Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1230 del 15/11/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 1230 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricgorso proposto da:
1) FACCIORUSSO MATTEO N. IL 17/03/1961
avver so l’ordinanza n. 567/2012 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
07/05 /2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
SANTALUCIA;
—lcue/Sentite le conclusioni del PG Dott.
S) ,
CL.)

Udit idifensor Avv.;

Data Udienza: 15/11/2012

RITENUTO IN FATTO
Il Trib naie del riesame di Bari ha confermato l’ordinanza del 5 aprile 2012 del giudice
per le indagi i preliminari di quello stesso Tribunale con cui è stata applicata a Matteo
Facciorusso l

misura coercitiva della custodia cautelare in carcere per il reato di concorso,

unitamente a figlio Nicola, nell’estorsione di Fabio Rosario Biondo, contitolare della ditta Play
and Win, costretto a consegnare la somma di C da 700,00 a C 900,00, per un ammontare
complessivo non inferiore a C 18000,00.

motivazione, al provvedimento applicativo della misura, di cui ha condiviso la ricostruzione in
fatto e le ar gomentazioni in diritto; ha quindi evidenziato che In base ai risultati delle
intercettazion i ambientali, delle assunzioni di informazioni e dei servizi di osservazione di
polizia giudizi aria emergono gravi indizi di colpevolezza, non contestati dalla difesa, e che
conducono ac; affermare che Matteo Facciorusso cooperava con il figlio Nicola nell’attività
estorsiva nei Confronti di Fabio Rosario Biondo, costretto a pagare una somma di denaro per
poter esercitare la sua attività lavorativa.
L’intera condotta estorsiva è stata attuata con metodo mafioso: la persona offesa ha
riferito che il proprietario di un bar, in cui vi era una slot machine da lui collocata, gli aveva
detto che il Facciorusso aveva perso una somma di denaro prestatagli e che era opportuno
risolvere la q i. estione, come espressamente gli era stato confermato da Nicola Facciorusso nel
corso di un co loquio diretto e riservato.
Quest9Itimo disse poi alla persona offesa che, se voleva lavorare in tranquillità e
proseguire serliza problemi nella sua attività di noleggiatore di slot machines in quella zona,
Monte Sant’Arligelo, doveva versargli la somma mensile pari al 30% del guadagno lordo, in
relazione ai tile bar con cui aveva concluso i contratti. E fu per queste parole che la persona
offesa si determinò a versare quanto richiesto, provvedendo poi a consegnare il denaro a
Matteo Facciorlusso, una volta che Nicola Facciorusso fu arrestato.
Quanto all’aspetto del collegamento con il clan Li Bergolis, il Tribunale del riesame ha
fatto richiamo al contenuto della conversazione, oggetto di intercettazione ambientale del 18
novembre 2010 tra Nicola e Matteo Facciorusso con Antonietta Simone, durante la quale il
Nicola riferiva ai congiunti di aver contattato Armando Li Bergolis, capo dell’omonimo clan
mafioso, ristr4to nella stesso istituto penitenziario, e che questi gli aveva raccomandato di non
litigare con gli altri detenuti, mandando i propri saluti a Matteo.
Avversi l’ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.to Chiarello,
Matteo Facciorsso, deducendo:
violazio -ie di legge e difetto di motivazione in riferimento al giudizio di sussistenza della
circostanza ageavante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, che ha comportato l’automatismo
cautelare di cUi all’art. 275 comma 3 c.p.p. La circostanza è stata contestata in relazione
all’uso del c.d metodo mafioso, ma dagli elementi in atti non emerge la provenienza e/o
riconducibilità della pretesa asseritamente estorsiva ad una, reale o presunta, compagine
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Prelimiarmente il Tribunale ha fatto richiamo, per semplificazione dell’onere di

associativa d stampo mafioso; né la spendita del nome di alcun associato o di un intero
gruppo. Nel caso di specie fa difetto, sia nella contestazione che nelle risultanze degli
accertamenti, un univoco collegamento tra Nicola Facciorusso, di cui non constano sentenze di
condanna pe( la partecipazione a qualsivoglia associazione di tipo mafioso, e la forza
intimidatrice (MI sodalizio criminale Li Bergolis, ovvero al potere di pressione di un gruppo,
riconducibile i requisiti di cui al’art. 416 bis c.p. Non è sufficiente ad integrare la circostanza
aggravante cne Nicola Facciorusso (e non anche il padre Matteo) abbia detto alla vittima

collegamento contesti di criminalità organizzata o la caratura mafiosa degli autori del fatto,
occorrendo, i vece, l’effettivo utilizzo del metodo mafioso. Né assumono rilievo, in tale
prospettiva, i ugaci contatti tra Nicola Facciorusso e Armando Li Bergolis all’interno della casa
circondariale i Foggia.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso, che denuncia vizi soltanto in riferimento al giudizio di sussistenza della
circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991, è fondato, per le ragioni che di
seguito si espdngono.
opportuno chiarire preliminarmente che, come di recente affermato da questa Corte,
“la contestazidne di entrambi i profili che caratterizzano l’aggravante speciale di cui all’art. 7
d.l. n. 152 del 1991, conv. in legge n. 203 del 1991, quali l’utilizzo del metodo mafioso o la
finalità di ageVolazione mafiosa, non è illegittima, perché in presenza di condotte delittuose

p

complesse e a erte all’una o all’altra modalità operativa o anche ad entrambe, essa amplia e
non riduce le prerogative difensive” – Sez. 1, n. 11742 del 17/11/2011 – dep. 29/03/2012,
Buono, Rv. 25275 Nel caso di specie, infatti, la circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l.
n. 152 del 19191 è stata apprezzata per entrambi i profili, oggettivo e soggettivo, ma le
motivazioni pote a fondamento del giudizio di sussistenza dell’aggravante sono carenti.
L’uso del c.d. metodo mafioso è stato individuato nella commissione dell’intera
condotta, sin dal modo con cui la vittima fu avvicinata e per le espressioni da Nicola
Facciorusso utilizzate nel colloquio con la vittima, che fu invitata a corrispondere il denaro
richiesto in modo da non aver problemi nella prosecuzione dell’attività commerciale, problemi
che sarebbero Istati appunto evitati e risolti da Nicola Facciorusso, che a Monte S. Angelo era
considerato uonlo di rispetto. I dati di fatto evidenziati dall’ordinanza impugnata e ora riassunti
non sono però ufficienti, nel tessuto argomentativo in cui sono stati collocati, a dare conto del
c.d. metodo mefioso. è bene rammentare che “ai fini della configurabilità della circostanza
aggravante è necessario l’effettivo ricorso al metodo mafioso, il quale deve essersi
concretizzato in un comportamento oggettivamente idoneo ad esercitare sulle vittime del reato
la particolare Coartazione psicologica evocata dalla norma menzionata e non può essere
desunto dalla nera reazione delle stesse vittime alla condotta tenuta dall’agente – Sez. 6, n.
28017 del 26/05/2011 – dep. 15/07/2011, Mitidieri, Rv. 250541). Occorre, allora, che la
condotta si connoti per il ricorso ad un metodo capace di potenziare la forza di coazione che
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dell’estorsionel di essere considerato un “uomo di rispetto”, perché a tal fine non basta il mero

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
i O GENI 2f113
Roma, lì
già qualifica qualunque altra condotta che debba dirsi estorsiva. La prospettazione di un male
futuro (i problemi sul lavoro…) evitabile attraverso la soggezione alla richiesta di denaro è un
dato che caratterizza il fatto estorsivo anche nella forma non aggravata; non è neppure
sufficiente, per giustificare la sussistenza della circostanza aggravante de qua, il riferimento
all’essere considerato “uomo di rispetto”, perché esso è sì elemento che evoca l’esistenza di un
contesto di criminalità mafiosa, ma non è da solo sufficiente a fare avvertire, al di là di quel
che può essere la reazione soggettiva della vittima, il peso della presenza di una consorteria

Per quel che poi attiene al profilo soggettivo della circostanza aggravante, l’ordinanza
impugnata, richiamati i dati processuali che attestano l’esistenza dell’associazione di tipo
mafioso denominata “clan Li Bergolis”, ha affidato la giustificazione della finalità di
agevolazione mafiosa al fatto che Armando Li Bergolis, capo dell’omonimo clan, mandò dal
carcere i suoi saluti a Matteo Facciorusso e raccomandò a Nicola Facciorusso di non litigare con
gli altri detenuti; oltre che all’argomento, meramente logico, dell’inverosimiglianza della tesi
che un’azione estorsiva possa essere condotta isolatamente in un territorio controllato
criminalmente da un gruppo mafioso. Tale ultimo elemento non può che essere di mero
contorno nell’economia di una motivazione sufficiente, appunto perché non ha un fondamento
di fatto e si sviluppa interamente sul piano della plausibilità dell’argomentazione presuntiva. Il
dato che, invece, dovrebbe avere maggiore consistenza è quello che evoca collegamenti diretti
tra il capo della consorteria mafiosa e Matteo e Nicola Facciorusso; esso è però equivoco,
perché non pane, almeno per come è ricostruito nell’ordinanza impugnata, nelle condizioni di
distinguere la mera conoscenza personale da una cointeressenza che possa far dire che la
condotta estorsiva imputabile a Matteo e Nicola Facciorusso sia stata finalizzata
all’agevolazione della consorteria del Li Bergolis.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio, per dar modo al
giudice del merito cautelare di riesaminare la vicenda alla luce del principio di diritto sopra
indicato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame limitatamente all’aggravante di cui
all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 al Tribunale di Bari.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso, il 15 novembre 2012
Il Presidente

mafiosa, di cui si intenda spendere la carica intimidatrice.

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