Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12025 del 25/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 12025 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CONTORNO GIUSEPPE N. IL 10/07/1948
avverso il decreto n. 57/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
18/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lette/sereite le conclusioni del PG Dott. eckArs..

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Uditi difens Avv.;

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Data Udienza: 25/02/2014

1. Contorno Giuseppe propone ricorso per Cassazione avverso il decreto della
Corte di appello di Palermo con il quale è stata confermata la confisca di
prevenzione resa ai danni del ricorrente con decreto del Tribunale di Palermo in
data 16 febbraio 2009 , relativa ai due diversi immobili meglio precisati in decreto.
2. Tre i motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo si deducono diverse violazioni di legge relative alla misura
di prevenzione personale comminata al ricorrente , segnatamente in punto al

2.2 Con il secondo motivo si contesta la confisca sotto il versante della mancata
correlazione tra gli acquisti dei beni poi fatti oggetto dell’iniziativa ablativa e la
data di emergenza della pericolosità sociale ascritta al ricorrente .
2.3 Con il terzo motivo si lamenta violazione degli artt 228 e 178 cpp e mancanza
assoluta di motivazione in relazione al contenuto dei motivi di impugnazione in
appello ed al contenuto della consulenza di parte acquista in processo.
3. La Procura generale con le conclusioni scritte acquisite in atti ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso.
4. Con ulteriore memoria in atti la difesa ha infine contrastato in replica le
osservazioni della Procura generale, ribadendo il tenore dei motivi sollevati a
sostegno del gravame.
5. Il ricorso è inammissibile.
6.

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Il primo motivo appare el=3 da una evidente confusione sul tenore

oggettivo del provvedimento in disamina ; confusione, generata dalla storia del
procedimento che occupa, che caratterizza per vero sul punto anche le conclusioni
della Procura Generale.
Misura personale e patrimoniale furono originariamente oggetto di una unica
richiesta, definita in primo grado con il medesimo decreto reso in accoglimento
della proposta unitariamente articolata.
Interposto appello, nel corso del procedimento di secondo grado , le due misure
sono state separate : occorreva infatti procedere , per quella patrimoniale , ad
un supplemento di istruttoria tanto che , come emerge chiaramente dal decreto
oggi impugnato ( che riporta trascritto il tenore della decisione sulla personale solo
per una migliore intellegibilità complessiva del provvedimento), la misura
personale venne immediatamente decisa ( decreto del 31 gennaio 2011 , peraltro
divenuto esecutivo come specificato alla nota sub 2 di pagina 9 del provvedimento
qui impugnato) mentre quella patrimoniale ebbe un ulteriore ed autonomo

ritenuto giudizio di attualità della ritenuta pericolosità sociale ascritta al ricorrente.

sviluppo processuale , definitivamente stralciato dalla misura personale, sfociato
nel provvedimento oggi ihdisamina .
Del tutto eccentriche risultano dunque le contestazioni mosse alla misura
personale , estranee al decisum connotante il provvedimento nell’occasione
impugnato.
7. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato .
Prescindendo dal riferimento all’oramai costante orientamento di questa Corte (

altrettanto esauriente requisitoria del Procuratore generale ) reso in punto alla
possibilità di procedere alla confisca di beni ritenuti nella disponibilità del soggetto
pericoloso socialmente anche se entrati nel patrimonio di quest’ultimo
precedentemente all’emergere della relativa pericolosità, è facile osservare come
la Corte territoriale sul punto abbia altresì precisato che , sul piano logico , siffatta
mancata correlazione ( peraltro limitata solo al primo cespite in interesse giacchè
il secondo è coevo nell’acquisto al fatto relativo alla prima condanna per
estorsione ascritta al Contorno , risalente al 1991) potesse ritenersi
sostanzialmente insussistente ( pagina 16 ultimi due capoversi) in ragione del
fatto che già negli anni ’80 ( il primo acquisto in disamina è del 1985) il ricorrente
doveva logicamente ritenersi inserito nell’ambito associativo e mafioso poi
riscontrato e nello specifico settore dell’imposizione del pizzo. Considerazione
questa che non trova alcun profilo di contestazione nel gravame e che assorbe
definitivamente il rilievo da ascrivere al tema in diritto.
8. Il terzo motivo , infine si pone in contraddizione con le emergenze processuali e
riposa su doglianze non consentite in questa sede .
8.1 Giova preliminarmente ribadire che in linea di principio , nel procedimento di
prevenzione , il ricorso per Cassazione, secondo il disposto dell’art. 4, comma II,
legge 27 dicembre 1956 n.1423, richiamato dall’art. 3 ler, comma 2, legge n.
575/1965 , è ammesso soltanto per violazione di legge. Ne consegue che, in tema
di sindacato sulla motivazione, sono escluse dal novero dei vizi deducibili in sede
di legittimità le ipotesi previste dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen.,
potendosi soltanto denunciare, ai sensi della lett.c) dello stesso articolo, la
motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione
dell’obbligo – imposto dall’art. 4, comma 10 legge n. 1423/1956 – di provvedere
con decreto motivato.

puntualmente richiamato nel provvedimento impugnato e aggiornato dalla

In sede di legittimità, non è dunque deducibile il vizio di motivazione, a meno che
questa non sia del tutto carente, o presenti difetti tali da renderla meramente
apparente e in realtà inesistente, ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, di
completezza e di logicità; ovvero quando la motivazione stessa si ponga come
assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di
merito, oppure, ancora, allorché le linee argomentative del provvedimento siano
talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare

6, n. 35044, del 8/03/2007, dep. 18/09/2007, Bruno, Rv. 237277).
La limitazione del ricorso alla sola “violazione di legge” è stata tra l’altro
riconosciuta dalla Corte Costituzionale non irragionevole (sent. n. 321 del 2004),
data la peculiarità’ del procedimento di prevenzione sia sul piano processuale che
su quello sostanziale.
8.2 Tanto precisato , osserva la Corte come il tenore della perizia disposta nel
corso del procedimento , con riferimento anche ai valori ascritti agli immobili in
confisca all’epoca degli acquisti, è stato sottoposto alla disamina critica delle parti
( i periti sono stati richiamati proprio per rispondere alle valutazioni di parte
emergenti dal deposito della consulenza di parte ) senza che peraltro in quella
sede processuale risulti sia stata sollevata alcuna doglianza processuale in ordine
al tenore del mandato ed alla lesione del contraddittorio quanto alla
determinazione dei suddetti valori.

re

8.3 Sono poi estranei ai motivi consentiti

11 ricorso in cassazione avverso le

misure di prevenzione le ulteriori doglianze sollevate .
La circostanza che l’immobile di via Orsa Minore sia il frutto di un acquisto
conseguenziale alla partecipazione ad una società cooperativa e non di una tipica
compravendita commerciale ( da qui l’incoerenza del diverso valore reale
determinato in giudizio ) costituisce una valutazione in fatto estranea al processo
di legittimità e comunque non destinata ad inficiare in radice il portato della
motivazione.
Stessa sorte tocca poi alle contestazioni legate all’affermazione della Corte
territoriale in forza alla quale le disponibilità finanziarie del Contorno per l’acquisto
avvenuto nel 1985 erano assorbite dal pagamento di mutui e dalla necessità del
sostentamento familiare ( affermazione errata perché l’unico mutuo pagato era
coperto da altre entrate) ; nonché a quella in forza alla quale , sempre per
l’acquisto del 1985 , il ricorrente avrebbe pagato in contanti la somma di £

oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione della misura (ex plurimis, Sez.

19.143.000 della quale non aveva la disponibilità quando per contro trattavasi di
importo anticipato nelle tre annate precedenti.
Si tratta , evidentemente, di affermati travisamenti probatori destinati ad incidere
sulla tenuta della motivazione , non sulla effettiva sussistenza della stessa e
dunque , per quanto sopra, estranei ai rilievi di legittimità consentiti in materia di
prevenzione.
9. Ne viene in coerenza la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente

delle Ammende liquidata in via equitativa come in dispositivo.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente pagamento delle spese
del giudizio e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 25 febbraio 2014
IL Consigliere relatore

il 7residen

al pagamento delle spese del giudizio nonché di una somma in favore della cassa

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