Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 12015 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 12015 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCURA GENNARO n. 2/6/1985
avverso l’ordinanza n. 732/2013 del 9/7/2013 del TRIBUNALE DEL
RIESAME DI CATANZARO
visti gli atti, l’ordinanza ed il ricorso
Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ANGELO DI POPOLO che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
Udito il difensore avv. GIOVANNI ZAGARESE per delega dell’avv. GIUSEPPE
ZUMPANO che ha chiesto raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 9 luglio-17 settembre 2013 il Tribunale del Riesame di
Catanzaro confermava la misura della custodia in carcere applicata nei confronti
di Scura Gennaro dal giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il
19 giugno 2013 per i reati di associazione mafiosa nonché procurata inosservanza
di pena (artt. 81 e 390 cod. pen.) aggravata ai sensi dell’art. 7 I. 203/91 in
relazione alle attività di una organizzazione criminale esistente nel territorio di
Rossano (CS) e zone limitrofe, operante nel più ampio contesto delle bande di
criminalità mafiosa calabresi denominate ‘ndrangheta.
Rilevato come, con riferimento alla esistenza ed attuale operatività della
associazione criminale in questione, non vi fossero specifiche contestazioni della
difesa, il Tribunale rinviava sul punto alla motivazione del giudice per le indagini
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Data Udienza: 23/01/2014

preliminari ed al contenuto di alcune sentenze, sia in giudicato che non ancora
definitive, richiamando in sintesi i relativi contenuti. Esaminava poi il materiale
probatorio più specificatamente utilizzato per i fatti oggetto del procedimento in
corso, intercettazioni di conversazioni e dichiarazioni di collaboratori di giustizia.
Quanto al ruolo specifico del ricorrente nell’ambito di tale gruppo criminale ed
al reato fine a lui contestato, la procurata inosservanza di pena in favore di Galluzzi
Salvatore, il Tribunale innanzitutto riteneva significativa tale ultima condotta che,
oltre a dimostrare lo specifico reato, valutata unitamente alle dichiarazioni del

partecipe alla banda criminale.
Il Galluzzi, uno dei capi della associazione mafiosa in oggetto, si era dato alla
latitanza dopo la definitività della condanna del processo “Ombra” a seguito della
sentenza di cassazione del 27 maggio 2010.
Il Tribunale valutava una serie di conversazioni telefoniche cui partecipava
Scura, individuando anche le circostanze di fatto che consentivano di individuare
con certezza la sua voce.
E, soprattutto in base ai contatti diretti con il Galluzzi che si nascondeva in
Vigevano, il Tribunale accertava come Scura e Polillo consentissero al Galluzzi di
mantenere contatti e quindi essere operativo nel contesto delinquenziale. Dalle
conversazioni emergeva anche che Scura era incaricato della raccolta di denaro
dagli spacciatori di droga. Il Tribunale considerava tali condotte nel contesto della
più ampia rete di complicità che assisteva il Galluzzi in tale periodo.
Il Tribunale confermava anche la sussistenza della aggravante di mafia atteso
che la condotta in favore del latitante era finalizzata a garantire la sopravvivenza
del gruppo.
Quanto alla contestazione di affiliazione al gruppo mafioso, i giudici di merito,
oltre a valutare tale condotta di assistenza al capo latitante, valorizzavano le
accuse provenienti dal collaboratore di giustizia Solferino Gaetano, già in
precedenza legato al medesimo gruppo criminale. Costui attribuiva allo Scura
attività criminale alle dipendenze di Galluzzi: attività nell’ambito dello spaccio di
droga e del trasporto dello stupefacente; partecipazione ad attività estorsive sul
territorio.
Il Tribunale valutava le contestazioni della difesa sulla attendibilità del
collaboratore in questione, rilevando la ininfluenza della valutazione di
inattendibilità fatta dal pubblico ministero del tribunale di Rossano Calabro nel
2004, quale desunta dalla richiesta di archiviazione per fatti diversi da quelli qui
giudicati. Osservava il Tribunale che, non essendo una situazione di inattendibilità
“eclatante”, non se ne potesse trarre un giudizio di generale inattendibilità.

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collaboratore di giustizia Solferino consentiva di ritenere il ricorrente anche

Infine, il Tribunale confermava la sussistenza di esigenze cautelari ritenendo
applicabile la presunzione relativa di cui all’art. 275 3 0 comma cod. proc. pen.,
non emergendo in atti elementi che superassero tale presunzione.
Scura Gennaro propone ricorso a mezzo del proprio difensore deducendo con
primo motivo violazione legge e vizio di motivazione per la mancata risposta alle
argomentazioni difensive esposte in apposita memoria, non superate dal generico
richiamo al provvedimento impugnato.
In tale memoria era stata contestata la mancata individuazione di un ruolo

da parte di altri collaboratori di giustizia diversi dal Solferino, i dubbi sul
riconoscimento vocale.
Rilevava in particolare la inadeguata valutazione delle osservazioni in ordine
alla falsità delle dichiarazioni rese in due diverse occasioni da Solferino Gaetano in
ordine all’omicidio di Manzi Antonio, caso indicativo di una sua generale
inaffidabilità, e ribadiva comunque la assenza di specifici riscontri alle sue
dichiarazioni.
Con secondo e terzo motivo rileva la violazione di legge ed il vizio di
motivazione per la valutazione a carico delle dichiarazioni di collaboratori di
giustizia pur in assenza di elementi di riscontro.
Con quarto motivo, oggetto di ulteriore approfondimento in sede di motivi
aggiunti, rilevava che nessuna delle condotte attribuite allo Scura avesse funzione
di ausilio della latitanza del Galluzzi .
Con quinto motivo deduce la violazione legge ed il vizio di motivazione per
essere stata ritenuta la aggravante di cui all’articolo 7 I 203/91 senza che fosse
dimostrata la finalità della presunta azione a favorire il gruppo criminale e non la
persona. Anche tale motivo è stato oggetto di ulteriore approfondimento con i
motivi aggiunti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
In particolare è fondato il primo motivo in quanto innanzitutto è palese la
assenza di risposte agli argomenti specifici introdotti dalla difesa con una richiesta
di riesame che sviluppava ampi motivi scritti.
La carenza di risposte risulta dalla mera comparazione di tali motivi scritti con
il provvedimento impugnato, in larga parte consistente nella mera trasposizione
di risultati di indagine così come presenti nella ordinanza del gip cui segue solo, in
riposta ai predetti motivi, la affermazione apodittica che la valutazione
complessiva del Tribunale “assorbe” le diverse valutazioni della difesa.
La motivazione è poi particolarmente carente nel rispondere alla tema della
accertata inattendibilità del collaboratore Solferino in altra occasione. Lo stesso
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del ricorrente nell’ambito della organizzazione, la assenza di notizie a suo carico

Tribunale conferma che costui rese dichiarazioni ritenute inattendibili al pubblico
ministero nel 2004 ma, in risposta alla difesa che faceva notare la particolare
rilevanza di tali difformi precedenti dichiarazioni proprio con specifico riferimento
ai fatti narrati da Solferino nell’ambito del presente procedimento, il Tribunale si
limita ad affermare che la inattendibilità per talune circostanze riferite non esclude
la attendibilità per altre parti delle dichiarazioni. Questa è certamente la regola
affermata da questa Corte di legittimità cui, però, deve seguire uno specifico
esame del caso concreto per confermare la attendibilità o meno del dichiarante.

distanza di molto tempo” (peraltro affermazione poco chiara nel dato contesto),
nè è sufficiente affermare apoditticamente che

rinattendibilità di alcune

(dichiarazioni) non sia edatante”, non tanto perché l’affermazione limitata ad
“alcune” equivale a dire che altre siano di eclatante inattendibilità, quanto perché,
di tale carattere di scarso rilievo delle dichiarazioni, riferite alle varie versioni
offerte sui diversi soggetti responsabili di un omicidio, non si dice alcunché di
concreto.
Su tale punto, quindi, il complesso della motivazione del Tribunale si riduce
ad una clausola di stile che consente di ritenere sempre e comunque la irrilevanza
della accertata falsità di dichiarazioni rese da un chiamante in correità/reità sulla
attendibilità per altre dichiarazioni.
In sede di rinvio il Tribunale dovrà procedere al nuovo esame nel rispetto della
regola in tema di motivazione che impone di valutare espressamente le
argomentazioni della difesa non palesemente infondate; inoltre, in via specifica,
dovrà compiere, sulla scorta dei principi pur affermati correttamente in riferimento
alla “frazionabilità” delle dichiarazioni, un concreto esame della attendibilità del
collaboratore di giustizia alla luce delle ragioni di inattendibilità o falsità di
precedenti dichiarazioni, come rilevato dal medesimo Tribunale.
Laddove, poi, il Tribunale ritenga accertata la gravità degli indizi per i fatti
ascritti, si rileva sin da ora l’opportunità di valutare se la condotta contestata quale
assistenza al capo latitante (art. 390 cod. pen.) debba essere ritenuta integrare
un reato autonomo o, invece, debba ritenersi assorbita nel più grave reato di
associazione mafiosa rappresentando un momento della attività di affiliato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Catanzaro per nuovo
(Se

ff•

esame. Manda alla cancelleria per gli avvisi ai sensi dell’art. 94 – 1 tertod. proc.
pen.
deci o il 23 gennaio 2014
tensore
fa no

Non è certamente sufficiente affermare che si tratti di “dichiarazioni rese a

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