Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12120 del 30/09/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12120 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PALUMBO VINCENZO N. IL 15/07/1970
avverso la sentenza n. 2277/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CAS SANO;
Data Udienza: 30/09/2013
Ritenuto in fatto.
11 17 luglio 2012 la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza emessa il
15 maggio 2008, all’esito di giudizio abbreviato, dal Tribunale di Monza che aveva
dichiarato Vincenzo Palumbo colpevole del reato previsto dall’art. 9 1. n. 1423 del
1956 e successive modifiche e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche,
dichiarate equivalenti alla contestata recidiva e tenuto conto della diminuente per il
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di
fiducia, l’imputato il quale lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione
in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato e agli elementi posti a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità, nonché in merito alla
dosimetria della pena.
Osserva in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.In merito alle prime due censure il Collegio osserva che il controllo affidato al
giudice di legittimità è esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge
sostanziale e processuale, alla mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio
essere ricondotti tutti i casi nei quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei
requisiti minimi di coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo
logico seguito dal giudice di merito ovvero quando le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da
far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. Un. 28
maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric. Santapaola,
rv. 230203).
In realtà, il ricorrente, pur denunziando formalmente una violazione di legge in
riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all’art. 192.2 c.p.p., non
critica in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla
formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso
travisamento del fatto, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il
sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura
1
rito, lo aveva condannato alla pena di otto mesi di reclusione.
razionale della sentenza impugnata abbia -come nella specie- una sua chiara e
puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole
della logica, alle risultanze del quadro probatorio, indicative univocamente della
coscienza e volontà del ricorrente di violare le prescrizioni a lui imposte con il
provvedimento applicativo della sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di
soggiorno.
2.Manifestamente infondata è anche la seconda censura.
giustificato il riconoscimento della recidiva contestata, evidenziando che il nuovo
reato costituisce espressione della pericolosità sociale dell’imputato e del suo
costante rifiuto di osservare le regole a lui imposte.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186
del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria
che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio,i130 settembre 2013
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Il Collegio, con motivazione all’evidenza immune da vizio logici e giuridici, ha