Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12219 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 12219 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OCCHIUTO ANTONINO N. IL 10/08/1969
avverso l’ordinanza n. 1/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
04/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
lette/septittle conclusioni del PG Dott. 4-r-od etnoui A galuum

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/12/2013

t
4.

Propone ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, Occhiuto Antonino avverso la ordinanza
della Corte di appello di Torino, in data 4 gennaio 2013, con la quale è stata dichiarata
inammissibile la ricusazione proposta nei confronti dei giudici del Tribunale di Torino, sez. V°
penale, dott.ri Trovati, Minacci e Salvatori.
La dichiarazione era fondata sulla ipotesi di cui all’art. 37 comma 1 lett. b) cpp, ossia per
avere, i predetti giudici, nell’esercizio delle loro funzioni e prima che fosse pronunciata la
sentenza, manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto della
imputazione.
Tale indebita manifestazione si sarebbe avuta in occasione della emissione di ordinanza di
rigetto di istanza de libertate: una istanza che era stata basata sulla prospettazione di
attenuazione delle esigenze cautelari e che, viceversa, era stata respinta con una motivazione
per nulla necessaria e dunque indebitamente anticipatoria della decisione finale del processo:
quella sulla ravvisabilità del metodo mafioso.
La Corte di appello ha ritenuto la motivazione in questione del tutto correlata alla istanza.
Deduce, il ricorrente, la erronea applicazione della legge penale.
Il Tribunale di Torino, diversamente da quanto ritenuto dal giudice a quo, era stato investito
del solo tema delle esigenze cautelari, in relazione a misura coercitiva, emessa con riferimento
alla contestazione provvisoria ex art. 416 bis cp. Ciò nonostante, si era espresso sulla
ravvisabilità di un metodo mafioso che da un lato non rientrava nel perimetro della decisione
sollecitatagli e, per altro verso, anticipava la sentenza conclusiva del grado.
Invero, la difesa non aveva contestato la ravvisabilità del metodo mafioso ma si era limitata a
portare a conoscenza del giudice di Torino il fatto obiettivo dell’avere, la Cassazione, con
sentenza emessa nell’incidente cautelare promosso da un coindagato, annullato senza rinvio
per la mancata dimostrazione del metodo mafioso nelle condotte in esame.
Oltretutto, l’effetto della sentenza della Cassazione avrebbe potuto essere agevolmente
neutralizzato invocando la autonomia del procedimento incidentale nel quale era stata emessa.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso per
manifesta infondatezza.
Il ricorso è infondato.
La giurisprudenza di legittimità è unanime, quantomeno a partire dall’intervento delle SSUU del
2005, nel sostenere che, in tema di ricusazione, il carattere indebito della manifestazione del
convincimento del giudice sui fatti oggetto dell’imputazione richiede che l’esternazione venga
espressa senza alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio
delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale.
Ha infatti osservato, il supremo consesso, che l’indebita manifestazione del convincimento da
parte del giudice, espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche
nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice
abbia anticipato la valutazione sul merito della “res iudicanda”, ovvero sulla colpevolezza
dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze
procedimentali, nonchè quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di
merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato
( Sez. U, Sentenza n. 41263 del 27/09/2005 Cc. (dep. 15/11/2005 ) Rv. 232067).
1

FATTO E DIRITTO

Nel caso di specie, proprio alla luce di tali principi va risolta la questione posta nel ricorso
atteso che, come rilevato correttamente dal Procuratore generale, nel provvedimento qui
impugnato, la Corte territoriale ha razionalmente escluso, ed in termini di assoluta evidenza,
che la valutazione, da parte del Tribunale, in ordine alla ravvisabilità del metodo mafioso,
costituente oltretutto un connotato di una delle imputazioni che sostenevano la misura
cautelare-e cioè il reato-fine di estorsione- fosse estranea ed al di fuori di qualsiasi
collegamento con il tema sottopostole dalla difesa.
Al contrario, appare condivisibile l’osservazione della Corte territoriale secondo cui era del tutto
conferente soffermarsi sul metodo mafioso per rispondere ad un’istanza di libertate che mirava
ad ottenere la revoca della misura cautelare emessa con riferimento alla contestazione, tra
l’altro, del reato di cui all’articolo 416 bis cp, sul presupposto che una parallela e coeva
sentenza della Corte di cassazione avesse annullato senza rinvio la misura cautelare nei
confronti di un co- indagato, non ritenendo sussistenti gli indizi del reato di cui all’articolo 416
bis.
In altri termini, appare del tutto logica l’osservazione della Corte territoriale di ritenere, se non
direttamente pertinente, quantomeno funzionale al provvedimento de libertate, sollecitato al
Tribunale, la disamina della perdurante configurabilità del metodo mafioso: e ciò, per
contrastare l’argomento, dedotto dalla difesa, rappresentato dalla sentenza della Cassazione
emessa nel diverso procedimento , idonea, seppur utilizzata soltanto per sostenere la
cessazione delle esigenze cautelari, a mettere in discussione il pregiudiziale tema della
configurabilità oggettiva del reato associativo, in base al rilievo che uno dei tre presunti
associati aveva visto annullare, proprio dalla Cassazione, il provvedimento cautelare emesso
nei propri confronti.
PQM
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
2013
Così deciso in Roma 1’11 dicembre
il Consigliere estensore
il Presidente

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