Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12096 del 30/09/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 12096 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PAOLELLO ORAZIO N. IL 09/03/1966
avverso l’ordinanza n. 7981/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 12/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;

Data Udienza: 30/09/2013

N.51229/12-RUOLO N.55

FATTO E DIRITTO
Con ordinanza del 12 ottobre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha
respinto il reclamo proposto da PAOLELLO Orazio, in espiazione pena per
partecipazione ad associazione mafiosa, omicidi aggravati ed altro avverso il
decreto del Ministro della Giustizia del 30 novembre 2011, con il quale era stato
prorooato di anni 2 il reoime differenziato. di cui all’art. 41 bis

O.D.

sostanziare il concreto pericolo che il PAOLELLO fosse ancora attualmente in
grado di mantenere i collegamenti con l’organizzazione criminosa di stampo
mafioso nota come “Stidda”, di cui era elemento di spicco, operante nel territorio
di Gela e da ritenere tuttora attiva ed operante, come poteva desumersi
dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. di Catania in data 12
settembre 2011 e dal sequestro di missive in arrivo al detenuto, dalle quali
poteva desumersi il suo persistente interesse per l’evolversi degli equilibri
criminali nella sua zona di radicamento criminoso.
Avverso detto provvedimento del Tribunale di Sorveglianza di Roma, PAOLELLO
Orazio ricorre per cassazione per il tramite del suo difensore, che ha dedotto
erronea applicazione della legge penale e motivazione solo apparente, in quanto
il provvedimento impugnato si era concentrato sulla disamina dei suoi precedenti
penali, aderendo ad un’interpretazione apodittica della sua capacità di mantenere
i contatti con l’associazione mafiosa di cui era stato ritenuto partecipe, senza
avere fornito alcun valido ed attuale riscontro, dal quale poter desumere la sua
effettiva e concreta capacità di gestire le strategie criminali della consorteria
mafiosa di appartenenza e, di conseguenza, l’attuale consistenza della sua
pericolosità, invero il legislatore con la riforma del 2009 non aveva conferito un
carattere di permanenza al regime speciale differenziato di cui all’art. 41 bis Ord.
Pen. e non aveva certo snaturato la sua genesi di misura di prevenzione; non era
stato tenuto conto del fatto che i reati ascrittigli erano stati da lui commessi
prima della sua detenzione, il che dimostrava la mancanza di attualità della sua
posizione verticistica all’interno della cosca mafiosa di appartenenza.

Il ricorso proposto da PAOLELLO Orazio è inammissibile, siccome fondato su
censure del tutto generiche.
L’art. 41 bis della legge 26.7.1975 N. 354, così come sostituito dall’art. 2 della
legge 23.12.02 n. 279, stabilisce che i provvedimenti applicativi del regime di
detenzione differenziato “sono prorogabili nelle stesse forme per periodi
successivi, ciascuno pari ad un anno (oggi due anni), purché non risulti che la

Secondo il Tribunale di sorveglianza sussistevano plurimi parametri, idonei a

capacità del detenuto o dell’internato di mantenere contatti con associazioni
criminali, terroristiche od eversive sia venuta meno”.
Il sindacato avverso detti provvedimenti, devoluto alla Corte di Cassazione
dall’art. 41 bis comma 2 sexies della legge citata, è limitato alla violazione di
legge; pertanto il controllo affidato a questo giudice di legittimità è esteso, oltre
che alla inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, altresì
alla mancanza di motivazione e cioè alle ipotesi in cui la motivazione risulti del
tutto priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, si da risultare

sono a tal punto scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far
rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (cfr. Cass. SS.UU.
28.5.03 Rv. 224611; Cass. 1^ 9.11.04 Rv. 230203).
E’ quindi da escludere che la violazione di legge ricomprenda in sé anche il vizio
di contraddittorietà od illogicità manifesta della motivazione.
Anche i decreti di proroga del regime di detenzione differenziato devono essere
dotati di adeguata ed autonoma motivazione in ordine agli specifici elementi, dai
quali risulti la permanenza attuale delle eccezionali ragioni di ordine e di
sicurezza, correlate ai pericoli connessi alla persistente capacità del condannato
di tenere contatti con la criminalità organizzata, che le misure mirano a
prevenire (cfr. Cass. 1^ 4.3.04 rv 227975; Cass. 1^ 8.4.2008 n. 14697).
La Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale
della normativa da ultimo citata, l’ha dichiarata inammissibile per manifesta
infondatezza, sottolineando la conformità ai principi costituzionali, prevedendo
essa che ciascun provvedimento di proroga contenga un’autonoma e congrua
motivazione circa la permanenza attuale di pericoli per l’ordine e la sicurezza,
che le misure mirano a prevenire (Cfr. Corte Costituzionale ordinanza 23.12.04
n. 417).
Il provvedimento impugnato nella presente sede appare conforme ai principi
sopra illustrati.
Esso infatti ha specificamente indicato i concreti ed attuali motivi, per i quali era
da ritenere legittima la proroga della sospensione dell’applicazione di regole del
trattamento penitenziario e di istituti previsti dall’Ord. Pen. nei confronti del
ricorrente.
Il provvedimento ha rilevato come il ricorrente fosse in espiazione pena per gravi
delitti quali omicidio volontario, partecipazione ad associazione di stampo
mafioso ed altro; che la sua pericolosità sociale era da ritenere tuttora attuale e
perdurante, emergendo da provvedimenti giurisdizionali anche recenti che egli
fosse tuttora partecipe, con ruolo apicale, dell’omonima organizzazione criminosa
di stampo mafioso tuttora viva ed operante nel territorio di Gela; il che induceva

meramente apparente, ovvero quando le linee argomentative del provvedimento

a ritenere attuale il rischio di collegamenti del reclamante con gli affiliati della
cosca da ultimo citata.
Il ricorso in esame va pertanto dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e
della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

P.O.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Così deciso il 30 settembre 2013.

spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA