Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12184 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 12184 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

FOIS Giampiero, nato a Carbonia il 20/09/1945

avverso la sentenza della Corte d’appello di Cagliari del 15/01/2013;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Sante
Spinaci, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito, inoltre, l’avv. Massimo Biffa, sostituto processuale dell’avv. Luca Pirastu,
difensore della parte civile, che ha chiesto l’accoglimento della richiesta del PG:
sentito, infine, l’avv. Guido Manca Bitti, difensore del ricorrente, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Cagliari confermava
la sentenza del 29 /03/2012 con la quale il Tribunale di quella stessa città aveva

Data Udienza: 05/11/2013

condannato Giampiero Fois alla pena di anni uno di reclusione nonché al
risarcimento dei danni in favore delle parti civili, con assegnazione di provvisionale
immediatamente esecutiva di € 3000 per ciascuna, in quanto ritenuto colpevole del
reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 2634 cod. civ, come di seguito contestato:
Trudu Basilio, quale amministratore unico della società Eurogarden Center
Costruzioni S.r.l., nei cui confronti si è proceduto separatamente, in concorso con
Fois Giampiero, avendo un interesse in conflitto con quello della società, al fine di

di disposizione di beni sociali in violazione di precisi obblighi a carico
dell’amministrazione mediante l’alienazione di immobili a Fois Giampiero per un
importo di C 279.660,00 ed esattamente: locale ad uso deposito avente accesso
dalla Via Sicilia snc, della consistenza di mq 119

; locale ad uso commerciale sito

ai piani seminterrato e terra del maggiore fabbricato avente accesso dalla Via
Ungaretti snc, della consistenza di mq 94….; e posto auto scoperto ubicato al piano
terra, avente accesso dalla Via Ungaretti snc, della consistenza mq 12… cagionando
intenzionalmente alla società un danno patrimoniale di rilevante gravità.
Avverso la pronuncia anzidetta il difensore, avv. Guido Manca-Bitti, ha proposto
ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 606 lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’art. 2634 cod. civ. Contesta, in
particolare, le nozioni di conflitto di interessi e di danno per la società, ritenute dal
giudice di appello. Osserva, al riguardo, che la vendita degli immobili al Fois non
avrebbe potuto essere considerata atto in conflitto con l’interesse della società né,
tantomeno, produttivo di danno per la stessa. Ed infatti, a porsi in contrasto con
l’interesse societario non era l’atto di alienazione di per sé considerato, quanto
piuttosto la successiva appropriazione da parte dell’amministratore del ricavato
della suddetta alienazione, confluito nei conti correnti della stessa società. Il
corrispettivo versato dall’imputato era, peraltro, del tutto corrispondente al valore
di mercato degli immobili, secondo quanto attestato nella perizia giurata, che,
redatta prima della stipula, non era stata mai oggetto di contestazione da parte
delle persone offese, del PM o dei giudici di merito. L’atto di vendita era, peraltro,
del tutto conforme all’oggetto sociale come risultava chiaramente dallo statuto
nonché dalla stessa querela presentata dalle persone offese. Peraltro, sulla base di
pacifico insegnamento giurisprudenziale, il danno preso in considerazione dalla
norma doveva essere conseguenza immediata della condotta e non già soltanto
“potenziale”, come invece sostenuto dai giudici di appello. In atti, d’altronde, non
v’era alcun indizio idoneo a dimostrare che il Fois fosse a conoscenza dell’intenzione
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provocare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro illecito vantaggio, compiva atti

del Trudu di depauperare i conti correnti della Eurogarden e di impossessarsi anche
delle somme corrisposte quale corrispettivo per la compravendita in oggetto.
Con il secondo motivo si eccepisce violazione dell’art. 606 lett.

e) cod. proc.

pen., con riferimento all’art. 124 cod. pen. Si contesta, in proposito,
l’argomentazione con cui il giudice di appello, nel recepire pedissequamente
l’assunto argomentativo del primo giudice, ha ritenuto tempestive le querele
proposte sul rilievo che non fosse stata individuata esattamente la data in cui le

l’atto di alienazione fosse elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 2634 cod.
civ. contestato al Trudu. Il giudice di appello aveva ritenuto che, per il decorso del
termine di proposizione della querela, occorresse prendere in considerazione il
momento in cui le persone offese avevano avuto conoscenza della compravendita
laddove, invece, avrebbe dovuto utilizzare come riferimento il momento in cui
quest’ultime avevano avuto conoscenza dell’appropriazione del denaro depositato
nei conti correnti della società; l’errore di giudizio consisteva nell’aver ritenuto che
la compravendita fosse in sé atto illegittimo integrante atto di infedeltà patrimoniale
posto in essere dal Trudu in concorso con il Fois, ove invece l’atto di infedeltà
consisteva nell’appropriazione del denaro depositato nel conto corrente, di talché,
venuti a conoscenza della stessa appropriazione, le persone offese avevano a
disposizione tutte le informazioni e tutti gli elementi necessari per la proposizione
della querela.
In conclusione, essendo la compravendita atto negoziale privo di rilevanza
penale, l’unica attività del Trudu rilevante ai fini del decorso del termine per la
querela era l’attività di depauperamento dei conti della società. Le persone offese
erano venute a conoscenza dell’indebito prelievo il 13 settembre 2006, data nella
quale, a seguito di un’istanza presentata dall’avv. Francesco La Sala e dalla persona
offesa Proietti per acquisire l’estratto del conto corrente n. 00016094 del Banco di
Sardegna, avevano avuto contezza del versamento dell’assegno per C 279.660,00
corrisposto dal Fois. L’estratto conto riportava analiticamente i movimenti bancari
dal gennaio 2006 fino al 13 settembre 2006 e, quindi, anche il versamento
dell’assegno anzidetto, annotando altresì tutti i successivi prelievi operati dal Trudu
senza causale, compreso quello realizzato mediante emissione di assegno n.
133543648 del 30 maggio 2006, recante identico importo ed il saldo finale di
appena C 120,54. La circostanza della conoscenza era, peraltro, attestata dalla
polizia giudiziaria nell’informativa del 28 maggio 2007 in atti e dalle stesse persone
offese alla pagina 8 della querela, laddove si spiegava che l’estratto conto costituiva
prova dell’infedele condotta del Trudu, che aveva prosciugato totalmente detto
conto corrente.

Pertanto, il 13.9.2006 le persone offese avevano avuto piena

contezza di tutti gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 2634 cod. civ., di
talché la querela proposta il 29.12.2006 era da ritenersi tardiva.

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persone offese avevano avuto contezza della vendita, ritenendo, erroneamente, che

Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606 lett. b) e c) cod.proc. pen.
in riferimento all’art. 2634 cod.civ. e 133 cod. pen. sul rilievo che il giudice di
appello aveva omesso di pronunciarsi su uno dei motivi di gravame. L’atto
d’appello, infatti, alle pagine 6 e 7 recava le doglianze dell’imputato relative al
regime sanzionatorio e, segnatamente, alla determinazione della pena sulla base di
erronei riferimenti.
Con il quarto motivo sì deduce identico vizio di legittimità in riferimento agli
artt. 2634 e 603 del codice di rito, sul rilievo che il giudice di appello aveva omesso

formulata nei motivi di gravame. In particolare, l’appellante aveva chiesto
l’acquisizione del verbale d’udienza del 22.3.2012 relativo al processo celebrato
secondo il rito ordinario e riguardanti altri fatti descritti nella medesima querela
sporta contro il Fois. La necessità di tale acquisizione risiedeva nel fatto che la
Proietti, nel corso della citata udienza, aveva riferito che, nel maggio 2006, in un
periodo in cui i dissidi con il Trudi avrebbero dovuto essere sedimentati, aveva
indirizzato a quest’ultimo una potenziale cliente che intendeva acquistare un
immobile della Eurogarden. Tale circostanza era di fondamentale importanza per
confermare la pienezza di poteri del Trudu in quel periodo ed il fatto che gli altri
soci erano tutt’altro che contrari all’alienazione degli immobili della

Eurogarden.

Nessuna motivazione era stata resa dal giudice di appello sulla richiesta di
integrazione probatoria.

2. Una breve puntualizzazione dei termini essenziali della vicenda sostanziale
costituisce necessaria premessa all’esame delle ragioni di censura, anche ai fini di
un corretto inquadramento giuridico della fattispecie.
Il nucleo centrale della contestazione risiede in un atto dispositivo di beni della
srl Eurogarden Center Costruzioni, ad opera del suo amministratore unico, Basilio
Trudu. L’alienazione, posta in essere mediante scrittura privata autenticata, era
avvenuta in favore di Giampiero Fois, odierno ricorrente e consuocero dello stesso
Trudu. Il prezzo della compravendita, fissato in C 279.660,00, era stato corrisposto
dall’acquirente a mezzo assegno bancario di pari importo, intestato alla società
venditrice, sul cui conto corrente era poi confluito. A distanza di pochi giorni dalla
compravendita, il Trudu aveva poi emesso, sempre sullo stesso conto, un assegno
in favore di sé medesimo per identico importo, privo di giustificazione e, dunque,
motivatamente ritenuto oggetto d’indebita appropriazione. Nella vicenda, così
delineata, sono stati ravvisati gli estremi dell’infedeltà patrimoniale di cui all’art.
2634 cod. civ., in ordine alla quale, nel presente giudizio, il Fois è stato chiamato a
rispondere a titolo di concorrente esterno in reato proprio, ai sensi dell’art. 110
cod.pen., dunque quale soggetto extraneus. Giudicato separatamente, il Trudu ha
definito la sua posizione mediante patteggiamento e, quindi, previa implicita
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di pronunciarsi sulla richiesta del rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale

ammissione del suo coinvolgimento nella vicenda fattuale. La circostanza è di
particolare momento ai fini della definizione del presente giudizio, in quanto al
ritenuto autore del reato proprio, in ordine al quale si ipotizza ora il concorso
dell’estraneo, è stato giudizialmente attribuito il relativo fatto illecito, sia pure in
esito a sentenza di patteggiamento, che, comunque, ha delibato la correttezza del
nomen iuris del fatto sostanziale nonché la ricorrenza degli elementi costitutivi
dell’ipotizzata fattispecie delittuosa. Di talché, nel caso di specie, non mette conto
verificare la reale sussistenza degli elementi strutturali del detto reato, ovverosia il

cagionato alla società, dovendosi, piuttosto, valutare la congruità del costrutto
motivazionale in virtù del quale il giudice a quo ha ritenuto di dover ribadire la
responsabilità del Fois, nell’anzidetta qualità di extraneus.
Certo, ai fini della pertinente verifica, non può sfuggire che, nello sviluppo
dinamico della vicenda, sono agevolmente individuabili due momenti fattuali
cronologicamente distinti. In primo luogo, l’atto dispositivo in sé considerato e,
successivamente, l’indebita apprensione della somma corrispondente al
corrispettivo di vendita da parte dell’amministratore infedele. E se, in riferimento a
quest’ultimo, nell’ambito di una valutazione globale della fattispecie, é sicuramente
ravvisabile il conflitto di interessi, posto che dalla complessiva operazione egli ha
tratto indubbio profitto con correlato pregiudizio patrimoniale per la società da lui
gestita, la disarticolazione dei due segmenti di fatto è invece attività, logicamente,
ineludibile per la posizione del terzo estraneo. Rispetto al quale il primo segmento
della fattispecie, ovverosia il perfezionamento della compravendita, è atto
penalmente neutro, siccome affatto legittimo e, peraltro, pienamente conforme
all’oggetto sociale della società venditrice, sulla base del relativo statuto; mentre il
momento successivo dell’apprensione, in mancanza di elementi di segno contrario,
attiene a fatto da ritenere di esclusiva pertinenza dell’amministratore. In tale
visione d’assieme, la finalità del profitto economico, connessa ad un’operazione
negoziale di per sé lecita, si qualifica in termini di ingiustizia in ragione della
proiezione soggettiva del conflitto d’interessi, cioè nel momento in cui il risultato
economico dell’atto dispositivo di beni del patrimonio sociale diviene,
indebitamente, oggetto di apprensione da parte dell’amministratore. Solo in questo
momento si concretizza, infatti, il conflitto d’interessi che, notoriamente,
rappresenta l’elemento descrittivo tra appropriazione indebita ed infedeltà
patrimoniale, ossia fattispecie delittuose, notoriamente, accomunate dagli stessi
elementi strutturali della “deminutio patrimonii” e dell’ingiusto profitto (cfr. Sez. 2,
n. 15879 del 27/03/2008, Rv. 239776; cfr., pure, id. Sez. 2, n. 15879 del
27/03/2008, Rv. 239776, secondo cui

le norme incriminatrici dell’infedeltà

patrimoniale, art. 2634 cod. civ., e dell’appropriazione indebita, art. 646 cod. pen.,
sono in rapporto di specialità reciproca. L’infedeltà patrimoniale tipizza la necessaria

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conflitto di interessi, l’ingiusto profitto ed il danno patrimoniale intenzionalmente

relazione tra un preesistente conflitto di interessi, con i caratteri dell’attualità e
dell’obiettiva valutabilità).
È di tutta evidenza, pertanto, che la responsabilità dell’estraneo può essere
affermata solo ove consti la sua consapevole partecipazione ad un preordinato
disegno delittuoso, che, attraverso la dismissione dei beni sociali, era finalizzato al
conseguimento di un vantaggio esclusivamente personale dell’autore del reato
proprio. Una siffatta consapevolezza deve essere tratta da elementi dimostrativi di

concordanza, non potendo restare affidata a mere congetture od a ragioni di puro
sospetto. In particolare, non può essere desunta dall’esistenza di vincoli
interpersonali o da una virtuale adesione al delitto, ma deve provenire da un “quid
pluris”, ricavabile dalle stesse modalità e circostanze del fatto ovvero da altre
circostanze che dimostrino univocamente l’esistenza di un previo accordo tra le
parti, specificamente volto all’arricchimento personale con conseguente pregiudizio
economico per la società (cfr, sia pure per diversa fattispecie, Cass. Sez. 6, n.
36081 del 07/07/2009, Rv. 244773).
Orbene, nel caso di specie, la dimensione soggettiva dell’ipotizzata
partecipazione concorsuale è stata desunta dai meri rapporti personali delle parti in
quanto consuoceri, dalla peculiare forma del trasferimento – perfezionatosi nella
modalità (peraltro del tutto lecita) della scrittura privata autenticata, in luogo del
rogito notarile – dalla prossimità temporale dell’atto dispositivo rispetto all’udienza
civile di trattazione della causa intrapresa dai soci della società, odierne parti civili,
per la revoca dell’incarico di amministratore conferito al Trudu.
Si tratta di elementi di mero sospetto, ciascuno dei quali, oggettivamente
equivoco e polivalente e, comunque, incapace di perdere, sia pure nella necessaria
valutazione d’assieme – quanto meno nella rappresentazione offerta dal giudice a
quo

il coefficiente di ambiguità che lo caratterizza.

Si rende, pertanto, necessario un nuovo esame della vicenda, affinché il giudice
del rinvio proceda, in piena libertà di convincimento, a rivisitazione del compendio
probatorio, ai fini dell’individuazione – se esistenti – di elementi univocamente
idonei a dimostrare la consapevole partecipazione del Fois al disegno delittuoso
dell’appropriazione, con particolare riferimento al secondo dei segmenti fattuali nei
quali, per quanto si è detto, si articola la fattispecie in esame.

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univoca pregnanza, dotati dei necessari connotati di gravità, precisione e

Alla stregua delle superiori considerazioni è fondato, per quanto di ragione, il
primo motivo di ricorso.
Infondato, invece, é il secondo motivo riguardante la tempestività della
proposta querela, posto che la motivazione resa sul punto dal giudice a quo è
ineccepibile, alla stregua del decisivo rilievo dell’incertezza in ordine al momento in
cui le persone offese hanno acquisito tutti gli elementi conoscitivi del fatto-reato in
contestazione; incertezza che, notoriamente, si risolve a favore del querelante,

querelatorio. Inutilmente, il ricorrente adduce il riferimento fattuale al momento in
cui le persone offese hanno avuto contezza, attraverso il documento di
movimentazione del conto della società, delle operazioni contabili relative agli
assegni di cui si è detto, in quanto una siffatta movimentazione, non accompagnata
dalla prova di conoscenza dell’atto dispositivo (che, perfezionato a mezzo di
scrittura privata autenticata, non risultava neppure trascritto), non avrebbe potuto
offrire alcuna certezza in proposito, tale da individuare il preciso dies a quo per il
computo del termine di proposizione della querela.
Ogni altra ragione di censura, che sostanzia i restanti motivi di ricorso, deve
ritenersi assorbita dall’epilogo decisionale riguardante il primo motivo.

3. Per quanto precede, l’impugnata sentenza deve essere annullata, nei termini
di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello
di Cagliari per nuovo esame.

Così deciso il 05/11/2013

spettando l’onere della prova a carico di chi contesti la ritualità dell’atto

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