Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12205 del 19/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 12205 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HAXHIU VLADIMIR N. IL 06/09/1976
avverso la sentenza n. 3952/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
10/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la rte civile, PAvv

Data Udienza: 19/12/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Roberto Aniello, ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Haxhiu Vladimir è stato condannato dal tribunale di Venezia alla

pena di anni 18 di reclusione ed euro 1500 di multa per i reati di
violazione di domicilio, rapina, sequestro di persona e lesioni personali

Corte territoriale veneta ha dichiarato estinti i reati di cui ai capi

B eD

(violazione di domicilio e lesioni) ed ha riconosciuto l’attenuante del fatto
di lieve entità per il sequestro di persona, riducendo la pena inflitta
all’imputato ad anni 12 e mesi sei di reclusione, confermando nel resto.
2.

Contro la sentenza di appello propone ricorso per cassazione

l’imputato per i seguenti motivi:
a. illogicità conseguente al travisamento di più evidenze
probatorie. Sotto questo profilo si lamenta la ritenuta
attendibilità della testimonianza di Kriz Jadranka senza
considerare che l’esistenza dei riscontri in ordine alla rapina
con lesioni non può automaticamente estendere la sua
efficacia anche al diverso e più grave reato di sequestro di
persona, per il quale anzi vi sono specifiche risultanze
dibattimentali che smentiscono le dichiarazioni della Jadranka.
La difesa intende riferirsi al fatto che la teste avrebbe
dichiarato di aver ricevuto due telefonate sull’utenza in uso al
marito alle ore 7.14 e 7.27, mentre dai tabulati telefonici nella
predetta fascia oraria non risulta alcuna telefonata in entrata.
Trattasi, secondo il ricorrente, di travisamento di prova
contraria negativa, munita di forza disarticolante del costrutto
argomentativo della sentenza di condanna; sul punto vi
sarebbe una totale carenza di motivazione. Vi sarebbe, poi,
un’altra prova negativa pretermessa e cioè relativamente alla
brevissima chiamata del marito alla Jadranka, nella quale
costui le chiedeva quanti soldi fosse riuscita a recuperare;
sebbene la teste abbia detto – afferma la difesa – che si
trattava di telefonata brevissima, dal prospetto dei tabulati
risultano quella mattina due telefonate di cui una di 342
secondi e l’altra di 39 secondi.

1

commessi in danno di Kriz Jadranka e Duric Zivorad. Proposto appello, la

b.

Mancanza di motivazione rispetto ai singoli motivi di appello.
Sotto questo profilo si lamenta innanzitutto la erronea
qualificazione dei fatti (censura sollevata con il quinto motivo
di appello) e la totale omissione di motivazione sul punto, con
riferimento alla truffa subita precedentemente dall’imputato
ad opera delle persone offese. L’elemento sarebbe
determinante in quanto, a detta della difesa, il successivo
sequestro di persona sarebbe qualificabile come esercizio

recuperare la somma oggetto della truffa. Sotto altro profilo si
contesta la mancanza ed illogicità della motivazione in
relazione ai motivi 3 e 4 dell’atto di appello, con riferimento
alla corrispondenza tra intestatario ed utilizzatore dell’utenza
telefonica mobile intestata all’imputato. La difesa ha
contestato che vi fosse prova dell’utilizzo della predetta
utenza da parte del suo assistito e contesta le considerazioni
della Corte, che ritiene illogiche, laddove afferma che
corrisponde a massima di ordinaria esperienza la coincidenza
tra intestatario ed utilizzatore. A fronte di una contestazione
di difetto di prova dell’utilizzazione dell’utenza da parte
dell’imputato e nonostante la prospettazione di varie
ricostruzioni alternative, la Corte avrebbe dovuto ricercare
ulteriori prove. Altra censura concerne la localizzazione
geografica del numero telefonico 632 finale, che sarebbe
oggetto di travisamento delle risultanze processuali, in quanto
erroneamente riferita al numero 172 finale. Infine, quanto al
vizio di motivazione sui motivi di appello, si lamenta il
travisamento della prova laddove la Corte afferma che
nemmeno la difesa dubita che Kriz Jadranka avesse la
possibilità di possedere gioielli di valore.
c.

Violazione dell’articolo 526 del codice di procedura penale, con
sanzione di inutilizzabilità ai sensi dell’articolo 191 cod. proc.
pen.. Sotto tale profilo si contesta l’utilizzazione, da parte del
perito, per l’analisi delle impronte papillari, di un termine di
comparazione costituito da un documento non contenuto nel
fascicolo processuale

CONSIDERATO IN DIRITTO

arbitrario delle proprie ragioni, se posto in essere al fine di

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per mancanza di uno
specifico e tempestivo motivo di appello sia sulle due telefonate
asseritamente ricevute sull’utenza in uso al marito della Jadranka, sia
relativamente alla brevissima chiamata del di lei marito, nella quale
costui le chiedeva quanti soldi fosse riuscita a recuperare. Per il resto, il
motivo svolge considerazioni di merito e valutazioni del tutto opinabili sul
comportamento delle persone offese, che non sono ammissibili in questa

rilevanza alla dedotta infondatezza di quanto affermato dalla donna circa
le due telefonate ricevute dal marito solo in quanto essa fosse
riconducibile a consapevole mendacio, risulterebbe comunque
inspiegabile la ragione di una tale condotta, posto che il mendacio, per
un verso nulla avrebbe giovato ai fini del conferimento di una obiettiva,
maggiore credibilità del narrato, per altro verso avrebbe invece
comportato il notevole rischio di una facile smentita, essendo notoria la
possibilità, per le autorità inquirenti, di accedere ai tabulati dai quali
risultano tutte le comunicazioni telefoniche effettuate con apparecchi
cellulari.
2. Con altro motivo si lamenta la erronea qualificazione dei fatti
(censura sollevata con il quinto motivo di appello) e la totale omissione
di motivazione sul punto, con riferimento alla truffa subita
precedentemente ad opera delle persone offese. L’elemento sarebbe
determinante in quanto, a detta della difesa, il successivo sequestro di
persona sarebbe qualificabile come esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, se posto in essere al fine di recuperare la somma oggetto della
truffa. Il motivo è inammissibile a causa della sua irrilevanza ai fini della
decisione. Occorre rilevare, innanzitutto, che l’illiceità del negozio che
impedisce la tutela in via giudiziaria deve essere riferita non alla
situazione cui ha dato luogo l’inadempimento (anche ove fosse derivante
da una truffa), bensì alla tipologia contrattuale su cui è caduto l’accordo
delle parti; la sentenza osserva correttamente che l’accordo era
intervenuto su un fatto di riciclaggio (e tale dato non è contestato) e che
pertanto l’illiceità di tale negozio impediva, in costanza di
inadempimento, di ricorrere al giudice per la sua esecuzione. È per tale
motivo che, anche a ritenere formalmente sussistente una truffa, ciò
sarebbe irrilevante ai fine della riqualificazione giuridica del reato di cui
al capo E, non dovendosi confondere i connotati penalistici dell’azione,
con la qualificazione giuridica dell’accordo oggetto di violazione. In ogni
3

sede di legittimità. Inoltre, potendosi teoricamente attribuire potenziale

caso, per giurisprudenza costante di questa Corte, deve escludersi la
ricorrenza del più lieve reato di cui all’articolo 393 del codice penale ogni
qualvolta, come nel caso di specie, la reazione sia del tutto
sproporzionata (v. Sez. 5, n. 19230 del 06/03/2013, Palazzotto, Rv.
256249: “Integra il delitto di estorsione, e non quello di esercizio
arbitrario delle proprie ragioni, la condotta minacciosa che esprime tale
forza intimidatoria da andare al di là di ogni ragionevole intento di far
valere un proprio, preteso diritto, sicché la coartazione dell’altrui volontà

3. La difesa ha, poi, contestato la mancanza ed illogicità della
motivazione in relazione ai motivi 3 e 4 dell’atto di appello, con
riferimento alla corrispondenza tra intestatario ed utilizzatore dell’utenza
telefonica mobile riferibile all’imputato. Il motivo di ricorso è
manifestamente infondato; la Corte ha correttamente ritenuto
sussistente una presunzione semplice di corrispondenza tra intestazione
ed utilizzo dell’utenza telefonica e del tutto generiche sono state le
contestazioni dell’imputato, il quale ha omesso di indicare in modo
specifico chi fosse l’utilizzatore del numero telefonico in questione e per
quale motivo egli l’avesse concesso a terzi, limitandosi a prospettare
plurime e meramente ipotetiche alternative in fatto. Altra censura
concerne la localizzazione geografica del numero telefonico 632 finale,
che sarebbe oggetto di travisamento delle risultanze processuali, in
quanto erroneamente riferita al numero 172 finale. Sul punto vi è stata
una risposta specifica della Corte, la quale ha ritenuto che la cella
attivata fosse riferita all’utenza chiamante e quindi che il riferimento
all’utenza dell’imputato in Portogruaro fosse comunque corretta, dato
che nella chiamata delle ore 2,51 risultava chiamante l’utenza intestata
all’imputato (pagine 16 e 17). Trattasi di spiegazione esauriente e priva
di vizi logici, mentre la contestazione aspira ad ottenere una
rivalutazione di un elemento di fatto che, essendo oggetto di adeguata
motivazione, non può essere rimesso in discussione in cassazione. Il
ricorrente parla di “arbitraria interpretazione” dei tabulati agli atti (cfr.
pag. 23, ultimo capoverso), con ciò rendendo evidente che non si tratta
di travisamento, quanto piuttosto di valutazione sulla prova che sfugge
censure di legittimità. Infine, quanto al vizio di motivazione sui motivi di
appello, si lamenta il travisamento della prova laddove la Corte afferma
che nemmeno la difesa dubita che Kriz Jadranka avesse la possibilità di
possedere gioielli di valore, ma questo motivo di ricorso è innanzitutto
inammissibile perché deduce il travisamento non con riferimento ad una
4

deve ritenersi assuma “ex se” i caratteri dell’ingiustizia”).

prova del giudizio, bensì al contenuto di un atto processuale, privo di
rilievo probatorio; in secondo luogo, la censura è priva di rilevanza in
quanto si tratta di un passaggio motivazionale della sentenza per nulla
decisivo, dato che l’esistenza dei gioielli viene ritenuta provata sulla base
delle dichiarazioni della persona offesa che, sul punto, con valutazione di
merito non sindacabile in cassazione, è stata ritenuta credibile. La
censura relativa al movente della rapina e del sequestro è talmente
generica che non consente alcun controllo di legittimità ed in ogni caso è

duplice: dare una lezione a coloro che avevano ordito la truffa e rientrare
della perdita economica subita.
4. Quanto alla lamentata violazione dell’articolo 526 del codice di
procedura penale, occorre rilevare in primis che c’è già stata risposta
specifica in appello; la Corte ha ritenuto irrilevante la questione, dal
momento che il perito ha dichiarato di aver effettuato la comparazione
anche con le impronte rilevate dalla questura di Rovigo, confermando
pertanto l’attribuzione delle stesse all’imputato sulla base dei documenti
correttamente acquisiti agli atti. Sotto tale profilo, proprio per la dedotta
inutilizzabilità del diverso termine di paragone, nessun rilievo assume il
diverso numero di corrispondenze rilevate, tanto più che in entrambi i
casi si trattò di corrispondenze superiori al numero minimo di punti
caratteristici ritenuti idonei da questa Corte per la rilevanza del mezzo di
prova (v. Sez. 5, n. 12792 del 26/02/2010, Di Serafino, Rv. 246901: “Il
risultato delle indagini dattiloscopiche offre piena garanzia di attendibilità
e può costituire fonte di prova senza elementi sussidiari di conferma
anche nel caso in cui siano relative all’impronta di un solo dito, purché
evidenzino almeno sedici o diciassette punti caratteristici uguali per
forma e posizione, in quanto essa fornisce la certezza che la persona con
riguardo alla quale detta verifica sia effettuata si sia trovata sul luogo in
cui è stato commesso il reato. Ne consegue che legittimamente, in
assenza di giustificazioni su detta presenza, viene utilizzata dal giudice ai
fini del giudizio di colpevolezza”). La sentenza citata permette di
risolvere anche l’ultima considerazione contenuta nel presente motivo di
censura, secondo cui sarebbe illogico ritenere l’irrilevanza della prova
circa l’epoca in cui l’impronta fu lasciata dall’imputato presso l’abitazione
delle persone offese, solo perché l’Haxhiu non aveva rappresentato la
ricorrenza di rapporti di frequentazione. Tale motivazione, invero, non è
affatto illogica, tanto che lo stesso ricorrente affida tale asserita illogicità
ad una mera formula di stile («sottintendendo una regola di giudizio
5

lo stesso ricorrente a sostenere che lo scopo dei delitti perpetrati era

inaccettabile e non in sintonia con l’assetto normativo ed il diritto vivente
sull’onere probatorio”). In ogni caso, come si è detto, è questa stessa
Corte ad aver già affermato in precedenza che il ritrovamento di
un’impronta papillare sul luogo del delitto, in mancanza di giustificazione
su detta presenza, può essere legittimamente utilizzata ai fini del
giudizio di colpevolezza.
5. Consegue a quanto esposto che il ricorso deve essere rigettato; ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso,

pagamento delle spese del procedimento.

p.q.m.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 19/12/2013

la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al

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