Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12035 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 12035 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TETI GIUSEPPE N. IL 21/05/1952
avverso l’ordinanza n. 856/2013 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
17/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
194e/sentite le conclusioni del PG Dott. . R2 ej<\ o mariztuoclumno Uditi difensor Avv. aA„..y>.A.AA: A.

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Data Udienza: 11/03/2014

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1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Il Tribunale di Messina ha rigettato la richiesta di riesame proposta da
Giuseppe Teti avverso l’ordinanza cautelare che in data 1.10.2013 gli ha applicato
la misura degli arresti domiciliari, in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 319
quater c.p. (capo C dell’imputazione provvisoria), per aver indotto al ritiro dalla

Microbiologia clinica il concorrente più meritevole, Salvatore Papasergi, per
concorrere a favorire l’ascesa professionale, all’interno dell’Università di Messina, di
Carlo Bisignano, figlio del collega Giuseppe Bisignano.

2. Ricorre a mezzo del difensore il prof. Teti, enunciando otto motivi:
-1. violazione degli artt. 309.9 e .10 e 311.1 c.p.p., con perdita di efficacia
della misura imposta, perché la decisione non sarebbe stata adottata nel termine
dei dieci giorni di legge, dovendo, per il ricorrente, in tale termine avvenire anche il
deposito della motivazione del provvedimento, l’opposto contrario indirizzo
giurisprudenziale essendo contrario alla lettera della norma ed ai principi
dell’ordinamento; tale conclusione sarebbe altresì imposta per dare senso concreto
alla possibilità di esercitare il diritto di difesa attraverso una tempestiva
impugnazione dei provvedimenti sfavorevoli;
-2.

violazione di legge per l’omessa indicazione del numero di registro

nell’ordinanza impugnata, omessa indicazione che avrebbe inciso nell’individuazione
ed impugnazione del provvedimento, con lesione del diritto di difesa;
-3. violazione degli artt. 292 e 274 c.p.p., con le norme costituzionali e
internazionali che impongono l’obbligo di motivazione in tema di misure custodiali,
non essendo stati indicati comportamenti o atti concreti o precedenti penali desunti
aliunde rispetto all’ipotesi di reato e idonei a sostenere il ritenuto sussistente
pericolo di reiterazione, avendo il Tribunale argomentato solo dalla gravità e dal
numero degli illeciti contestati;
-4. violazione dell’art. 275 c.p.p., per omessa motivazione dell’inidoneità di
misure meno gravose, come l’obbligo di dimora eventualmente aggravato da
prescrizioni specifiche idonee ad impedire la partecipazione a pubblici concorsi;
-5. violazione di legge in relazione ai concetti conseguenti l’uso della locuzione
“dubbio non revocabile di responsabilità”, contenuta nel provvedimento impugnato;

procedura selettiva per ricercatore a tempo determinato in Microbiologia e

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-6.

2

sussisterebbe “conflitto motivazionale” tra l’avere il GIP escluso la

configurabilità (originario capo D) del reato ex art. 319 c.p. in relazione ai favori per
la carriera universitaria della moglie di Teti da parte del prof. Bisignano, che
avrebbero dovuto accompagnare l’attivazione del primo in favore del figlio del
secondo, e l’avere il Tribunale recuperato quel contesto quale fine o ingiusto
vantaggio perseguito dal prof. Teti;
-7. vizi della motivazione per avere il Tribunale utilizzato come compendio

Bisignano, Nicoletti e Ripa), attribuendo a Teti conversazioni con Ripa invece
intercorse con Bisignano, essendovi una sola intercettazione tra Teti e Bisignano;
-8. vizi della motivazione e violazione dell’art. 292.2-ter c.p.p. in relazione
all’omesso confronto con l’assunto difensivo della non certezza dell’attribuzione al
dott. Papasergi della vittoria del concorso.

2.1 In data 27.2.2014 sono stati presentati sette motivi aggiunti, con censure
anche di inutilizzabilità del compendio probatorio, per:
– violazione degli artt. 335, 405 e 406 c.p.p. in relazione alle vicende di
questo procedimento ed alla sua relazione con l’originario procedimento contro
ignoti;
– tardività della richiesta di proroga (motivi da 2 a 4);
– illegittimità del sistema di remotizzazione;
– violazione dell’art. 267.4 c.p.p. per non essere stata disposta delega
nominativa;
– inutilizzabilità delle intercettazioni di cui ai RIT specificamente indicati, per
insussistenza delle condizioni legittimanti, evincibile “dalla lettura delle premesse
intercettazioni e dei decreti”.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di
euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Il primo motivo ripropone questione di diritto già ripetutamente disattesa da
questa Corte di legittimità

(da ultimo Sez.2, sent. 22171/13) 1 senza indicare

elementi di novità idonei ad imporre un ripensamento dell’orientamento
consolidato. Del resto, appare significativo che la recente proposta di legge n. 631
di questa XVII legislatura (Camera dei deputati), preveda espressamente al suo
articolo 5 la modifica del comma 10 dell’art. 309 c.p.p., nel senso sollecitato dal

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indiziario a carico del ricorrente contatti telefonici tra terze persone (i professori

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ricorrente: modifica normativa che, in sé, finisce con il confermare l’attuale lettura
che di tale norma dà la Corte di legittimità.
Il secondo motivo è manifestamente infondato e generico: il ricorrente ha
impugnato proprio l’ordinanza ‘corretta’, e non indica quale pregiudizio giuridico
abbia in concreto ricevuto dall’asserita mancanza grafica che lamenta.
Il terzo motivo è diverso da quelli consentiti, risolvendosi in censura di merito,
e comunque è manifestamente infondato. Il Tribunale ha dato specifico conto di una

dare ed avere”, anche a prescindere dall’interesse contingente nell’episodio
specifico, così spiegando l’irrilevanza della formale incensuratezza (p.11): si tratta
di apprezzamento di stretto merito, non palesemente incongruo al materiale
probatorio specificamente richiamato, sorretto da motivazione né apparente né
altrimenti viziata ai sensi dell’art. 6061. Lett. E c.p.p..
Il quarto motivo è diverso da quelli consentiti, risolvendosi in censure di
merito anche assertive (atteso che il contesto di disponibilità al
mercanteggiamento, ricostruito dai giudici del merito, rende irrilevante la fisica
contingente presenza).
Il quinto motivo è manifestamente infondato, perché travisa il senso della
locuzione, utilizzata dal Tribunale a p. 8 dell’ordinanza per sostenere la certezza
probatoria della conclusione cui perviene nell’apprezzare quale vero e proprio
“avvertimento” il “suggerimento” del prof. Teti al Papasergi.
Il sesto motivo è manifestamente infondato. Il GIP ha giudicato mancare la
prova di una promessa stringente piuttosto che di una solo generica ed
indeterminata disponibilità a collaborare: di palese evidenza è pertanto che
l’irrilevanza penale specifica non è incompatibile, già in fatto, con la indicazione
quale ragione ed interesse per l’azione in corso.
Il settimo motivo coglie un evidente parziale refuso dell’ordinanza (che riporta
parte dei paragrafi dedicati al coindagato Bisignano, interlocutore delle telefonate),
ma è generico e manifestamente infondato laddove non si confronta con il fatto che
comunque il Tribunale precisa, nel medesimo testo dell’ordinanza impugnata, che si
tratta di telefonate tra Bisignano, Nicoletti e Ripa (p. 5), argomentando la riferibilità
del contenuto all’azione che al prof. Teti era stata chiesta ed al tornaconto da questi
era stato prospettato.
L’ottavo motivo è manifestamente infondato e generico laddove non si
confronta con quanto in concreto argomentato dal Tribunale. I Giudici collegiali
della cautela hanno osservato che in questo contesto si trattava di giungere
all’esclusione dei concorrenti scomodi (p. 3) e il dott. Papasergi aveva avuto un

“vera e propria professionalità a mercanteggiare nel sistema illecito, nella logica del

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punteggio più elevato nella valutazione preliminare dei titoli, con un primo risultato
che assumeva valore sostanzialmente determinante, secondo quanto dichiarato dai
componenti della commissione.
I motivi aggiunti sono tutti inammissibili per due concorrenti ragioni.
Da un lato essi prospettano questioni relativi a punti della decisione non
oggetto dei motivi originari (principio generale che non è derogato nei procedimenti
‘de libertate’, dove solo è prevista la possibilità di presentare i motivi nuovi, che

tutte, Sez. 1, sent. 46711/11).
Dall’altro, quand’anche si dovessero intendere come deduzione, pur nuova, di
censure di varie cause di inutilizzabilità di atti, in realtà le censure non solo sono
generiche laddove non indicano espressamente quali parti dell’ordinanza impugnata
sarebbero travolte da tali inutilizzabilità né allegano gli atti necessari a dar conto
delle deduzioni assertivamente formulate (Sez.2, sent. 24925/2013) ma, anche, ed
è rilievo autonomamente assorbente, prospettano per la prima volta in sede di
legittimità contestazioni che, per il necessario vaglio della loro eventuale
fondatezza, richiederebbero l’accesso agli atti del processo. La giurisprudenza di
questa Corte suprema, invece, è consolidata nel rilevare che anche le censure di
inutilizzabilità non possono essere dedotte per la prima volta in sede di legittimità,
quando il loro accertamento non emerga già dal testo dei provvedimenti impugnati
ma richieda una verifica in fatto che non può che essere dedotta e richiesta al
giudice del merito (unico in grado di formulare nella sua completezza, anche con
confronto con gli atti diversi da quelli soli indicati dalla parte ma presenti nel
fascicolo, la valutazione di corrispondenza della situazione descritta a quella
effettivamente presente nel fascicolo del procedimento: per tutte

Sez. 6, sent.

43534/2012 e 37767/2010).

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11.3.2014

siano però sempre correlati a quelli originari, fino al momento della discussione: per

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