Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12125 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 12125 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AVILA GIUSEPPE N. IL 25/02/1983
avverso la sentenza n. 784/2009 CORTE APPELLO di CATANIA, del
22/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 30/09/2013

Ritenuto in fatto.

Il 22 maggio 2012 la Corte d’appello di Catania confermava la sentenza emessa,
all’esito di giudizio abbreviato, dal Tribunale di Ragusa, sezione distaccata di
Vittoria, che aveva dichiarato Giuseppe Avila colpevole del reato di cui all’art. 6 1.
n. 575 del 1965 e successive modifiche e, riconosciute le circostanze attenuanti
generiche e tenuto conto della diminuente del rito, lo aveva condannato alla pena di

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato
il quale lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla
sussistenza dell’elemento psicologico del reato e agli elementi posti a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza
di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione,
dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa
risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al
punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione
(Sez. Un. 28 maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric.
Santapaola, rv. 230203).
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in
riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192.2 c.p.p., non
critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla
formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso
travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il
sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
razionale della sentenza impugnata abbia -come nella specie- una sua chiara e
puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole
i

due mesi e venti giorni di arresto.

della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della
coscienza e volontà del ricorrente di guidare l’autovettura, pur essendo privo della
patente di guida, ritirata dal Prefetto di Ragusa nei confronti di persona sottoposta a
misura di prevenzione personale.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186

che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 30 settembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria

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