Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1237 del 20/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1237 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SHELQETJA NIKOLIN N. IL 06/01/1979
avverso la sentenza n. 2045/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
13/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 20/11/2015

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado,
SHELQETIA NIKOLIN fu condannato alla pena di giustizia per i delitti di furto
pluriaggravato della somma di C 250 all’interno degli uffici della società “Airone
cooperativa sociale onlus” e tentato furto pluriaggravato all’interno del
capannone della ditta “Tecnoauto”, in concorso con un complice, con le
aggravanti della violenza sulle cose e da parte di persona travisata, per aver

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, avv. Giovanni Fedeli, con il quale si deduce vizio di motivazione in
relazione all’affermazione di responsabilità per entrambi i reati, poiché la Corte
territoriale non ha valutato la possibilità che, quanto al secondo episodio,
l’imputato fosse semplicemente in compagnia di un conoscente occasionale,
ignaro di quanto quest’ultimo andava commettendo all’interno dell’azienda
Tecnoauto e, quanto al primo episodio, che il rinvenimento di un portamonete
compendio di furto non dimostra la partecipazione al reato, anche perché in sede
di perquisizione domiciliare nulla è stato rinvenuto presso il suo domicilio;
– che con due ulteriori motivi si contesta l’aggravante del travisamento, poiché in
realtà l’imputato indossava un cappuccio per proteggersi dal freddo e si censura
la mancata applicazione dell’attenuante della speciale tenuità del danno, poiché il
furto ha avuto ad oggetto il valore di C 850, somma restituita, mentre il danno
patrimoniale dovuto al danneggiamento della serratura della porta del
capannone è stato estremamente limitato;
– che con un quarto motivo si censura il mancato riconoscimento delle attenuanti
generiche, poiché il giudice non ha esaminato tutti parametri di cui all’articolo
133 cod. pen., così trascurando che l’imputato è gravato da un unico precedente
penale, che il danno patrimoniale è stato estremamente lieve, che i fatti non
sono gravi, che l’imputato ha tenuto un buon comportamento processuale,
consistito nel rendere dichiarazioni spontanee;
– che infine con un quinto motivo si deduce l’eccessività della pena irrogata in
continuazione;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per genericità, poiché si limita a
riproporre tutte le doglianze difensive già offerte alla Corte d’appello e giudicate
infondata, in tal modo venendo meno in radice la tipica funzione di una critica
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indossato un passamontagna;

argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del
11/03/2009, Arnone, Rv. 243838; Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv.
253849); infatti il provvedimento formalmente impugnato, lungi dall’essere
destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato (Sez. 6,
n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, in motivazione);
– infatti in sentenza si precisa che:
a) l’imputato è stato arrestato in flagranza del tentato furto ed è stato trovato in
possesso del portamonete contenente il denaro sottratto nel furto consumato;

spontanee sono state del tutto generiche, limitandosi imputato attribuire la
responsabilità al complice, senza neanche indicarne l’identità, e soprattutto non
ha chiarito le ragioni per cui si trovava all’interno dell’azienda Tecnoauto, dopo
aver scavalcato la recinzione dell’insediamento, né le ragioni per le quali era in
possesso del borsellino sottratto nella cooperativa Airone;
c) quanto all’aggravante, gli agenti operanti hanno chiaramente riportato che il
soggetto indossava un passamontagna, di colore blu, poi sequestrato, per cui
l’affermazione di indossare un cappuccio è evidentemente generica;
d) che l’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen. è stata negata con
motivazione logica, poiché è stato considerato rilevante il valore di 850€, anche
alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale
l’attenuante in parola implica un danno patrimoniale subìto dalla parte offesa,
come conseguenza diretta e immediata del reato, di valore economico pressoché
irrilevante (Sez. 2, n. 15576 del 20/12/2012 – dep. 04/04/2013, Mbaye, Rv.
255791) e che tale non può certamente considerarsi il valore di 850€ (oltre il
danno derivante dal danneggiamento);
e) che anche il diniego delle attenuanti generiche e, in generale, il trattamento
sanzionatorio, compreso l’aumento per la continuazione, è stato congruamente
motivato in considerazione dell’oggettiva gravità dei fatti (caratterizzati dall’uso
di una vettura e di targhe rubate; dalla commissione del fatto in tempo di notte;
dalla reiterazione delle condotte criminose in un brevissimo spazio temporale;
dall’assoluta assenza di un qualsiasi segnale di ravvedimento) con una pena del
tutto adeguata alla vicenda, nella quale l’aumento per la continuazione è stato
contenuto in un mese di reclusione € 50 di multa;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;

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b) che a fronte di prove così evidenti, le difese rese in sede di dichiarazioni

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2015
Il presider e

Il consigliere estensore

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