Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12215 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 12215 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ciurli Filippo, nato a Firenze il 10/12/1972

avverso l’ordinanza del 13/06/2012 del Tribunale del riesame di Siena

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 13 giugno 2012 il Tribunale del riesame di Siena,
confermando il provvedimento emesso dal locale pubblico ministero, ha disposto
il mantenimento del sequestro probatorio di due personal computer portatili, tre
pen driver e un disco fisso, eseguito presso l’abitazione di Filippo Ciurli e la sede

Data Udienza: 27/11/2013

della società Pia s.p.a., della quale il Ciurli era amministratore delegato.
1.1. Ha ritenuto il Tribunale che il decreto di sequestro fosse legittimo e
correttamente motivato in funzione dell’accertamento del delitto di rivelazione di
segreti industriali, per il quale il Ciurli era indagato, nella ravvisata presenza del
fumus commissi delicti.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Ciurli, per il tramite del difensore,
affidandolo a due motivi.
2.1. Col primo motivo il ricorrente denuncia illogicità della motivazione in

del provvedimento.
2.2. Col secondo motivo eccepisce l’improcedibilità dell’azione penale per
tardività della querela.

3. Vi sono agli atti due memorie difensive, depositate dalla difesa del
ricorrente ad ulteriore illustrazione dei motivi di ricorso, anche in replica alle
richieste del Procuratore Generale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, in quanto esulante dal novero
di quelli consentiti nella materia qui trattata.
1.1. A norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., nel giudizio di
cassazione in tema di misure cautelari reali non è consentita la denuncia di vizi di
motivazione, ma soltanto di violazione di legge. La giurisprudenza di legittimità,
per vero, ha riconosciuto doversi ricondurre al vizio di violazione di legge quei
casi in cui la motivazione sia del tutto carente (Sez. 6, n. 35044 del 08/03/2007,
Bruno, Rv. 237277) o caratterizzata da enunciazioni talmente apodittiche e prive
di costrutto logico, da rivelarsi soltanto apparente (Sez. 6, n. 15107/04 del
17/12/2003, Criaco, Rv. 229305). Ma le cennate ipotesi non trovano riscontro
nel caso di specie.
1.2. D’altro canto la stessa difesa del Ciurli neppure si spinge, nel contesto
del ricorso, a denunciare un’assoluta carenza di motivazione nell’ordinanza del
Tribunale, ma si limita a indicare i passaggi argomentativi nei quali sarebbe
insito, a suo dire, un vizio di illogicità: con ciò chiaramente riconducendo le
proprie doglianze alla causa di annullamento di cui all’art. 606, comma 1, lett. e)
c.p.p., che tuttavia – per quanto dianzi osservato – non può essere fatta valere
nel giudizio di cassazione riguardante una misura cautelare reale.
1.3. Nelle memorie difensive, depositate in replica alle richieste del

2

ordine alla finalità probatoria del sequestro, sostenendo il carattere esplorativo

Procuratore Generale in sede, il ricorrente sostiene di aver inteso anche dedurre
la nullità del decreto di sequestro per omessa indicazione specifica della finalità
probatoria; in realtà un’eccezione di tal fatta non è evidenziabile nel ricorso (nel
quale si sostiene piuttosto la natura esplorativa del sequestro, nella dedotta
carenza di indizi di reità); essa, del resto, quand’anche formulata sarebbe
manifestamente infondata, non potendo lo stesso deducente astenersi dal
riconoscere che nel provvedimento genetico è espressamente rappresentata la
necessità di disporre una consulenza tecnica al fine di verificare se i disegni
contenuti nei supporti informatici sotto sequestro corrispondano o meno ai

2. Inammissibile è anche il secondo motivo, riguardante la dedotta tardività
della querela, in quanto proposto per la prima volta nel giudizio di cassazione e
non sottoposto al Tribunale in sede di riesame. È bensì vero che, trattandosi di
questione rilevabile d’ufficio in quanto concernente la procedibilità dell’azione
penale, la Corte di Cassazione potrebbe attendere alla relativa disamina
indipendentemente dall’ammissibilità della corrispondente censura; tuttavia
l’esercizio di tale potere-dovere si rende possibile soltanto qualora, per rilevare la
causa di improcedibilità (non diversamente da quanto statuito dalla
giurisprudenza per le cause di non punibilità: Sez. U, n. 8413 del 20/12/2007 dep. 26/02/2008, Cassa, Rv. 238467), non si renda necessario ricorrere ad
accertamenti di fatto incompatibili con i limiti del giudizio di legittimità: il che è
invece riscontrabile nel caso di specie, nel quale la censura del ricorrente
ambisce a fondarsi sulla valutazione di una prova documentale che, oltre tutto,
non risulta essere mai stata acquisita agli atti, se non nel separato giudizio civile
in corso fra la Giottiline s.r.l. e la Pia s.p.a..

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di
cui all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 27/11/2013.

progetti che, secondo l’accusa, sono stati sottratti alla Giottiline s.r.l..

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