Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12017 del 29/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 12017 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

Data Udienza: 29/01/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Antonio Tavolacci, nato a Catania 22/11/1972
avverso il decreto dell’11/12/2012 della Corte d’appello di Catania
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Antonio Gialanella, che ha concluso chiedendo l’annullamento con
rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
1.

La Corte d’appello di Catania ha respinto, con decreto

dell’11/12/2012, l’appello proposto da Antonio Tavolacci avverso la misura della
sorveglianza speciale applicata nei suoi confronti dal Tribunale di quella città con
decreto in data 20/07/2012, richiamando l’elemento della pericolosità, che ha
ricavato dalla condanna del proposto per delitto associativo, a seguito della quale
non era stato da questi dimostrato il sopraggiunto recesso dalla compagine,
circostanza non rapportabile alle sole ammissioni della propria responsabilità
rese in sede di interrogatorio nel corso di quel procedimento.
2. La difesa ha proposto ricorso lamentando violazione di legge, ravvisata
nell’assenza di motivazione, nella parte in cui la Corte di merito ha del tutto
eluso l’essenziale valutazione del requisito dell’attualità della pericolosità,
desumendo una sorta di presunzione assoluta di continuità dell’appartenenza al
sodalizio illecito, senza considerare il decorso di otto anni dalla cessazione
dell’attività illecita in relazione alla quale l’interessato ha riportato condanna,

ii

rispetto all’emissione del decreto di primo grado, di cui pure ha dato conto in
narrativa.
Inoltre la Corte ha ingiustamente correlato la prova della dissociazione
alla necessità di delazione del dichiarante in danno di altri componenti del
sodalizio, per di più ignorando quanto da questi effettivamente ammesso, con
riferimento alla responsabilità dei sodali, sul passaggio di consegne interno alla

altri associati.
Si ritiene di aver dimostrato che, pur non collaborando con la giustizia,
l’interessato ha dato prova di dissociazione, concretizzando tale scelta con un
trasferimento del luogo individuato quale centro dei propri interessi; tali elementi
di fatto, tutti dedotti nel grado di merito, non hanno costituito oggetto di analisi
nel decreto, circostanza che integra la denunciata violazione di legge ai sensi
dell’art. 125 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Deve premettersi che, in forza della disposizione di cui all’art. 4, co.
11, L. 27 dicembre 1956 n. 1423 e successive modificazioni, il decreto con il
quale la Corte di Appello definisce il gravame proposto dalle parti avverso il
provvedimento del Tribunale in materia di misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza emesso ai sensi dell’art. 3 I. cit. è
ricorribile per cassazione esclusivamente per violazione di legge, vizio,
quest’ultimo, nel quale è compreso, per consolidata interpretazione di questa
Corte, quello della motivazione, nella ipotesi in cui essa sia del tutto omessa o
apparente.
Nel caso di specie ricorre tale ipotesi, con riguardo al requisito
dell’attualità della pericolosità del proposto.
3. L’analisi degli elementi legittimanti la misura di prevenzione viene
svolta dalla Corte di merito sulla base dei soli dati formali, costituiti dalla
presenza di una condanna non definitiva per appartenenza ad una compagine
associativa di stampo mafioso, accompagnata da un’argomentazione
sull’attualità della pericolosità dell’interessato limitata all’accertamento del
mancato sopraggiungere del recesso dalla compagine da parte dell’interessato.
Tale impostazione interpretativa, conforme ad una risalente
giurisprudenza, risulta attenuata nella più recente applicazione della disciplina e
ciò in quanto, come si è già chiarito in precedenti di questa Corte, pur essendo
ammissibile per coloro i quali abbiano subito un accertamento di appartenenza

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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 26436/2013

compagine, che si era realizzata a seguito di misure cautelari disposte a carico di

ad una associazione criminale di stampo mafioso “una presunzione di perdurante
pericolosità, tale presunzione non può considerarsi assoluta ed è destinata ad
attenuarsi facendo risorgere la necessità di una puntuale motivazione sulla sua
attualità, quanto più gli elementi rivelatori dell’inserimento nell’organizzazione
criminale siano lontani nel tempo rispetto al momento del giudizio, tenuto conto
della situazione concreta, con particolare riguardo agli effetti del trattamento

dep. 12/10/2006, Commisso, Rv. 235203, e successive conformi tra cui da
ultimo Sez. 1, Sentenza n. 48408 del 23.11.2011, dep.28.12.2011, Taverniti).
Conseguentemente deve ritenersi che, quando si riscontra uno iato
temporale rilevante tra l’attività associativa accertata e l’applicazione della
misura, ed al decorso del tempo si accompagni una situazione di fatto, quale una
privazione della libertà determinata da una detenzione o dalla sottoposizione a
misura cautelare, che, comportando un controllo sulle condizioni di vita,
consent014 di monitorare un mutamento delle condotte riconducibili alla
continuità di appartenenza al gruppo associato ed una verifica eella pericolosità
concreta, tanto maggiore è poi la necessità di verificare le condizioni di vita
dell’interessato medio tempore, ove abbia riacquistato la libertà.
4. Tali essendo le linee interpretative seguite nella materia in esame, il
provvedimento impugnato si caratterizza per l’assenza di motivazione sotto tale
profilo, e di una verifica sulla pericolosità concreta, esigenza tanto più stringente
in presenza nella fattispecie delle seguenti caratteristiche di fatto: individuazione, sulla base del medesimo provvedimento impugnato, della
cessazione della condotta partecipativa al novembre 2004, epoca antecedente di
circa otto anni alla prima applicazione della misura; -sopraggiunta revoca della
misura cautelare, disposta per il venir meno delle esigenze cautelari; ammissione delle proprie responsabilità; -mutamento di vita, non circoscritto alla
ripresa dell’attività lavorativa, valutata irrilevante dalla Corte, ma coinvolgente
anche il trasferimento del proprio centro di interessi, secondo quanto
specificamente dedotto dal ricorrente e non analizzato dal giudicante.
La valutazione delle dedotte condizioni di fatto risulta ignorata nel
provvedimento, ove l’estremo dell’attualità viene desunto esclusivamente dalla
mancata manifestazione di un recesso dalla compagine, così attribuendosi
rilevanza solo a tale evento ai fini dell’effetto dimostrativo della cessazione della
pericolosità. La ricostruzione descritta svaluta immotivatamente gli ulteriori
indicatori richiamati ignorandone alcuni -distanza temporale, trasferimentotrascurando gli altri, con effetto di una motivazione apparente, e quindi
mancante, in quanto priva del sostegno di tutti gli elementi di valutazione.
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Cass. VI sez. pen.r.g.n. 26436/2013

penitenziario diretto alla risocializzazione” (Sez. 5, n. 34150 del 22/09/2006 –

Ciò ha comportato che la dimostrazione di un elemento costitutivo della
misura imposta, pur in presenza di specifici elementi di fatto astrattamente
rilevanti per il completo svolgimento di tale analisi, è sostenuta esclusivamente
dalla rilevata mancanza di specifiche 06 prove di segno contrario in ordine al
recesso dal compagine, cui si è attribuita forza di prova legale, assegnando
l’onere probatorio contrario all’appellante, con operazione valutativa non

5.

Per completezza si rileva, con riguardo all’intervallo temporale tra

consumazione dei fatti illeciti ed applicazione della misura, che proprio per
effetto dell’ampiezza indicata nel provvedimento in esame, acquista una
rilevanza particolare nell’imporre un’analisi concreta dell’attualità, che è stato
possibile ravvisare un contrasto tra quanto affermato dalla Corte in argomento e
quanto dedotto dal Tribunale a pag. 2 del provvedimento impositivo, ove si dà
conto di una condotta cessata solo in sede di applicazione della misura cautelare,
e quindi nel 2009, circostanza suscettibile di incidere in maniera rilevante
sull’accertamento richiesto, poiché comporterebbe una drastica riduzione
dell’intervallo temporale tra consumazione del reato e verifica della pericolosità;
tuttavia gli elementi presenti in atti non consentono l’individuazione del dato
corretto in
in questa sede, circostanza il cui accertamento deveVrimessa al giudice
del rinvio, il quale dovrà integrare il suo percorso valutativo, previo chiarimento
di tale profilo di fatto.
6.

Il provvedimento impugnato deve quindi essere annullato per

mancanza di motivazione sull’attualità della pericolosità, sulla base dei criteri
sopra individuati, con rinvio alla Corte d’appello di Catania per nuovo esame.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di
Catania.
Così deciso il 29/01/2014.

(“`.

conforme ai criteri sopra evidenziati.

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