Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1202 del 14/12/2017

Penale Ord. Sez. 7 Num. 1202 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da
A.A.
avverso la sentenza del 02/11/2015 della Corte di Appello di Roma;
udita la relazione del presidente Giacomo Paoloni.

FATTO E DIRITTO
Con la decisione indicata in epigrafe la Corte di appello di Roma ha confermato
la sentenza con cui il g.u.p. del Tribunale di Roma, all’esito di giudizio abbreviato, ha
dichiarato A.A. colpevole del reato di corruzione propria antecedente, per
avere – nella sua qualità di carabiniere addetto alla centrale operativa dell’Arma e,
quindi, avente accesso alle banche dati delle forze di polizia – compiuto atti contrari ai
doveri di ufficio, fornendo a due pregiudicati notizie coperte da segreto sull’esistenza di
indagini a loro carico (ivi inclusi servizi di intercettazione fonica) in ordine ad un delitto
di tentato omicidio e accettando, come controprestazione, cessioni di cocaina, sostanza
stupefacente destinata al suo consumo personale o alla cessione a terzi.
Condotta criminosa per la quale il A.A. è stato condannato, riconosciutegli
le attenuanti generiche (in ragione dell’avvenuta confessione degli addebiti), alla pena
di due anni e quattro mesi di reclusione e al risarcimento del danno in favore della
costituita parte civile (Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri). La Corte capitolina

Data Udienza: 14/12/2017

ha disatteso i motivi di gravame dell’imputato, relativi alla eccessiva afflittività della
pena e all’asserita insussistenza del danno lamentato dall’Arma, condividendo le
considerazioni al riguardo svolte dal giudice di primo grado.
Il difensore dell’imputato ha impugnato per cassazione la sentenza di appello,
deducendo un unico motivo di censura con cui si deducono la carenza ovvero la
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della decisione con riferimento
alla particolare onerosità della sanzione inflitta al prevenuto (non essendosene
adeguatamente apprezzati l’incensuratezza e il leale contegno processuale scandito da

derivante all’Arma dei Carabinieri dalla illecita condotta del ricorrente.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per genericità o, rectius, aspecificità dei
motivi di ricorso (integrati dalla mera replica dei motivi di appello avulsa da una
necessaria effettiva critica degli argomenti decisori valorizzati dai giudici di secondo
grado) e, congiuntamente, per indeducibilità delle censure, afferenti ad un tema, quello
del trattamento punitivo, riservato all’esclusivo vaglio del giudice di merito e sottratto
a scrutinio di legittimità, se sorretto – come è agevole rilevare nel caso in esame – da
congrua e giuridicamente corretta motivazione.
In vero la sentenza impugnata ha diffusamente motivato, con argomenti logici e
aderenti alle emergenze processuali, la congruità della pena irrogata al ricorrente
(avuto riguardo alla indubbia gravità della condotta criminosa posta in essere ed
evidenziata, a prescindere dalla confessione dei fatti, dalle captazioni foniche disposte
nei confronti del A.A.) e il palese danno all’immagine cagionato all’Arma dei
Carabinieri dall’illecito comportamento del prevenuto (danno la cui determinazione è
stata rimessa al giudice civile).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, stimata equa, di
euro 3.000 (tremila) in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 14 dicembre 2017

piena confessione dei fatti reato) nonché alla inesistenza di un effettivo pregiudizio

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