Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12192 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 12192 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mejdani Luan, nato a Tirana (Albania) il 21/11/1974

avverso la sentenza del 02/05/2012 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 2 maggio 2012 la Corte d’Appello di Milano,
confermando la decisione assunta dal Tribunale di Como, sezione distaccata di
Cantù, ha riconosciuto Luan Mejdani responsabile dei delitti di tentato sequestro
di persona e lesione personale, in continuazione, ai danni di Antonella Vitiello; ha
quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge.

Data Udienza: 27/11/2013

I
1.1. Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, il Mejdani
aveva afferrato lo zaino che la Vitiello teneva sulle spalle, tirandolo a sé per
costringerla a salire in auto, e ciò facendo le aveva causato una lesione.
1.2. Gli elementi probatori a sostegno dell’accusa sono stati tratti dalle
dichiarazioni della persona offesa e dall’individuazione fotografica da essa
operata, ritenute attendibili malgrado il riconoscimento non fosse stato poi
confermato in sede dibattimentale; si è, inoltre, valorizzato il riscontro riveniente
dall’ammissione dell’imputato di essersi trovato quel giorno a Mariano Comense,
accompagnata dall’esposizione di ragioni della sua presenza sul posto ritenute

non plausibili.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Mejdani, per il tramite del difensore,
affidandolo a un solo motivo. Con esso pone in risalto talune difformità fra le
proprie fattezze e la descrizione dell’aggressore data dalla Vitiello; evidenzia il
mancato riconoscimento in sede dibattimentale; si richiama all’affermazione
fatta dalle Sezioni Unite di questa Corte in un precedente arresto, secondo cui
«va vinta qualunque tentazione di forzare le regole processuali in nome di
astratte esigenze di ricerca della verità reale, considerato che le dette regole non
incorporano soltanto una neutra disciplina della sequenza procedimentale, ma
costituiscono una garanzia» (Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003, Torcasio, in
motivazione).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, in quanto basato su motivi non consentiti.
1.1. Infatti le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di vizi
della motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli
elementi probatori acquisiti.
1.2. La Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno
indotta a individuare nel Mejdani l’autore del tentativo di forzare la Vitiello a
salire su un’autovettura (così da privarla della libertà di locomozione),
afferrandola per lo zaino fino a causarle una lesione; a tale convincimento quel
collegio è pervenuto sulla base della descrizione dell’aggressore fornita dalla
persona offesa e del riconoscimento fotografico da essa operato: riconoscimento
giudicato pienamente attendibile, anche per la contiguità temporale rispetto
all’episodio, e per nulla inficiato dal fatto che la stessa Vitiello, a distanza di anni,
si fosse detta non in grado di riconoscere l’imputato, il quale nel frattempo aveva
cambiato pettinatura e colore dei capelli. In aggiunta a ciò, la Corte ha

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I

.■
valorizzato la circostanza, ammessa dallo stesso imputato, che egli si fosse
trovato a Mariano Comense nel giorno e nell’ora del commesso reato, senza
mostrarsi in grado di fornire una ragione realmente plausibile dell’allontanamento dalla sua residenza in Milano.
1.3. Della linea argomentativa così sviluppata il ricorrente denuncia
l’illogicità, non perché siano ravvisabili cadute di consequenzialità nel testo del
provvedimento, ma per l’asserita contraddittorietà rispetto alle risultanze
processuali: il che si risolve nella prospettazione di una lettura alternativa del
materiale probatorio, che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

ricorso la citazione del passo di una sentenza delle Sezioni Unite che richiama al
rispetto delle regole processuali; queste, infatti, nel caso di cui ci si occupa non
hanno subito alcuna violazione, mentre la fattispecie su cui si era formato quel
precedente giurisprudenziale si caratterizzava per il ricorso, da parte della polizia
giudiziaria, alla registrazione fonografica di dichiarazioni rese da indagati e da
informatori, realizzata ad insaputa dei dichiaranti.

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di
cui all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 27/11/2013.

1.4. È appena il caso di aggiungere che in nessun modo reca conforto al

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