Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 127 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 127 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GAZZARA SANTI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VALENTI FABIO N. IL 28/02/1987
avverso l’ordinanza n. 229/2013 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 04/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANTI GAZZARA;
ly,Re/sentite le conclusioni del PG Dott. .14,-/.1,9

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Uditi difensor Avv.•
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Data Udienza: 22/11/2013

RITENUTO IN FATTO
Il Gip del Tribunale di Caltanissetta, con ordinanza del 23/5/2013,
applicava a carico di Fabio Valenti, indagato del reato di associazione a
delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, la misura cautelare della

Il Tribunale di Caltanissetta, chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di
riesame, avanzata nell’interesse del prevenuto, con ordinanza del
4/7/2013, ha confermato il mantenimento della restrizione in atto.
Propone ricorso per cassazione la difesa del Valenti, evidenziando come il
provvedimento impugnato muova da una erronea valutazione degli
elementi fattuali, che, di contro, non giustificano minimamente la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, posti dal Gip a fondamento del
l’applicazione della misura cautelare, e rileva che:
– contrariamente a quanto argomentato dal Tribunale non pare possa
configurarsi in capo al Valenti alcuna partecipazione alla associazione ex
art. 74, d.P.R. 309/90, e sul punto il decidente è incorso in evidente vizio
di motivazione, in quanto, alla luce delle intercettazioni telefoniche, non
può ritenersi che il Valenti sia partecipe alla ipotizzata associazione
criminosa;
-violazione degli artt. 192 cod.proc.pen. e 73, d.P.R. 309/90, vizio di
motivazione, visto che per tale fatto-reato, dalle risultanze investigative,
non emerge alcun dato confermativo dell’attività di spaccio attribuita al
prevenuto;
– omesso riscontro da parte del giudice del riesame alla specifica censura
con la quale si rilevava che la condotta di spaccio si sarebbe dovuta
ricomprendere nell’alveo del co. 5 dell’art. 73, d.P.R. 309/90 e, pertanto,

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custodia in carcere, poi sostituita con gli arresti domiciliari.

che la condotta associativa sarebbe da inquadrare nel co. 6 dell’art. 74,
citato decreto;
-l’ordinanza impugnata va annullata per avere confermato il
provvedimento cautelare, emesso dal Gip rispetto al capo A) della rubrica,
sulla scorta di elementi indiziari afferenti ad un fatto diverso da quello per

-vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze
cautelari, nella specie, di certo, non ravvisabili, soprattutto con
riferimento al pericolo di reiterazione criminosa in relazione al parametro
della concretezza di cui all’art. 274, lett. c), cod.proc.pen..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l’ordinanza impugnata,
permette di ritenere logica e corretta la argomentazione motivazionale,
svolta dal decidente a sostegno della conferma della misura custodiale in
atto.
Con i motivi di annullamento, in sintesi, si censura il provvedimento
gravato, eccependo la non esatta valutazione da parte del Tribunale del
materiale investigativo acquisito in atti: nessuna emergenza processuale
può fare ritenere il Valenti partecipe alla associazione criminale; nè che lo

il quale il P.M. aveva chiesto la applicazione della misura custodiale;

stesso abbia esercitato attività di spaccio. Peraltro, il giudice del riesame
ha omesso di dare compiuto riscontro giustificativo al diniego della
attenuante speciale di cui al co. 5 dell’art. 73, d.P.R. 309/90, che avrebbe
determinato l’inquadramento della condotta associativa nell’alveo del co.
6 dell’art. 74, citato decreto. Di poi, non sono ravvisabili, le esigenze
cautelari, in specie ex art. 274, lett. c), cod.proc.pen..

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Osservasi che il Tribunale evidenzia come gli elementi costituenti la
piattaforma probatoria permettono di ravvisare a carico del Valenti un
grave quadro indiziario in relazione alle imputazioni contestategli.
il decidente, infatti, rileva, a seguito di puntuale ed esaustiva analisi delle
risultanze investigative, acquisite in atti, che il prevenuto ha rivestito il
stupefacenti, ruolo occupato a pieno titolo, avendo lo stesso partecipato
alle fasi del procacciamento delle forniture di droga presso i trafficanti di
Catania; all’occultamento dello stupefacente e, soprattutto, all’attività di
spaccio, sempre operando in posizione subalterna a Filippo Gazo, il quale
della detta associazione era, senza dubbio, uno dei personaggi di
maggiore spessore.
Tali elementi hanno, anche, determinato, a giusta ragione, il giudice di
merito ad escludere la applicabilità dell’invocato co. 5, dell’art. 73, d.P.R.
309/90.
Di poi, priva di pregio è la tesi difensiva, secondo la quale nella specie non
sarebbe ravvisabile il reato ex art. 74, citato decreto, avendo lo stesso
Tribunale rilevato la esistenza di due gruppi di associati, uno maggiore e
l’altro minore ( di questo secondo faceva parte il Valenti ); elemento
questo che scardinerebbe l’ipotesi del reato associativo.
Sul punto, come esattamente rilevato nell’ordinanza impugnata, è da
ritenere configurabile la esistenza di un’unica consorteria criminosa, in
quanto il gruppo minore è subordinato ad altro di maggiore portata, che
garantisce al primo la possibilità di gestire i propri traffici; di tal chè i
componenti del predetto gruppo minore risponderanno del delitto
associativo, concernente, il gruppo egemone, ove ricorra prova adeguata,
come nel caso in esame, del contributo individuale apportato alla
realizzazione degli scopi del sodalizio.

ruolo di partecipante alla contestata associazione finalizzata al traffico di

Peraltro, con i motivi di annullamento, si tende ad una rilettura delle
emergenze processuali e in tema di impugnazione delle misure cautelari
personali il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la
violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica e i principi
di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la
circostanze esaminate dal giudice di merito ( ex multis Cass. 15/12/2008,
n. 46124).
Del pari, manifestamente infondata è la doglianza con la quale si contesta
la sussistenza delle esigenze cautelari: il decidente, con un discorso
giustificativo ineccepibile, puntualizza la ravvisabilità del pericolo di
reiterazione di reati della stessa natura, vista la professionalità dimostrata
dagli associati; il rilevantissimo giro di affari da questi gestito; la qualità e
la quantità della sostanza stupefacente trattata e il ruolo egemone,
ricoperto dalla consorteria criminosa nella realtà locale di Agira, tutti
elementi che elevano in modo esponenziale la pericolosità del Valenti, al
quale, per il ruolo subordinato ricoperto nell’associazione, a giusta
ragione, è stata ritenuta adeguata la applicazione della misura degli
arresti domiciliari e il mantenimento della stessa.
Tenuto conto della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte
Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il

ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle

Valenti abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art.
616 cod.proc.pen. deve essere, altresì, condannato al versamento di una
somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in
ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.

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P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro
1.000,00.

Così deciso in Roma il 22/11/2013.

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