Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12127 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 12127 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SAHRAOUI RACHID N. IL 24/02/1966
avverso la sentenza n. 2775/2011 TRIBUNALE di GENOVA, del
20/06/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 30/09/2013

Ritenuto in fatto.

Con sentenza resa il 20 giugno 2011 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. il Tribunale di
Genova applicava a Sahraoui Rachid, imputato del reato di cui all’art. 13, comma
13 bis, d. lgs. n. 286 del 1998, la pena concordata fra le parti di cinque mesi e dieci
giorni di reclusione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche e tenuto conto
e della diminuente per il rito.

l’imputato, il quale lamenta violazione di legge con riferimento all’omessa
concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Collegio premette che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte sua
il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
c.p.p.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena art.
444 c.p.p., – l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o
soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono privi di
specificità e, comunque manifestamente infondati, atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto all’
accordo intervenuto fra le parti (dal verbale d’udienza non risulta che l’imputato
abbia subordinato la richiesta di accesso al rito alla concessione del beneficio della
sospensione condizionale della pena) e, dall’altro, ha escluso la sussistenza dei
presupposti di cui all’art.129 c.p.p
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede
di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai
parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza

i

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente

di legittimità (si vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992, Di Benedetto;
SS.UU. 27 settembre 1995, Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998, Messina).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di

sensi dell’art. 616 c.p.p.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 30 settembre 2013.

una sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro millecinquecento, ai

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