Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 13243 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 13243 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal Procuratore Generale nei confronti di
Zaccone Giuseppe, nato a Reggio Calabria il 2g4195,
e dallo stesso Zaccone Giuseppe
avverso la sentenza 12/4/2013 della Corte d’appello di Reggio Calabria„
sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso del P.G. e
del ricorso dell’imputato;
udito per le parti civili Comune di Reggio Calabria e Provincia di Reggio
Calabria, l’avv. Italo Palmara, anche in sostituzione dell’avv. Domenico
Barresi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso del Procuratore Generale,
la conferma delle statuizioni civili e la condanna dell’imputato alle spese
sostenute dall parte civile per questo grado del giudizio, come da memorie
che deposita;
udito per l’imputato, l’avv. Emanuele Maria Genovese, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

1

Data Udienza: 07/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 12/4/2013, la Corte di appello di Reggio

Calabria, in parziale riforma della sentenza del Gup presso il Tribunale di
Reggio Calabria, in data 27/9/2005, appellata da Morabito Domenico e
Zaccone Giuseppe, entrambi imputati del reato di cui all’art. 416 bis cod.

inflitta al secondo, rideterminandola in anni 3 e mesi 4 di reclusione.

2.

Il presente procedimento nasceva da uno stralcio dall’originario

procedimento n.46/93 RGNR DDA (c.d. Olimpia 1), nel cui ambito Morabito
Demetrio e Zaccone Giuseppe venivano condannati in primo grado dalla
Corte d’assise per il delitto associativo. In sede d’appello la Corte d’Assise,
rilevando la difformità dell’imputazione rispetto alle emergenze processuali
aveva annullato la sentenza di primo grado e trasmesso gli atti ai RM, per
nuova formulazione del capo d’imputazione. Effettuata la nuova
contestazione, iniziava una nuova fase di merito che si svolgeva dinanzi ai
Gup in virtù della scelta del rito abbreviato. Nell’ambito di tale giudizio
venivano acquisiti il procedimento n. 46/93 RGNR DDA nella parte relativa
all’omicidio di Audino Fortunato ed al ferimento di Zaccone Giuseppe, la
sentenza di assoluzione di Audino Mario e l’ordinanza di custodia cautelare
emessa nell’ambito del procedimento n. 1293/2004 RGNR DDA (cd. proc.
Eremo) con riferimento all’esistenza del locale di San Giovannello, Sebbene
Audino Mario, ritenuto al vertice del locale di San Giovannello fosse stato
assolto con sentenza 17/12/2002 del Gup di Reggio Calabria, passata in
giudicato, nel successivo procedimento a carico di Zaccone Giuseppe, il
Gup, con la sentenza 27/9/2005, condannava l’imputato ritenendo
sussistente il sodalizio criminoso e provata la partecipazione dello Zaccone
sulla base dei nuovi elementi istruttori provenienti dal proc. Eremo.

3.

Nel corso del giudizio d’appello veniva acquisita la sentenza

19/5/2008 della Corte d’appello relativa al proc. Eremo, passata in
giudicato, che accertava l’esistenza di una consorteria criminale di stampo
mafioso denominata “locale” di San Giovannello di Reggio Calabria. La Corte
territoriale escludeva la preclusione del bis in idem con riferimento alle
sentenze di assoluzione di Audino Mario in quanto tali pronunce non
2

pen., assolveva il primo dall’imputazione a lui ascritta e riduceva la pena

riguardavano i coimputati ed agli atti non esisteva alcun precedente
giudicato che avesse escluso la partecipazione di Zaccone Giuseppe ad un
autonomo “locale” di ndrangheta in San Giovannello. La Corte territoriale
respingeva, altresì, l’eccezione di violazione degli artt. 414 e 415 cod. proc.
pen. con riferimento ad un precedente decreto di archiviazione emesso nel
proc. n. 177/91 riguardante l’esistenza di una consorteria mafiosa operante
in San Giovannello e della quale l’imputato faceva parte unitamente, tra gli

4.

Quanto alla prova dell’appartenenza di Zaccone Giuseppe

all’associazione armata di stampa mafioso di cui capo C, la corte territoriale
riteneva insuperabili i numerosi elementi a carico del prevenuto; oltre alle
deposizioni convergenti di numerosi collaboratori di giustizia, la circostanza
che al momento dell’attentato lo stesso Zaccone era stato trovato in
possesso di una pistola e aveva indosso le chiavi del deposito garage degli
Audino, nel quale vennero rinvenute armi e munizioni. Osservava quindi la
Corte che da tali elementi emergeva il ruolo dello Zaccone il quale svolgeva
la funzione di autista-guardia del corpo del capo della cosca, che di lui si
fidava ciecamente.

5.

Con riferimento al trattamento sanzionatorio la Corte Territoriale, pur

respingendo la richiesta di concessione di attenuanti generiche provvedeva
ad una riduzione della pena.

6.

Avverso tale sentenza propone ricorso il procuratore generale

dolendosi della mitigazione della pena.

7.

L’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, propone ricorso

sollevando cinque motivi di gravame, con i quali deduce:
7.1

violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio della

motivazione in relazione all’art. 521, comma 2 , cod. proc. pen., dolendosi
che i giudici del merito abbiano esorbitato dai limiti del giudizio relativo alla
nuova contestazione.
7.2

violazione di norme processuali in relazione agli art. 414 e 415 cod.

proc. pen., riguardo ripropone l’eccezione di nutilizzabilità degli atti in
relazione alla mancanza di un decreto di apertura delle indagini dopo il
provvedimento di archiviazione emessa nei suoi confronti dal Gip nel

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altri, ad Audino Mario Salvatore, rilevando che trattavasi di fatti differenti.

procedimento n° 177/91 RGNR.
7.3

violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art. 416

bis cod. pen. , nonché 108 e 192 cod. proc. pen., al riguardo si duole che la
Corte d ‘Appello abbia utilizzato il nuovo materiale probatorio proveniente
dal processo “Olimpia 2” e “Eremo”, per trarre elementi di responsabilità a
carico ricorrente che in tali processi non era nemmeno implicato. Si duole
inoltre che, la sentenza impugnata abbia ritenuto sussistente la cosiddetta

di giustizia , malgrado la loro genericità. In particolare contesta la genuinità
delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Lauro Giacomo e Barreca
Filippo, ed eccepisce I ‘assenza di riscontri individualizzanti, fa presente che
nessuno dei collaboratori escussi nel dibattimento del processo “Olimpia
bis”, ha indicato Zaccone Giuseppe come un possibile affiliato.
7.4-7.5

si duole della mancata concessione delle attenuanti generiche e

della dosimetria della pena.

8.

Successivamente la difesa ha depositato memoria con motivi aggiunti

eccependo l’avvenuta prescrizione del reato ed osservando che i fatti a
sostegno della sentenza di condanna risalgono al più tardi al 10 Gennaio
1990, data dell’attentato in cui fu ucciso Audino Fortunato e ferito lo stesso
ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti

nel giudizio di legittimità.

2.

Ricorso del Procuratore Generale. Il ricorso è inammissibile in quanto

tende a provocare una valutazione di merito di questa Corte in ordine alla
congruità della pena in sovrapposizione argomentativa rispetto alle
valutazioni legittimamente assunte dalla Corte Territoriale.

3.

Ricorso di Zaccone Giuseppe

Il primo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha
specificato in cosa sia consistita la violazione della correlazione fra

4

“convergenza del molteplice” in relazione alle dichiarazioni dei collaboratori

l’imputazione contestata e la sentenza. Si tratta di motivi aspecifici che non
consentono alcuna seria valutazione delle censure mosse alla sentenza
impugnata.

4.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso in punto di

violazione dei principi processuali di cui agli art. 414 e 415, cod. proc. pen.,
le censure non sono fondate. La Corte d’ Appello ha esaminato I ‘analoga

motivazione, priva di vizi logici, che attiene ad una valutazione in fatto circa
la diversità dei due procedimenti, che non può essere oggetto di una
differente lettura in questa sede. Né il ricorrente ha allegato al ricorso
specifici atti processuali da cui si possa desumere Ga meclesimezza dei due
procedimenti.

5.

Sono infondate le censure relative ai vizi della motivazione dedotti

con riferimento alla valutazione delle prove a carico del prevenuto, in
relazione alla sua partecipazione al sodalizio criminale. In particolare per
quanto riguarda le contestazioni circa al genuinità delle dichiarazioni dei
collaboratori Lauro Giacomo e Barreca Filippo, convergenti nell’indicare con
un cognome sbagliato, la moglie del boss mafioso Orazio De Stefano, la
Corte Territoriale ha rilevato come la tesi dei presunti contatti tra i
collaboratori di giustizia, in occasione dei quali avrebbero concordato le
dichiarazioni da proporre all’autorità giudiziaria, siano state puntualmente
smentite dalle emergenze istruttorie meticolosamente acquisite dalla Corte
d’ Assisi di Reggio Calabria nel processo “Olimpia 1”. La Corte inoltre ha
rilevato che tutti i collaboratori di giustizia hanno espressamente indicato
Zaccone come affiliato alla cosca Audino, individuandolo come l’autistaguardaspalle del boss di San Giovannello. Quindi la Corte ha precisato che
le convergenti dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, hanno trovato
precisi riscontri anche nella narrazione dei fatti relativi alla preparazione
dell’attentato, fornita da Lombardo e dagli altri concorrenti, nonché negli
atti investigativi compiuti nell’immediatezza del fatto. Questo complesso di
elementi rende ragione delle conclusioni assunte dai giudici del merito in
punto di responsabilità del prevenuto per il delitto associativo a lui ascritto.

6.

Quanto alle censure in punto di diniego delle attenuanti generiche e

di dosimetria della pena, le stesse sono infondate. Correttamente, infatti, la

5

questione sollevata con i motivi d’appello e l’ha rigettata con una

Corte ha respinto la richiesta di generiche alla luce della gravità dei fatti
contestati, ed ha determinato la pena base misura prossima al minimo
edittale della pena vigente all’epoca dei fatti.

7.

Infine per quanto riguarda l’eccezione di prescrizione, non v’è dubbio

che il reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso ha natura
di reato permanente e, nel caso di specie„ si è in presenza di una

punto di diritto, questa Corte ha statuito che nell’ipotesi in cui la
contestazione indichi soltanto il momento iniziale della condotta, senza
specificare il momento della sua eventuale cessazione, quest’ultima deve
ritenersi intervenuta alla data della sentenza di primo grado, a nulla
rilevando la data del conclusivo giudicato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23695
del 22/03/2012 Cc. (dep. 14/06/2012 ) Rv. 253187). Quindi è stato
osservato, in tema di ne bis in idem che, nel caso in cui la sentenza già
irrevocabile riguardi un reato permanente contestato con l’indicazione
soltanto della data di accertamento, spetta al giudice dinanzi al quale sia
stata sollevata l’eccezione di giudicato verificare, attraverso l’interpretazione
della sentenza, quando si sia interrotta la permanenza. Nel caso di specie la
Corte Territoriale ha statuito che la fattispecie associativa deve ritenersi
estesa temporalmente fino alla sentenza di I grado intervenuta nel processo
“Olimpia 1” in data 19 Gennaio 1999. L’ipotesi che la condotta associativa
possa essere cessata prima della sentenza intervenuta in primo grado,
eventualmente alla data del 10 gennaio 1990, come sostenuto dalla difesa
ricorrente, è una questione di fatto che solo il giudice del merito può
accertare. Non essendo stato accertato nel giudizio di merito che la
condotta associativa sia cessata prima della sentenza di primo grado, la
condotta criminosa deve necessariamente considerarsi cessata alla data in
cui è intervenuta la sentenza di primo grado nel processo Olimpia 1, con la
conseguenza che il reato non si è ancora prescritto.

8.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché alla rifusione delle spese
in favore delle costituite parti civile Comune di Reggio Calabria e Provincia
di Reggio Calabria, che si liquidano come da dispositivo.

6

contestazione aperta, a partire da data anteriore al 13 gennaio 1986. In

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del RG.
Rigetta il ricorso di Zaccone Giuseppe che condanna al pagamento delle
spese processuali, nonché alla rifusione delle spese in favore delle costituite
parti civile Comune di Reggio Calabria e Provincia di Reggio Calabria, che

Così deciso, il 7 marzo 2014

Il Consiciliere estensore

Il Presidente

liquida per ciascuna parte in €.3.000,00, oltre accessori di legge.

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