Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12118 del 30/09/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12118 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RUISI SALVATORE N. IL 07/10/1985
avverso la sentenza n. 262/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
22/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
Data Udienza: 30/09/2013
Ritenuto in fatto.
Il 22 ottobre 2012 la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza emessa
il 26 maggio 2011 dal Tribunale di Alcamo, sezione distaccata di Alcamo, che
aveva dichiarato Salvatore Ruisi colpevole dei reati previsti dagli artt. 9 1. n. 1423
del 1956 e successive modifiche, 635, 337 c.p. e, ritenuto il vizio parziale di mente,
unificati i reati per la continuazione, lo aveva condannato alla pena di un anno di
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il difensore di
fiducia, l’imputato il quale lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione
in ordine alla mancata riapertura dell’istruttoria dibattimentale per espletare nuova
perizia psichiatrica e alla dosimetria della pena.
Osserva in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.Con riferimento alla prima censura, il Collegio osserva quanto segue.
In tema di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in sede d’appello, l’art.
603 c.p.p. reca diversità di previsione, a seconda che si tratti di prove preesistenti o
concomitanti al giudizio di primo grado, emerse in un diverso contesto temporale o
fenomenico, ovvero di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio.
Nel primo caso, il giudice d’appello deve disporre la rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale solo se ritiene di non essere in grado di decidere allo
stato degli atti; nel secondo, deve rinnovare l’istruzione, osservando i soli limiti del
diritto alla prova e dei requisiti della stessa. Con riguardo alla prima ipotesi, in
considerazione del principio di presunzione di completezza dell’istruttoria compiuta
in primo grado, la rinnovazione del dibattimento in appello è istituto di carattere
eccezionale, al quale può farsi ricorso esclusivamente quando il giudice ritenga,
nella sua discrezionalità, di non potere decidere allo stato degli atti. Pertanto, in
caso di rigetto della richiesta avanzata dalla parte, la motivazione potrà essere
implicita e desumibile dalla struttura argomentativa della sentenza d’appello, con la
quale si evidenzia la sussistenza di elementi sufficienti all’affermazione o alla
negazione di responsabilità dell’imputato (Cass., Sez. 5, 1 dicembre 2000, n. 01075,
rv. 215772; Cass., Sez. II, 7 luglio 2000, n. 08106, rv. 216532; Cass., Sez. V, 8
agosto 2000, n. 08891, rv. 217209).
reclusione.
Considerato, quindi, che nel giudizio di appello la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale, postulando una deroga alla presunzione di completezza della
indagine istruttoria svolta in primo grado, ha caratteristica di istituto eccezionale,
nel senso che ad essa può farsi ricorso quando appaia assolutamente indispensabile,
cioè nel solo caso in cui il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti,
il motivo di ricorso dedotto, peraltro genericamente formulato, è manifestamente
infondato. Il giudice di merito ha, infatti, dimostrato in positivo, con spiegazione
concludenza della perizia psichiatrica già svolta e, dall’altro, il ricorrente non ha
dimostrato l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione
impugnata, di lacune o manifeste illogicità, concernenti punti di decisiva rilevanza,
le quali sarebbero state presumibilmente evitate qualora si fosse provveduto
all’effettuazione, in grado d’appello, di una nuova perizia psichiatrica idonea a
svalutare il peso del materiale probatorio raccolto e valutato.
2.Manifestamente priva di pregio è anche la seconda doglianza.
I giudici d’appello hanno, con argomentazione correttamente sviluppata,
rispettosa dei principi costantemente enunciati dalla giurisprudenza di legittimità,
giustificato il diniego delle circostanze attenuanti generiche e il complessivo
trattamento sanzionatorio sulla base dei gravi e reiterati precedenti penali
dell’imputato e sulla qualità e natura dei fatti commessi.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186
del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria
che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 30 settembre 2013
Il Consigliere estensore
–41—residente
immune da vizi logici e giuridici, la sufficiente consistenza e l’assorbente