Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12022 del 13/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 12022 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ACRI GENNARINO N. IL 17/06/1982
avverso l’ordinanza n. 182/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 25/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CARLO CITTERIO;
lede/sentite le conclusioni del PG Dott.
e I t AkA-vrilllii”vfo

Uditi difensor Avv.&

P ‘4)-

A4A-O , P/t

2 (Ac 124.14-~h,

Data Udienza: 13/02/2014

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1

CONSIDERATO IN FATI-0
1. Il Tribunale di Catanzaro con ordinanza del 25.7-1.8.2013 ha rigettato la
richiesta di riesame proposta da Gennarino Acri avverso il decreto 29.6.13 con cui il
locale GIP ha disposto, nei confronti suoi e della figlia nel cui interesse pure la
richiesta è stata proposta, il sequestro preventivo di beni mobili e immobili (ex artt.

Secondo il Collegio del riesame, la confermata misura cautelare personale per
reato associativo di tipo mafioso dava conto dell’esistenza addirittura di gravità
indiziaria, più che del mero ‘fumus’, rappresentando l’indagato come operante nel
clan Acri-Morfò in Rossano, in particolare con l’assicurare, dal 2006 ad oggi, a tre
società operanti nel settore del caffè e prodotti derivati (Pellegrino Caffè srl, Pi.Gi.
caffè srl, Jamaican Caffè srl) una posizione dominante nel territorio anche prossimo
attraverso condotte di tipo mafioso incidenti sulle libere determinazioni degli
imprenditori interessati; il tenore di vita del nucleo familiare del richiedente
risultava assolutamente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, con avvio di
società ed acquisto di immobili a fronte di dichiarazioni di redditi insufficienti a
soddisfare minime fisiologiche esigenze quotidiane; anche in ordine ai redditi dal
2001 al 2006 provento dell’attività economica Superior Security, l’utilizzazione
originaria di redditi illeciti determinava l’illiceità dei successivi reinvestimenti; il
tutto in mancanza di indicazioni difensive sulla lecita provenienza dei beni
sequestrati.

2. A mezzo dei difensori ricorre Gennarino Acri, enunciando due motivi di
violazione di legge:
– con riferimento agli artt. 321.2 e .3bis c.p.p., 12 sexies legge 356/1992, per
la presenza di motivazione solo apparente e resa in violazione di legge, per non
aver dato conto del vincolo tra cosa e reato per cui si procede, del periculum in
mora, del certo quadro indiziario, omettendo di rispondere alle deduzioni difensive,
contenute nella memoria depositata in udienza, sui punti del collocamento
temporale delle acquisizioni in momenti assolutamente antecedenti i tempi
dell’imputazione nonché della rilevanza della protratta carcerazione, con generico
rinvio a provvedimento ancora non depositato al momento del ricorso. Il ricorrente
lamenta poi che, in definitiva, il Tribunale avrebbe operato solo per consequenziali
presunzioni, non collegando doverosamente gli aspetti della sproporzione, di un

321.2 c.p.p. e 12 sexies d.l. 306/92 conv. legge 356/92).

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contesto indiziario univoco per uno specifico reato, del legame temporale tra i primi
due elementi con riferimento ai singoli beni sequestrati, unica operazione
interpretativa che si imporrebbe a fronte di una legislazione altrimenti
sostanzialmente illiberale; in ogni caso, sarebbe evidente l’assoluta mancanza di
motivazione rispetto ai dati fattuali, tutti pertinenti le problematiche giuridiche
esposte, contenuti nella prodotta consulenza tecnica di parte (allegata anche al
ricorso);

ritenuti nella disponibilità del ricorrente (due immobili, un libretto di deposito, un
conto corrente). Premessa la propria legittimazione al ricorso anche per essi (con
richiamo alle sentenze di questa Corte 34708/2008, 36038/2005, 6676/2001)
perché il fatto che i suddetti beni “siano rispettivamente intestati alla moglie e alla
figlia conviventi dell’indagato di per sé dimostra un suo concreto interesse”, il
ricorrente censura l’omessa motivazione sull’attribuzione a Gennarino Acri dei beni
formalmente appartenenti a terzi, non potendo operare in via analogica la
presunzione normativa propria solo delle misure di prevenzione (art. 26.2 lett. a d
Igs 159/2011).
2.1 II 24.1.2014 sono stati depositati motivi aggiunti, che censurano l’omessa
motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi per la confisca
speciale e il richiamo a diversa deliberazione, senza alcuna indicazione degli
elementi in fatto che l’avevano fondata, sì da privare il ricorrente di ogni possibilità
di confronto argomentativo e, quindi, da rendere solo apparente la motivazione.

RAGIONI DELLA DECISIONE
3. E’ opportuno muovere dal secondo motivo, relativo ai “beni formalmente
intestati alle altre componenti del nucleo familiare”.
Tale motivo va dichiarato inammissibile per mancanza di interesse. La
giurisprudenza richiamata nel ricorso si riferisce a situazioni differenti, nelle quali
l’interesse specifico ed autonomo del ricorrente rispetto a singoli e individuati beni
era stato specificamente indicato e dedotto, risultando poi effettivamente
sussistente. Così non è nella fattispecie, in cui il ricorrente (p. 14 ultimo periodo)
afferma il proprio interesse in ragione della mera affermata relazione di convivenza
con le persone formalmente intestatarie, senza indicare puntualmente la relazione
contingente ed autonoma con i beni sequestrati, che sostenga la pretesa alla
cessazione del vincolo (Sez.5, sent. 10205/2013).

4. Il primo motivo è fondato, nei termini che seguono e sotto due profili.

– stesse norme violate con riferimento ai beni formalmente intestati a terzi ma

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Il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti cautelari reali è ammesso
solo per violazione di legge (e pertanto, quanto alla motivazione, per i soli vizi di
sua mancanza o mera apparenza).
Questa Corte in tema di misure cautelari personali ha già affermato che con il
ricorso per cassazione la denuncia di motivazione omessa (inadeguata o
contraddittoria) valutazione di elementi probatori potenzialmente determinanti per
diversa deliberazione, presenti in atti, è ammissibile solo quando il ricorrente abbia

per il riesame (o per l’appello cautelare): tra le altre Sez.6, sent. 22333/2012.
Questo perché, all’evidenza, la censura afferente un aspetto probatorio specifico
può essere valutata solo appprezzando tale aspetto all’interno del complessivo
compendio probatorio, ciò che compete al solo giudice del merito cui, pertanto, la
censura va tempestivamente e specificamente rivolta, in termini che possano
essere immediatamente individuabili dal giudice di legittimità cui spetta solo un
controllo formale sull’esistenza e la logica della motivazione che sorregge
provvedimento: da qui la irrilevanza di deduzioni svolte nel ricorso in termini che
non risultino inequivocamente documentati come già proposti ai giudici del merito
cautelare.
Tale giurisprudenza, con il necessario adattamento della riduzione al solo vizio
di motivazione omessa o solo apparente (ex art. 325.1 c.p.p.), non può che trovare
applicazione anche nelle procedure afferenti misure cautelari reali.

5. Nel caso di specie, la singola pagina in cui si risolve la motivazione
dell’ordinanza impugnata argomenta in modo sostanzialmente assertivo, avendo
fatto riferimento a provvedimento di conferma di misura cautelare a quel momento
non noto alla parte nella sua completa configurazione e i cui tratti almeno essenziali
non sono stati riferiti, e avendo omesso alcun confronto argomentativo (o, almeno,
alcun indice di avvenuta considerazione e valutazione) con le deduzioni specifiche
contenute nella consulenza del dr. Bilotta, che erano pertinenti aspetti strutturali
del tipo di sequestro disposto. Se va ribadito che il giudice dell’impugnazione non
ha alcun obbligo di confrontarsi con le singole argomentazioni proposte dalla parte
che ha proposto l’impugnazione, potendo alcune di esse risultare assorbite o
trovare risposta implicita, tuttavia quanto più la deduzione della parte risulta
articolata e pertinente, potenzialmente idonea a influire sulla deliberazione
conclusiva, tanto più la risposta del giudice dell’impugnazione non può risolversi in
clausole di stile e, ancor meno, l’omessa risposta può essere apprezzata come
motivazione implicita.

tempestivamente, e per iscritto, rappresentato quegli stessi elementi al tribunale

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Non inopportuna è la precisazione che, in questa sede di legittimità e quando
si controverte dell’esistenza e del contenuto della motivazione, rileva non la
fondatezza o meno del contenuto di merito delle deduzioni difensive ma, e solo,
l’omessa loro considerazione quando queste non risultino per sé immediatamente
generiche o non pertinenti alle tematiche proprie della misura cautelare in concreto
applicata. Il che non è in questo caso.
Si impone pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato per nuovo

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Catanzaro per nuovo
esame.
Così deciso in Roma, il 13.2.2014

esame.

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