Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12156 del 04/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 12156 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PRI VITERA GIOVANNI N. IL 11/05/1972
avverso la sentenza n. 3278/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
27/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 04/12/2013

OSSERVA
1. Con la sentenza in epigrafe, veniva confermava la condanna di PRIVITERA
Giovanni per il delitto di 73 T.U. 309 del 1990, per la detenzione a fini di cessione di
gr 75,90 di cocaina, pari a gr. 33,39 di principio attivo, idonei a confezionare 222 dosi
(acc. in Catania il 28\2\2011). In appello veniva anche confermata la pena irrogata in
primo grado di anni 3 e mesi 8 di reclusione ed C 14.000= di multa, con la diminuente
del rito abbreviato.

3. Il ricorso è inammissibile.
Con riguardo alla commisurazione della pena ed al diniego dell’attenuante di cui al V
comma dell’art. 73 T.U. 309 del 1990, le generiche censure del ricorrente in ordine a
pretese carenze motivazionali della sentenza impugnata risultano manifestamente
infondate.
Va ricordato che questa Corte ha più volte ribadito che l’attenuante del fatto di lieve
entità deve essere individuata in base ad un’operazione interpretativa che consenta di
rapportare in modo razionale la pena al fatto, tenendo conto del criterio di
ragionevolezza derivante dall’art. 3 Cost., che impone – tanto al legislatore quanto
all’interprete – la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del
fatto (Cass. VI, 4194\95, imp. Salmi Ben, rv. 200797).
Nel caso di specie il giudice di merito, con congrua motivazione, ha evidenziato come
la droga detenuto fosse di quantità rilevante ed idonea, quindi, al confezionamento di
numerose dosi, così negando il riconoscimento della attenuante.
Tale valutazione della corte distrettuale è esente da censure, tenuto conto degli
orientamenti di questa Corte regolatrice la quale ha affermato che la circostanza
attenuante speciale del fatto di lieve può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima
offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia
dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze
dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici
previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (Cass. Sez. Un.
21-9-2000, n. 17).
Sulla base di tali insegnamenti il giudice del merito, a fronte della detenzione di circa
33 gr. puri di cocaina (utili al confezionamento di 222 dosi), coerentemente ha
ritenuto superate le soglie per ritenere il fatto di minima offensività.
3. Quanto all’entità della pena, con riguardo alla commisurazione della pena, le
generiche censure del ricorrente in ordine a pretese carenze motivazionali della
sentenza impugnata risultano manifestamente infondate.
Corretti, e insindacabili in sede di legittimità, sono i rilievi fattuali del giudice di merito
(gravità del fatto correlata alla natura e quantità della sostanza) che rendevano
l’imputato immeritevole di un più mite trattamento sanzionatorio.
La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra
nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito
anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’articolo 133 c.p.. Anzi,
non è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del
giudice risulta, come nel caso di specie, contenuta in una fascia medio bassa rispetto
alla pena edittale (cfr. ex plurimis Cass. IV, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV 230278).
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000,00 (mille/00), a titolo di
sanzione pecuniaria.
1

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo la violazione di legge e vizio
di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della attenuante di cui al V comma
dell’art. 73 cit. ed alla determinazione della pena.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, inoltre, al versamento della somma di euro 1000,00 in favore
della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2013

Il Consigliere estensore

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