Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1267 del 20/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 1267 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

Data Udienza: 20/11/2012

SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di:
1. Mariotti Fernando, nato a Torrevecchia Teatina il 7-3-54;
2. Di Pietrantonio Camillo, nato a Lettomanopello il 30-10-58;
3. Jamaly Mohamed, nato in Marocco il 16-6-65;
4. Errahali Abdelali, nato in Marocco 1’1-1-73,
avverso la sentenza in data 10-11-10 della Corte di Appello di L’Aquila.
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed i ricorsi.
Udita la relazione fatta dal Consigliere, dott. Vincenzo Rotundo.
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, dott. Vito D’Ambrosio, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
limitatamente alla pena per Di Pietrantonio, per il rigetto del ricorso del Mariotti e
per l’inammissibilità dei ricorsi di Jatnaly e Errahali.
Udito l’avv. Vittorio Supino, che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
FATTO
. . Con sentenza in data 9-7-07 il Tribunale di Chieti ha condannato:
• Mariotti Fernando alla pena di anni dieci di reclusione ed euro trentottomila
di multa per i reati di cui agli artt. 110 c.p. e 73 DPR 309/90, a lui ascritti ai
capi D), E), G), II) ed I), riuniti dal vincolo della continuazione, previa
concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante.
• Di Pietrantonio Camillo alla pena di anni sette di reclusione ed euro
trentamila di multa per il reato di cui agli artt. 110 c.p. e 73 DPR 309/90, a
lui ascritto al capo D), unificato dal vincolo della continuazione con il reato
giudicato con sentenza del GUP di Genova in data 23-3-01 (irrevocabile il
29-11-02), ritenuto più grave il reato sub D) e previa concessione delle
attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante.
• Jamaly Mohamed alla pena di anni sette di reclusione ed euro
ventisettemila di multa per i reati di i agli arti 110 c.p. e 73 DPR 309/90, a
lui ascritti ai capi B) ed 1), riuniti dal vincolo della continuazione, previa
concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata
aggravante.
• Errahali Abdelali alla pena di anni sette di reclusione ed euro trentamila di
multa per i reati di cui agli arti 110 c.p. e 73 DPR 309/90, a lui ascritti ai
capi D) ed E), riuniti dal vincolo della continuazione, previa concessione
delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante.
Tutti gli imputati sono stati altresì dichiarati interdetti dai pubblici uffici in perpetuo
ed in stato di interdizione legale durante la esecuzione della pena.
************

1

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di L’Aquila, in data 10-1110, in parziale riforma della predetta sentenza del 9-7-07, concesse al Mariotti le
attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, esclusa per Di
Pietrantonio e Jamaly la contesta aggravante, ha rideterminato la pena per il
Mariotti in anni sette di reclusione ed euro trentacinquemila di multa, per Jamaly in
anni cinque di reclusione ed euro trentamila di multa, per Errahali in anni sei di
reclusione ed euro ventottomila di multa e per Di Pietrantonio, ritenuto più grave il
reato giudicato con sentenza del GUP di Genova in data 23-3-01, in complessivi
anni cinque di reclusione ed curo trentacinquemila di multa, confermando nel resto.
2 .-. Avverso quest’ultima sentenza del 10-11-10 hanno proposto ricorso per
cassazione, tramite i rispettivi difensori, Mariotti Fernando, Di Pietrantonio
Camillo, Jamaly Mohamed e Errahali Abdelali, chiedendone l’annullamento.
3 .-. Mariotti Fernando deduce:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata assunzione di
prove decisive, e cioè per la omissione della acquisizione delle
conversazioni intercettate nella forma della perizia, con conseguente
inutilizzabilità. Si sostiene che la responsabilità di esso imputato sarebbe
stata sostanzialmente basata unicamente sulle deposizioni degli agenti e
degli ufficiali di polizia giudiziaria che avevano proceduto alle
intercettazioni telefoniche, senza procedere alla necessaria trascrizione
mediante apposita perizia di dette registrazioni. Si tratterebbe di una
metodologia non consentita che avrebbe determinato la inutilizzabilità
dell’intero “pacchetto intercettazioni”, che aveva costituito la prova
principale a carico del Mariotti.
2. Violazione dell’art. 606, lett. B) e C), c.p.p. per la omessa pronuncia in
ordine alla richiesta di patteggiamento. Si sottolinea che il Mariotti aveva
reiterato in sede dibattimentale (udienza 6-4-06) la richiesta di applicazione
della pena ex art. 444 c.p.p., da lui avanzata nel corso dell’udienza
preliminare e in ordine alla quale il P.M. non aveva a suo tempo espresso il
suo consenso. Il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sulla richiesta,
limitandosi a dare atto del mancato consenso del P.M. per poi passare
immediatamente alla successiva fase di ammissione delle prove. Della
richiesta di patteggiamento e della sua sorte non vi sarebbe traccia neppure
in sentenza. Anche la Corte di Appello di L’Aquila avrebbe omesso di
pronunciarsi su tale eccezione, essendosi limitata a rilevare che l’art. 448
c.p.p. imponeva al Giudice di pronunciarsi sulla richiesta di applicazione
della pena solo se, dopo la chiusura del dibattimento, avesse ritenuto
ingiustificato il dissenso del Pubblico Ministero e non quando, come nella
specie, il dissenso dell’organo requirente sia stato evidentemente
considerato legittimo.
3. Manifesta illogicità della motivazione, là dove, pur in presenza di una
sentenza di assoluzione dal reato associativo di cui al capo A) della rubrica,
sarebbe stata riproposta la appartenenza di esso Mariotti al sodalizio
criminale, definendolo “elemento di spicco della attività criminale”.
4. Violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla entità della
pena inflitta, ritenuta eccessiva, ed al mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche in termini di prevalenza sulla contestata aggravante.
4 . . Di Pietrantonio Camillo denuncia in primo luogo la violazione del divieto di
reformatio in peius, in quanto la Corte di merito, in assenza di impugnazione del
P.M., avrebbe assunto come pena-base ai fini del calcolo della pena finale quella di
anni 5 di reclusione ed euro trentacinquemila di multa, superiore a quella applicata
dal Tribunale, che aveva fissato la pena pecuniaria in curo trentamila.
Le residue censure prospettate nell’interesse del Di Pietrantonio sono del tutto
analoghe a quelle illustrate nel punto che precede e segnatamente al primo ed al
secondo motivo del ricorso del Mariotti.

2

Con un ultimo motivo di ricorso il Di Pietrantonio lamenta mancanza di
motivazione in punto di affermazione della sua responsabilità, che sarebbe stata
basata unicamente sulle risultanze già oggetto di giudizio innanzi al GUP di
Genova. A parte il fatto che l’aumento di pena inflitto per il delitto oggetto
dell’attuale processo sarebbe del tutto sproporzionato rispetto alla sanzione-base
fissata in quel giudizio.
5 . . Jamaly Mohamed impugna la sentenza resa dalla Corte di Appello di L’Aquila
in data 10-11-10 unitamente a “tutte le ordinanze dibattimentali”, denunciando: il
mancato accoglimento della eccezione di incompetenza territoriale della Autorità
Giudiziaria di Chieti a favore della Autorità Giudiziaria di Ventimiglia; la sua
mancata rituale citazione nei due gradi di giudizio; il mancato ricevimento da parte
sua dell’estratto contumaciale della sentenza di secondo grado.
6 . . Errahali Abdelali deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
riferimento alla ritenuta sussistenza della aggravante dell’ingente quantità di cui
all’art. 80 DPR 309/90, che, a suo avviso, avrebbe dovuto essere esclusa quanto
meno in riferimento al reato di cui al capo D), posto che per tale reato l’aggravante
era stata ritenuta insussistente nei riguardi del coimputato Di Pietrantonio Camillo.
Il ricorrente denuncia gli stessi vizi in riferimento al reato di cui al capo E), per il
quale non sarebbero stati indicati gli elementi in base ai quali era stato affermato il
suo coinvolgimento e non sarebbero state spiegate le ragione per le quali era stata
ravvisata la aggravante della ingente quantità.

DIRITTO
7 .-.11 ricorso di Mariotti Fernando è infondato.
Questa Corte ha reiteratamente affermato che in tema di intercettazioni telefoniche,
persino nel caso in cui sia contestata l’identificazione delle persone colloquianti, il
Giudice non deve necessariamente disporre una perizia fonica, ma può utilizzare ai
tini della decisione le dichiarazioni dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria che
hanno riferito sul riconoscimento delle voci di taluni imputati (v. da ultimo: Sez. 6,
Sentenza n. 18453 del 28/02/2012, Rv. 252712, Cataldo).
A parte il fatto che nel caso in esame la responsabilità del Mariotti non è stata
basata esclusivamente sulle conversazioni intercettate e sulle deposizioni degli
agenti e degli ufficiali di polizia giudiziaria che avevano proceduto alle captazioni,
avendo i Giudici di merito sottolineato che l’imputato aveva ammesso gli addebiti.
Ne discende la infondatezza del primo motivo di ricorso.
Alle medesime conclusioni deve pervenirsi in riferimento al secondo ordine di
censure formulato nell’interesse del Mariotti. Infatti secondo l’orientamento
costante della giurisprudenza di legittimità, il Giudice non è tenuto, all’esito del
dibattimento, ad enunciare specificamente le ragioni per le quali ritiene giustificato
il dissenso del P.M. sulla richiesta predibattimentale di applicazione della pena,
sussistendo un obbligo di specifica motivazione solo quando, al contrario, ritenga
tale dissenso ingiustificato applicando la sanzione (Sez. 3, Sentenza n. 12002 del
15/02/2011, Rv. 249679, Monti Beni; Sez. 6, Sentenza n. 42374 del 23/10/2009,
Rv. 245005, D’Angelo).
Infine la Corte di Appello si è limitata a sottolineare che il Mariotti era senz’altro
un “elemento di spicco” nella attività delinquenziale oggetto del procedimento e
tale affermazione non contrasta in alcun modo con la intervenuta assoluzione del
predetto dal reato associativo contestato sub A), non comportando affatto la
riproposizione della sua appartenenza al sodalizio criminale.
L’ultimo motivo di ricorso è anch’esso privo di fondamento, in quanto con esso si
censura un punto della decisione, quale la commisurazione della pena, che è
rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, come tale sottratta al
sindacato di legittimità, ove —come appunto nel caso di specie— corredata di una
motivazione riconducibile ai canoni di cui all’art. 133 cp. e idonea a far emergere la
ragione della concreta scelta operata. I rilievi relativi al diniego delle attenuanti
generiche in termini di prevalenza sulle contestate aggravanti si traducono in

3

-

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi di Mariotti Fernando e Di Pietrantonio Camino e dichiara
inammissibili i ricorsi di Jarnaly Mohamed e Errahali Abdelati e condanna i
ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché lo Jamaly e l’Errahali al
versamento di mille euro ciascuno alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in data 20-11-2012.

allegazioni di mero fatto, con le quali viene censurato il potere discrezionale del
giudice di merito pur adeguatamente motivato, nonché carenti della richiesta
specificità là dove si lamenta la mancata considerazione di elementi favorevoli
all’imputato semplicemente enunciati, senza alcuna indicazione della loro decisiva
rilevanza.
************
Come si è visto, le censure prospettate nell’interesse del Di Pietrantonio sono in
massima parte del tutto analoghe a quelle del Mariotti. Anch’esse appaiono quindi
prive di fondamento.
Quanto alla asserita violazione del divieto di reformatio in peius, si tratta di
doglianza del tutto infondata, posto che la Corte di merito, ha precisato che il delitto
di cui al capo D) al Mariotti ascritto nel presente processo (trasporto di 3,75 e di
2,15 chili di hashish) doveva ritenersi meno grave rispetto al reato già giudicato con
sentenza definitiva (trasporto di 324 kg di hashish), per il quale all’imputato era
stata inflitta, in sede di giudizio abbreviato, la pena di anni tre, mesi quattro di
reclusione ed euro 30.987,41 di multa, sicché, dovendosi per tale delitto sub D),
previa esclusione della contestata aggravante, operare l’aumento in continuazione
di anni uno e mesi otto di reclusione ed euro quattromila di multa, si perveniva alla
pena complessiva di anni cinque di reclusione ed euro trentacinquemila di multa.
Come si vede, si tratta di calcolo correttamente determinato e nessuna violazione
dell’art. 597 c.p.p. è nel caso in esame ravvisabile.
8 . . Il ricorso di Jamaly Mohamed è inammissibile per difetto di specificità, atteso
che la censure sono formulate in modo del tutto apodittico ed assertivo, oltre che
astratto e stereotipato, senza alcuna illustrazione concreta delle doglianze a cui la
motivazione della sentenza impugnata avrebbe omesso di rispondere.
Il ricorso di Effahali Abdelali è manifestamente infondato, posto che correttamente
la Corte di merito ha rilevato che centinaia di chili di hashish, riscontrati dalla
Polizia Giudiziaria attraverso l’arresto del Verrocchio e del Di Pietrantonio,
rappresentavano un dato ponderale eccezionale, sicuramente idoneo a consentire
una elevata diffusione della sostanza stupefacente da immettere sul mercato sì da
mettere in pericolo la salute di un numero altissimo di potenziali consumatori. Le
residue censure si sostanziano in doglianze non consentite in sede di giudizio di
legittimità, in quanto attengono alla valutazione della prova, che rientra nella
facoltà esclusiva del Giudice di merito e non può essere posta in questione in sede
di giudizio di legittimità quando fondata su motivazione congrua e non
manifestamente illogica. Nel caso di specie, i Giudici di Appello hanno preso in
esame tutte le deduzioni difensive e sono pervenuti alla decisione impugnata
attraverso un esame completo ed approfondito delle risultanze processuali, in
nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logica.
9 . . Il rigetto dei ricorsi di Mariotti Fernando e Di Pietrantonio Camillo e la
dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi di Jamaly Mohamed e Errahali Abdelali
comportano la condanna di tutti i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
dello Jamaly e dell’Errahali al versamento di mille euro ciascuno alla Cassa delle
Ammende.

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