Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12095 del 30/09/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 12095 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPERA BENEDETTO N. IL 01/07/1934
avverso l’ordinanza n. 7976/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 19/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 30/09/2013

Ritenuto in fatto.

1. Con ordinanza emessa in data 19 ottobre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di
Roma respingeva il reclamo presentato da Benedetto Spera, avverso il decreto
ministeriale di proroga del regime differenziato ai sensi dell’art. 41 bis ord pen.
Ad avviso del Tribunale tale regime era giustificato da plurimi elementi:
a)l’inserimento del condannato in posizione di rilievo nel mandamento di Belmonte

sempre assai vicina ai corleonesi e, in particolare, a Bernardo Provenzano, arrestato
il 31 gennaio 2001, dopo sette anni di latitanza e raggiunto da provvedimenti
restrittivi per fatti gravissimi, quali la strage di Capaci; b) la perdurante operatività
dell’associazione di riferimento, tuttora dedita alla commissione di gravi e
allarmanti reati nel territorio di riferimento; c) la gestione di rilevanti interessi
patrimoniali da parte di persone vicine a Spera.
In base a tali elementi il Tribunale argomentava che si configuravano tutti gli
elementi per ritenere, in concreto, la perdurante capacità di mantenere collegamenti
con la criminalità organizzata (Corte Cost., sent. n. 417 del 2004).
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Benedetto Spera, il quale, anche mediante memorie difensive, e
motivi nuovi concernenti pure le condizioni di salute, lamenta violazione ed erronea
applicazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione relativamente
alla sussistenza dei presupposti legittimanti l’applicazione del regime penitenziario
differenziato.

Osserva in diritto.

Il ricorso è manifestamente infondato.
1. L’art. 41 bis, comma 2 bis, della 1. n. 354 del 1975 e successive modifiche
stabilisce che i provvedimenti applicativi del regime di detenzione differenziato
sono suscettibili di proroga nelle stesse forme per periodi successivi, purché non
risulti che la capacità del detenuto o dell’internato di mantenere contatti con
associazioni criminali, terroristiche o eversive sia venuta meno.
2. L’ambito del sindacato devoluto alla Corte di Cassazione è segnato dal
comma 2 sexies del novellato art. 41 bis, a norma del quale il Procuratore generale

i

Mezzagno – articolazione dell’associazione di stampo mafioso “cosa nostra” — da

presso la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da intendere
nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre che
all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla mancanza di
motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei quali la
motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,

assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di
merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee argomentative del
provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da
far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione (Sez. Un. 28
maggio 2003, ric. Pellegrino, rv. 224611; Sez. I, 9 novembre 2004, ric. Santapaola,
rv. 230203).
E’, invece, da escludere che la violazione di legge possa ricomprendere il vizio
di illogicità della motivazione, dedotto dal ricorrente che, sotto questo profilo, non
può trovare ingresso in questa sede.
3. Alla luce di questi principi il Collegio osserva che il ricorso, pur
denunciando formalmente anche il vizio di violazione di legge, non individua
singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende in
realtà a provocare una non consentita nuova valutazione del merito delle circostanze
di fatto, in quanto tali insindacabili in sede di legittimità. L’ordinanza impugnata,
peraltro, ha correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con motivazione
congrua, adeguata e priva di erronea applicazione della legge penale e processuale.
Il provvedimento impugnato è esente, all’evidenza, da censure anche nella parte
in cui, con motivazione immune da qualsiasi vizio, ha evidenziato che le patologie
da cui è affetto Spera sono discrete, stabili, compatibili con la restrizione carceraria
in atto e non risultano elementi obiettivi da cui inferire un’incapacità mentale,
cognitiva, intellettiva, così come invece prospettato dalla difesa che tende a
sollecitare una lettura alternativa delle acquisizioni non consentita in sede di
legittimità, ove il provvedimento sia, come nel caso di specie, sorretto da una
solida, compiuta e coerente struttura argomentativa.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
2

completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o

ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di
una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 c.p.p.
P.Q.M.

spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa
della ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 30 settembre 2013

Il Consigliere estensore

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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