Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1288 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1288 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) BIVIERA VINCENZO N. IL 20/05/1985
avverso il decreto n. 33/2008 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 04/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICI S;
lette/seetite le conclusioni del PG Dott. 0_9- ft Pti ir E 5,7-$ 1:1ì L.
GLI,
111.,+40 fihk. )1′.C.411.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 20/11/2012

GA.4 .1 12,4,0

RITENUTO IN FATTO

2. Avverso il su menzionato decreto della Corte d’appello di Reggio Calabria ha proposto ricorso per
cassazione il difensore di Biviera Vincenzo, deducendo la violazione dell’art. 606, comrna 1, lett. b),
c.p.p., con riferimento alla motivazione inesistente o meramente apparente dell’impugnato
provvedimento sotto il profilo delreccepita mancanza di attualità della pericolosità sociale: la Corte
territoriale non avrebbe tenuto conto dello stato di incensuratezza del ricorrente, della sua personalità
non incline a delinquere, della sua condotta processuale e di tutti quegli elementi favorevoli oggetto di
allegazione documentale, che avrebbero potuto determinarla ad irrogare la misura nel minino edittale,
senza imporre l’obbligo di soggiorno.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso, in quanto articolato su profili di doglianza diversi da quelli consentiti dalla legge, e
comunque manifestamente infondati, è inammissibile.
Il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione, in coerenza con la natura e la
funzione del relativo procedimento, è limitato, infatti, alla violazione di legge (art. 4, comma 11, della 1.
n. 1423/1956) e non si estende al controllo dell’iter giustificativo della decisione, a meno che questo sia
del tutto mancante, ipotesi in cui sussisterebbe comunque il vizio di violazione di legge (Sez. 6, n. 35044
del 08/03/2007, dep. 18/09/2007, Rv. 237277; Sez. 5, n. 19598 del 08/04/2010, dep. 24/05/2010, Rv.
247514).
Nel caso di specie il ricorrente, pur denunciando formalmente la violazione e l’erronea applicazione di
legge, tende in sostanza a confutare, nell’illustrazione delle doglianze, la motivazione del provvedimento
impugnato, nella chiara prospettiva di accreditare una diversa interpretazione delle circostanze di fatto
emerse e di togliere così valenza agli elementi posti alla base del giudizio di pericolosità sociale
formulato e della misura di prevenzione nei suoi confronti adottata.
Il decreto impugnato, di contro, è sorretto da un apparato argomentativo del tutto congruo e
logicamente correlato alle risultanze in atti, le quali sono state apprezzate e valutate tenendo conto dei
rilievi difensivi — nel caso di specie motivatamente disattesi — e nel pieno rispetto di un quadro di
principii esattamente interpretati ed applicati, sicché non può sotto alcun profilo parlarsi di motivazione
mancante o apparente. V’è, ancora, da considerare, alla stregua di un consolidato insegnamento
giurisprudenziale in questa Sede ormai da tempo elaborato, che ai tini dell’applicazione di misure di
prevenzione nei confronti di appartenenti ad associazioni mafiose, una volta che detta appartenenza
risulti adeguatamente dimostrata, non è necessaria alcuna particolare motivazione del giudice in punto
di attuale pericolosità, che potrebbe essere esclusa solo nel caso di recesso dall’associazione, del quale
occorrerebbe acquisire positivamente la prova (da ultimo, v. Sez. 6, n. 499 del 21/11/2008, dep.
09/01/2009, Rv. 242379): nel caso di specie, l’impugnato provvedimento non solo ha posto in rilievo,
integralmente condividendoli, i dati emergenti dalla motivazione della pronuncia di condanna
intervenuta in primo grado nei confronti del ricorrente per il delitto di cui all’art. 416-bis c.p., ma ha
1

1. Con decreto pronunciato il 14 novembre 2011 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha rigettato
l’appello proposto da Vincenzo Biviera avverso il decreto del Tribunale di Reggio Calabria in data 8
febbraio 2008, che applicava nei suoi confronti la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di
Pubblica sicurezza per la durata di anni tre, con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, la
cauzione di euro 1.500,00 e le ulteriori prescrizioni ivi contenute.

altresì osservato come nessuna prova sia stata fornita riguardo al presupposto della definitiva cessazione
del rapporto di appartenenza all’organizzazione criminale.
È infine il caso di sottolineare che la limitazione del ricorso alla sola “violazione di legge” è stata
riconosciuta dalla Corte Costituzionale non irragionevole (sent. n. 321/2004), data la peculiarità del
procedimento di prevenzione sia sul piano processuale che su quello sostanziale.

4. Alla declaratoria d’inammissibilità, conclusivamente, consegue la condanna del ricorrente al

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 11, 20 novembre 2012.

pagamento delle spese processuali e a quello di una somma, che stimasi equa determinare nella misura
di euro 1.000,00, in favore della Cassa delle ammende.

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