Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1252 del 20/11/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1252 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RATTA’ GIOVANNI N. IL 23/11/1977
avverso la sentenza n. 795/2011 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 16/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
Data Udienza: 20/11/2015
RILEVATO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, in parziale riforma di quella di primo grado,
RATTA’ GIOVANNI era condannato per il reati di minaccia grave alla pena di C 50
di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, avv. Pietro Pitari, deducendo vizio di motivazione e violazione di
particolare dell’attendibilità della persona offesa, in considerazione delle ragioni
di acrimonia verso l’imputato e delle deposizioni degli altri testi presenti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, poiché il giudizio sulla rilevanza ed
attendibilità delle fonti di prova è devoluto insindacabilmente ai giudici di merito
e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio libero convincimento, con
riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori, piuttosto che ad
altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando non
sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di
legittimità della Corte Suprema; nel caso di specie non è illogica la valutazione di
attendibilità del giudice d’appello in ordine alle dichiarazioni delle persone offesa,
alle quali, occorre ricordare, non si applicano le regole dettate dall’art. 192,
comma 3, cod. proc. pen., potendo essere legittimamente poste da sole a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica rigorosa, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. U, n. 41461 del
19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214); in particolare, il giudice di appello ha
ritenuto dotata di linearità e credibilità la versione della persona offesa, anche
perché confortata dal rinvenimento di una mazza da baseball all’interno
dell’abitacolo della vettura in uso l’imputato e non nel cofano;
– che pertanto la doglianza, al di là della rubrica, si risolve in censure di fatto,
che contrappongono un alternativo apprezzamento alla valutazione operata dei
giudici di merito, finendo con il richiedere alla Corte di legittimità di prendere
posizione tra le diverse letture dei fatti; sotto questo profilo va ribadito che la
Corte di cassazione non ha il compito di trarre valutazioni autonome dalle prove
o dalle fonti di prova, e pertanto non si può addentrare nell’esame del contenuto
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legge processuale, in relazione all’erronea valutazione delle prove ed in
documentale delle stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato,
poiché in sede di legittimità è l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi
di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato che è
sottoposta al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la
rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della
completezza espositiva (Sez. 6, n. 28703 del 20/04/2012, Bonavota, Rv.
253227);
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2015
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– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui