Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1310 del 04/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1310 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TESTA LUCIANO N. IL 17/10/1980
avverso l’ordinanza n. 374/2014 GIP TRIBUNALE di CATANIA, del
14/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. /L,dur

eA, QeJbeJoizo

Uditi difensor A4v.;

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Data Udienza: 04/11/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa in data 14 novembre 2014 il Tribunale di Catania,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, su istanza del condannato Luciano
Testa rideterminava in anni tre, mesi quattro di reclusione ed in euro 30.000,00 di
multa la pena, già inflittagli con sentenza del g.i.p. dello stesso Tribunale in data
19/07/2012, irrevocabile il 12/2/2014, per il delitto di cui all’art. 73 D.P.R. nr.
309/90, avente ad oggetto un quantitativo di marijuana.

difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento per inosservanza dell’art. 73 d.p.r.
nr. 309/90 alla luce della sentenza della Corte Costituzionale nr. 32/2014 ed
illogicità della motivazione: il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena
divenuta illegale, doveva attenersi al nuovo minimo edittale e non discostarsi da
esso secondo proprie valutazioni discrezionali che non gli competono, in contrasto
con le statuizioni assunte in sede di cognizione. E’ dunque venuto meno il rapporto
di proporzione tra disvalore del fatto e sanzione, come individuato dal giudice che
aveva pronunciato la condanna irrevocabile, e tale determinazione è stata
giustificata con argomentazioni illogiche che hanno rivalutato in modo autonomo di
fatti con una soluzione “contra reum” da ritenersi inammissibile.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso questa Corte di
Cassazione, dr. Aurelio Galasso, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha ritenuto di poter accogliere l’istanza del ricorrente
perché proposta in riferimento alla pena detentiva, inflittagli per delitto avente ad
oggetto quantitativi di sostanza stupefacente del tipo “leggero”, per il quale,
all’esito della pronuncia di incostituzionalità, resa con la sentenza della Corte
Costituzionale nr. 32 del 2014, degli artt. 4- ter e 4-vicies ter della legge nr.
49/2006, è stata ripristinata la vigenza dell’art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 nel
testo anteriore alle modifiche apportate con le norme di riscontrata
incostituzionalità con la conseguente applicabilità di un trattamento sanzionatorio
più mite rispetto a quello caducato, per i più favorevoli estremi edittali di pena,
compresa tra due e sei anni di reclusione e tra euro 5.164 ed euro 77.468 di multa.
Ha quindi ritenuto di dover in concreto individuare la sanzione adeguata alle
caratteristiche del caso sulla base della considerazione, già effettuata in sede di
cognizione, della gravità oggettiva del fatto per il dato ponderale e per le modalità
di commissione, rivelatrici di un’attività organizzata e professionale per la

1

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo del

commercializzazione all’ingrosso della sostanza, da punire con sanzione adeguata e
superiore al minimo edittale.
1.1 In tal modo il giudice dell’esecuzione con argomenti specifici, logici e
pertinenti alla fattispecie concreta, ha esternato i criteri di commisurazione della
nuova sanzione che si colloca all’interno degli estremi edittali oggi vigenti,
superando il minimo edittale, senza residuino spazi per poterla considerare tuttora
illegale e per sanzionare come illogica tale rideternninazione, che del resto ricalca su
scala ridotta le determinazioni già assunte in sede di cognizione, ove la pena

sua metà, ossia ad anni nove di reclusione.
1.2 Il ricorso del tutto infondatamente oppone la violazione dell’obbligo di
attenersi al nuovo limite minimo edittale, obbligo da ritenersi insussistente alla luce
di quanto statuito da Cass. S.U., n. 42858 del 29/05/2014, P.M. in proc. Gatto, rv.
260697. Secondo tale autorevole pronuncia, “quando, successivamente alla
pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione
d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice,
incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, e quest’ultimo non è
stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in
favore del condannato pur se il provvedimento “correttivo” da adottare non è a
contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di
accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di
cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali”.
Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al
versamento di una somma alla Cassa delle Ammende, che si reputa equo
determinare in euro 1.000,00.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2015.

detentiva base era stata aumentata rispetto al minimo edittale in misura pari alla

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