Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12189 del 27/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 12189 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cotugno Bruno, nato a Matera il 25/07/1965

avverso la sentenza del 25/10/2012 della Corte di appello di Potenza

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 25 ottobre 2012 la Corte d’Appello di Potenza,
confermando la decisione assunta dal giudice dell’udienza preliminare presso il
Tribunale di Matera in esito al giudizio abbreviato, ha riconosciuto Bruno Cotugno
responsabile, in concorso con altri, del delitto di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale in relazione al fallimento dell’omonima impresa, di

Data Udienza: 27/11/2013

I

cui l’imputato era titolare.
1.1. Secondo l’ipotesi accusatoria, recepita dal giudice di merito, il Cotugno
e altri cogestori dell’impresa avevano distratto tutti i beni acquistati negli anni
2004 e 2005, pagati a mezzo di assegni scoperti, e avevano omesso di tenere, o
comunque distrutto, i libri e le altre scritture contabili obbligatorie, al fine di
pregiudicare le ragioni dei creditori.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore,
affidandolo a tre motivi.

argomentando in modo illogico e assiomatico, abbia disatteso l’assunto secondo
cui tutti gli atti di gestione erano stati compiuti da altri soggetti, senza la propria
partecipazione; sostiene, in particolare, che i rapporti inerenti alla locazione
dell’immobile erano stati tenuti da Paolo Ferri e che le informative della Guardia
di Finanza avevano fatto i nomi di tutt’altre persone, mai quello del deducente.
2.2. Col secondo motivo ribadisce in questa sede la linea difensiva volta ad
accreditare l’assunto secondo cui le gravi conseguenze di un incidente stradale
gli avevano impedito di occuparsi della gestione dell’azienda, aprendo la via
all’intromissione di terzi i quali non gli avevano, poi, dato conto degli acquisti e
delle vendite effettuati. Osserva che la relazione del curatore ha offerto una
ricostruzione dei fatti totalmente diversa – anche a proposito della denunciata
sottrazione dei libri contabili – da quella illogicamente avallata dai giudici di
merito.
2.3. Col terzo motivo denuncia carenza motivazionale in ordine al diniego
delle attenuanti generiche e alla modulazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo va disatteso, in quanto infondato.
1.1. Lungi dall’argomentare in modo illogico e assiomatico, la Corte
territoriale ha dato conto in modo chiaro ed esauriente delle ragioni che l’hanno
indotta a ravvisare la responsabilità del Cotugno, malgrado dalle indagini della
Guardia di Finanza fosse emersa l’ingerenza di altri soggetti nella gestione
dell’impresa. Ha rilevato in proposito quel collegio che la tesi dell’imputato, volta
ad accreditare una sua estromissione di fatto dall’esercizio dei poteri gestionali, è
risultata contraddetta dal ruolo attivo da lui mantenuto con l’accensione di ben
quattro conti correnti presso altrettanti istituti bancari; con la titolarità di sette
utente telefoniche; con la denuncia di furto delle scritture contabili, chiaramente
finalizzata a impedire la ricostruzione delle operazioni di acquisto dei beni

2

A

2.1. Col primo motivo il ricorrente si duole che la Corte d’Appello,

illecitamente condotte.
1.2. La linea argomentativa così sviluppata non mostra cadute di
consequenzialità logica e resiste, pertanto, al controllo di legittimità sollecitato
dal ricorrente ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen..

2. Inammissibile è il secondo motivo, in quanto basato su censure non
consentite in questa sede.
2.1. La Corte d’Appello ha preso atto che nella relazione ex art. 33 legge
fall. il curatore aveva mostrato di prestar fede alle affermazioni del Cotugno,

conseguenze di un grave incidente stradale, e a seguito di ciò si erano a lui
sostituite altre persone che lo avevano tenuto all’oscuro delle iniziative
intraprese; ma nella motivazione della sentenza è ben esplicitato il dissenso del
collegio giudicante, argomentato in base alla mancanza di qualsiasi riscontro atto
a documentare l’entità dell’incidente stradale e le conseguenze riversatesi sulla
capacità dell’imputato a seguitare ad occuparsi della propria impresa; fino ad
esprimere il conclusivo convincimento che il curatore si fosse limitato a riferire il
narrato del Cotugno senza averne verificato la veridicità.
2.2. Della linea argomentativa così sviluppata il ricorrente denuncia
genericamente l’illogicità, senza tuttavia segnalare in concreto alcuna effettiva
caduta di consequenzialità che sia evidenziabile nel testo del provvedimento;
mentre il suo tentativo di accreditare un’ipotesi di contraddittorietà esterna,
sottoponendo a disamina il contenuto della relazione del curatore, si risolve nella
prospettazione di una lettura del materiale probatorio alternativa a quella fatta
propria dal giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di
cassazione. Al riguardo non sarà inutile ricordare che, per consolidata
giurisprudenza, pur dopo la modifica legislativa dell’art. 606, comma 1, lett. e)
cod. proc. pen. introdotta dall’art. 8 L. 20 febbraio 2006, n. 46, al giudice di
legittimità resta preclusa – in sede di controllo sulla motivazione – la rivisitazione
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione
di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti; e il
riferimento ivi contenuto anche agli «altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame» non vale a mutare la natura del giudizio di
legittimità come dianzi delimitato, rimanendovi comunque estraneo il controllo
sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (così Sez. 5, n.
12634 del 22/03/2006, Cugliari, Rv. 233780; v. anche le più recenti Sez. 5, n.
44914 del 06/10/2009, Basile, Rv. 245103; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012,
Minervini, Rv. 253099).

3

secondo cui egli era stato impedito a continuare nella gestione dell’impresa dalle

3.

Del pari inammissibile è il terzo motivo, indirizzato a criticare la

determinazione della pena inflitta e il diniego delle attenuanti generiche.
3.1. In proposito va rimarcato che tanto la modulazione della pena quanto la
concessione delle attenuanti generiche sono statuizioni che l’ordinamento rimette
alla discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato
di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai
canoni della logica. Nel caso di specie la Corte d’Appello non ha mancato di
motivare la propria decisione sui punti in questione: sia col rilevare la gravità

della condotta; sia con l’evidenziare l’elemento di segno contrario costituito dai
precedenti penali a carico del Cotugno. Siffatta linea argomentativa non presta il
fianco a censura, rendendo adeguatamente conto delle ragioni della decisione
adottata; d’altra parte non è necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione,
che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui
all’art. 133 c.p., essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che,
nel discrezionale giudizio complessivo, assumono eminente rilievo. Senza
contare che le ragioni addotte dal ricorrente, per giustificare l’invocata
attenuazione del trattamento sanzionatorio, fanno perno su quella stessa
ricostruzione del fatto che, come si è dianzi annotato, la Corte d’Appello ha
legittimamente disatteso.

4. Il rigetto del ricorso, cui conclusivamente si perviene alla stregua di
quanto fin qui argomentato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 27/11/2013.

oggettiva e soggettiva dei fatti commessi, desumibili dalle modalità complessive

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