Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12166 del 04/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 12166 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
EL ACHIR ABDELGHAFOUR N. IL 20/11/1981
avverso la sentenza n. 2435/2012 GIP TRIBUNALE di COMO, del
13/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 04/12/2013

OSSERVA

2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per
motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c), c.p.p.,
perché i motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella generica
esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione
impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre
1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata
della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma
dell’articolo 129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece,
ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione,
anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione
citata (ex plurimis Cass. IV, 17\10\2006, n. 34494; Cass. I, 6\2\2007, n. 4688).
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice
decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se
sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla
richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p., senza
precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere
applicata nel momento del giudizio.
3. Quanto al mancato riconoscimento della attenuante di cui al V comma dell’art. 73,
correttamente il giudice di merito ha il fatto di non minima offensività, tenuto conto
che dalla sostanza detenuta, kg. 8.141 di hashish, erano estraibili 27.599 dosi.
Va ricordato che questa Corte ha più volte ribadito che l’attenuante del fatto di lieve
entità deve essere individuata in base ad un’operazione interpretativa che consenta di
rapportare in modo razionale la pena al fatto, tenendo conto del criterio di
ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost., che impone – tanto al legislatore quanto
all’interprete – la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del
fatto (Cass. VI, 4194\95, imp. Salmi Ben, rv. 200797).
Nel caso di specie il giudice di merito, con congrua motivazione, ha evidenziato come
l’hashish detenuto fossero di quantità rilevante ed idoneo, quindi, al confezionamento
di numerose dosi, così negando il riconoscimento della attenuante.
Tale valutazione della corte distrettuale è esente da censure, tenuto conto degli
orientamenti di questa Corte regolatrice la quale ha affermato che la circostanza

1. L’imputato EL ACHIR Abdelghafour ricorre per cassazione contro la sentenza di
applicazione concordata della pena (per art. 73 TU 309\90 : acc. in Rovello Porro il
16\4\2012), deducendo carenza di motivazione della medesima in ordine
all’insussistenza di una delle “cause di non punibilità” di cui all’articolo 129 c.p.p.;
nonché della mancata valutazione dell’attenuate del fatto di lieve entità; nonché in
ordine alla commisurazione della pena.

4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.500,00 (millecinquecento/00)
a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese delle spese processuali ed al pagamento della somma di C 1.500= in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2013
Il Consiglier estensore

attenuante speciale del fatto di lieve può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima
offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia
dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici
previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (Cass. Sez. Un.
21-9-2000, n. 17).
Ne consegue, quanto alla commisurazione della pena, come questa Corte ha più volte
avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per
cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato, a meno che la
pena determinata non sia stata quantificata in modo illegittimo (Cass. VI, 21\4\2004,
n. 18385).
Nella concreta fattispecie, la pena è stata applicata nella misura richiesta e la
valutazione in ordine alla congruità della medesima ed alla ricorrenza delle circostanze
risulta effettuata in modo corretto.
Resta, pertanto, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.

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