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 1, cod. pan. I giudici del
merito hanno riconosciuto come affidabili le dichiarazioni della persona
offesa e dagli atti emerge che il Licarì ha dichiarato di essere stato
minacciato in più occasioni dallo Scuderi accompagnato da tale Pino e da
tale Emanuele (cfr dichiarazioni rese il 27/7/2011 e riportate a pag. 48/49
della sentenza di primo grado). Di conseguenza anche l’ottavo motivo deve
essere rigettato in quanto correttamente i giudici del merito hanno applicato
l’aggravante della presenza di più persone riunite con riferimento al reato di
estorsione contestato al capo H).

volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla

14.

Quanto all’aggravante teleologica, è evidente che tale aggravante

non si riferisce al capo J che non risulta contestato allo Scuderi, ma alla
condotta di cui al capo G). Del resto il tenore letterale dell’imputazione non
lascia dubbi sul fatto che l’aggravante del fine di coprire capitali ed
interessi usurari, si riferisce al reato di usura contestato a Scuderi Salvatore
e Votadoro Giacomo al capo G). Pertanto anche il nono motivo deve essere
rigettato, in quanto i giudici del merito correttamente hanno applicato

15.

Infine sono infondate anche le censure in punto di diniego delle

attenuanti generiche e di dosimetria della pena sollevate con i motivi 10 e
11. Quanto alle generiche la Corte d’appello ha specificamente motivato sul
punto osservando che alla concessione delle attenuanti generiche <>. Non v’è dubbio che l’apprezzamento circa la gravità dei
fatti ed il comportamento processuale del prevenuto costituiscono elementi
rilevanti ex artt. 133 e 62 bis cod. pen. per cui nessuna censura può essere
mossa sotto questo aspetto alla sentenza impugnata.

Ugualmente

infondate sono le censure in merito al trattamento sanzionatorio. Al
riguardo valgono le osservazioni sviluppate al punto 6) con riferimento alla
posizione di Lazzaro Bartolo Carmelo.
16.

Rando Tiziano.

Per quanto riguarda le censure sollevate con il primo motivo di ricorso,
valgono le osservazioni svolte in via preliminare ai punti 2) e 3). Nel caso
di specie, la sentenza di secondo grado recepisce in modo critico e
valutativo la sentenza di primo grado, correttamente limitandosi a
ripercorrere e ad esaminare per somme linee alcuni aspetti del complesso
probatorio oggetto di valutazione critica da parte della difesa, omettendo, in
modo del tutto legittimo in applicazione dei principi sopra enunciati, di
esaminare quelle doglianze degli atti di appello che avevano già trovato
risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice. Nè il ricorrente è stato
in grado di indicare elementi idonei a rovesciare la ricostruzione dei giudici
del merito che non siano stati esaminati ovvero siano stati travisati dal
giudice d’appello, che ha rilevato che «nessuna delle imprecisioni e lacune
segnalate nell’atto di impugnazione appaiono idonee,. stante la concreta
modestia e la evidente marginalità a scalfire la complessiva attendibilità

12

2

l’aggravante di cui all’art. 61, n. 2cod. Pen,

delle accuse specificamente rivolte al Rando».
17.

Per le stesse ragioni devono essere respinte le censure sollevate con

il secondo motivo in punto di derubricazione del delitto di estorsione
consumata in tentativo. La Corte territoriale ha esaminato l’analoga
richiesta sollevata con i motivi d’appello e la respinta cori motivazione
congrua, osservando che: «il Licari ha chiaramente riferito delle costanti
minacce ricevute ad opera del Rando, non solo nel periodo successivo alla

soluzioni di continuità».
18.

Infine devono essere respinte anche le censure sollevate con il terzo

motivo in punto di sussistenza delle contestate aggravanti. Sul punto
correttamente la sentenza impugnata rimanda alla sentenza del Gup perchè
le obiezioni del ricorrente in ordine alla sussistenza delle aggravanti hanno
già trovato risposta esaustiva e giuridicamente corretta nella motivazione
della sentenza di primo grado (pagg. 4,5 e 6).
19.

Papaserio Felice.

E infondato il primo motivo di ricorso in punto di violazione di legge e vizi
della motivazione. Anche in questo caso le contestazioni del ricorrente
riguardano l’affidabilità delle dichiarazioni a suo carico della persona offesa.
Senonchè nel caso di specie, come rileva la Corte d’appello – le indicazioni
del Licari sono state riscontrate dagli esiti del servizio del servizio di
appostamento della Guardia di Finanza. Nè sarebbe possibile dubitare del
carattere anche implicitamente minaccioso delle pressanti richieste del
Papaserio circa il pagamento del debito in favore del Rango. Di conseguenza
anche il ricorso del Rando deve essere rigettato, salvo quanto si è detto
sopra in punto di annullamento delle statuizioni civili.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Lazzaro Bartolo
limitatamente alla motivazione in punto di recidiva, rigetta nel resto il
ricorso del Lazzaro e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Catania
per l’esame sul punto;
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente alle statuizioni
civili che riguardano il Comune di Catania e l’Azienda siciliana trasporti AST S.p.a;
Rigetta nel resto i ricorsi di Scuderi Salvatore, Rando Tiziano e Papaserio

13

ritenuta estinzione del debito, ma anche precedentemente senza esprimere

Felice.
Così deciso, il 7 marzo 2014

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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