Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12134 del 04/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 12134 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LICANI MARCO N. IL 20/01/1965
avverso l’ordinanza n. 975/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 04/12/2013

FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza del 6\12\2011 il Tribunale di Milano condannava LICANI Marco alla
pena di mesi 3 di arresto ed C 2.000= di ammenda per il reato di cui all’art. 186 per
guida in stato di ebbrezza. La prova della sua responsabilità emergeva dagli esami
alcolimetrici svolti e dai dati sintomatici.
2. Avverso la sentenza proponeva appello il difensore dell’imputato lamentando il
diniego del riconoscimento della continuazione con altre pregresse condanne per il
medesimo tipo di contravvenzione.

4. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, lamentando la
vulnerazione del diritto al contraddittorio e la erronea applicazione della legge,
essendo i motivi proposti sufficientemente specifici.
5. Il ricorso è inammissibile.
Va infatti riconosciuto che ha colto nel segno la Corte di appello quando ha rilevato la
assoluta assenza di specificità dei motivi di impugnazione.
In proposito va ricordato che questa Corte di legittimità ha statuito che “Per l’appello,
come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli art. 581 comma primo lett.
c) e 591 comma primo lett. c) del codice di rito comporta la inammissibilità
dell’impugnazione in caso di genericità dei relativi motivi. Per escludere tale patologia
è necessario che l’atto individui il «punto» che intende devolvere alla cognizione del
giudice di appello, enucleandolo con puntuale riferimento alla motivazione della
sentenza impugnata e specificando tanto i motivi di dissenso dalla decisione appellata
che l’oggetto della diversa deliberazione sollecitata presso il giudice del gravame”
(Cass. VI, sent. 13261 del 25-3-2003 (ud. 6-2-2003), Valle, rv. 227195).
Tale onere di specificità non è stato soddisfatto dal Licani nei motivi di appello, in
quanto nessuna censura è stata formulata in relazione alle preminenti argomentazioni
del giudice di merito, laddove ha negato il riconoscimento della continuazione in
relazione a reati di natura colposa e per i quali peraltro era impossibile rilevare un
medesimo disegno criminoso.
La manifesta infondatezza del ricorso impone la declaratoria di inammissibilità.
Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a
favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00= in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

3. Con ordinanza del 5\4\2012 la Corte di Appello di L’Aquila, rilevata la assenza di
specificità dei motivi di appello, dichiarava inammissibile l’impugnazione.

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