Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1244 del 20/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1244 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PAGANO ROSANNA ANTONELLA N. IL 20/12/1961
avverso la sentenza n. 538/2008 TRIBUNALE di FORLI’, del
22/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 20/11/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, confermativa di quella di primo grado, PAGANO
ROSANNA ANTONELLA fu ritenuta responsabile dei delitto di lesioni volontarie ed
ingiuria, e condannata alla pena di € 1000 di multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputata, avv. Alessandro Pinzari, con il quale si deduce violazione di legge e

riferimento alle deposizioni dei testi a discarico Casali e Valtancoli, anche in
ordine alla ricorrenza dell’esimente della reciprocità delle offese; inoltre si
deduce omessa valutazione critica delle dichiarazioni delle persone offese e della
teste Ruscelli, per essere le prime portatrici di pretese economiche rappresentate
dalla costituzione di parte civile, e per le dichiarazioni fantasiose della seconda,
ad esempio in relazione all’altezza del figlio dell’imputata;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile poiché il primo motivo, al di là della
rubrica, si risolve in censure di fatto, che contrappongono un alternativo
apprezzamento alla valutazione operata dei giudici di merito, finendo con il
richiedere alla Corte di legittimità di prendere posizione tra le diverse letture dei
fatti. Indice sintomatico di tale intento è generico richiamo di passaggi della
deposizione dei testi Casali e Ruscelli, senza che ne sia però denunciare alcun
travisamento; sotto questo profilo va ribadito che la Corte di cassazione non ha il
compito di trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, e
pertanto non si può addentrare nell’esame del contenuto documentale delle
stesse, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato e, tanto meno, se
contenute in un atto di parte, poiché in sede di legittimità è l’argomentazione
critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel
provvedimento impugnato che è sottoposta al controllo del giudice di legittimità,
al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del
diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 28703 del
20/04/2012, Bonavota, Rv. 253227);
– che non può formare oggetto di ricorso per Cassazione la valutazione di
contrasti testimoniali, la scelta tra divergenti versioni ed interpretazioni dei fatti
e l’indagine sull’attendibilità dei testimoni, salvo il controllo sulla congruità e
logicità della motivazione adottata dal giudice di merito, che, nella fattispecie,
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vizio di motivazione in relazione alla valutazione della prova, con particolare

appare coerente e logica (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362);
infatti il giudizio sulla rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova è devoluto
insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere
al proprio libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni
elementi probatori, piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità
degli assunti difensivi, quando non sia fatta con affermazioni apodittiche o
illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della Corte Suprema;

giudice d’appello in ordine alle dichiarazioni delle persone offesa, alle quali,
occorre ricordare, non si applicano le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod.
proc. pen., potendo essere legittimamente poste da sole a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica rigorosa,
corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012,
Bell’Arte, Rv. 253214); in particolare, il giudice di appello ha correttamente
rilevato che, oltre alla documentazione medica in atti, il racconto delle parti civili
è riscontrato dai testi terzi che hanno assistito alla vicenda;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle assa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2015
Il conI, e stensore

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p sidente

– che nel caso di specie non è illogica la valutazione di attendibilità del

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