Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11996 del 12/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 11996 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1.
2.
3.
4.
5.

RASO ARMANDO
RASO FRANCESCO
RASO GIOACCHINO
SAVERINO GRAZIA
AMANTE TIZIANA

n. il 9.2.1974
n. il 12.11.1940
n. il 30.10.1986
n. il 16.10.1976
n. il 14.10.1972

avverso l’ORDINANZA del TRIBUNALE DELLA LIBERTA’ di FIRENZE
del 27.10.2013
Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere
PRESTIPINO ANTONIO
Sentito il Procuratore Generale, in persona del dr. MASSIMO GALLO, che ha concluso per
la dichiarazione di incompetenza territoriale del Tribunale di Firenze, e, ritenuta l’urgenza
che determina l’efficacia provvisoria della misura cautelare, per la trasmissione degli atti
al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Catanzaro. Sentiti, per i ricorrenti, gli avvocati
Luca Canferoni, e Giuseppe Milicia, che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

Data Udienza: 12/03/2014

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 22.8.2013, il gip del Tribunale di Firenze applicava la misura cautelare
della custodia in carcere nei confronti di Raso Armando e Raso Gioacchino, e quella degli
arresti domiciliari nei confronti di Amante Tiziana, Saverino Grazia e Russo Francesco, tutti
indagati per il reato di cui all’art. 12 quinquies DL 306/1992, commesso secondo l’accusa, per
consentire a Raso Armando di eludere le misure di sicurezza patrimoniale ipotizzabili all’esito di
un eventuale procedimento di prevenzione.
1.1. In particolare, Raso Armando avrebbe attribuito fittiziamente al padre Francesco, al
fratello Gioacchino e alla moglie, Saverino Grazia, la titolarità formale delle società indicate nel
capo 1 dell’imputazione provvisoria, tra le quali la “Raso Holding”; analoghe attribuzioni
simulate di proprietà di titoli societari Raso Armando avrebbe posto in essere a favore del
padre e del fratello e di Amante Tiziana.
2. Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale della Libertà di Firenze, sull’istanza di riesame di
tutti gli indagati, ha confermato il provvedimento cautelare.
2.1. Il tribunale risolve la questione di competenza territoriale del gip sollevata dalla difesa
osservando che il più grave tra i reati contestati agli indagati sarebbe quello relativo alla
costituzione della “Raso Holding”, realizzata in Montecatini Terme il 9.10.2008, in ragione della
contestazione dell’aggravanete ex art. 7 di 152/1991, con il conseguente radicamento della
competenza dell’autorità giudiziaria fiorentina.
2.2. Nel merito, afferma di condividere la valutazione del gip circa la sussistenza dei
presupposti fondamentali della fattispecie di intestazione fittizia, e, cioè, la sottoponibilità di
Raso Armando, per i suoi rapporti con la ‘ndrangheta, a misure di prevenzione, la situazione di
apparenza degli assetti proprietari dei beni oggetto delle imputazioni, e il connesso fine
elusivo tipizzato nella norma incriminatrice.
2.3. Al riguardo, i giudici territoriali disattendono le deduzioni difensive volte a sottolineare la
ormai irrevocabile estromissione di Raso Armando dal sodalizio mafioso, espressa da una sua
presunta scelta di dissociazione e dalle gravi minacce reiteratamente indirizzate nei suoi
confronti da ambienti criminali e che l’avevano costretto ad abbandonare il territorio calabrese,
ipotizzando, in sostanza, il carattere strumentale della denuncia dei fatti da parte
dell’interessato.
2.4. Rilevano, quindi, che i fatti oggetto delle imputazioni cautelari sarebbero successive alla
pretesa scelta di dissociazione dell’indagato che non avrebbe mai assunto la veste di
collaboratore di giustizia.
2.5. Con più stretto riferimento ai fatti, il Tribunale ribadisce poi la effettiva riferibilità a Raso
Armando dei valori oggetto delle ipotizzate attribuzioni fittizie, richiamando le valutazioni
espresse alle pagg. da 5 a 14 dell’ordinanza cautelare, e ribadisce altresì la valutazione della
sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito dichiarato dal Raso .
3. In punto di esigenze cautelari, il Tribunale rileva il rischio di inquinamento probatorio per la
necessità di acquisire documenti, scritture contabili e bilanci societari, richiamando anche il
contenuto di alcune intercettazioni telefoniche dalle quali si desumerebbe l’intento del Raso di
“aggiustare” i bilanci e di, falsificare la documentazione societaria; rileva altresì il rischio di
recidiva specifica, tenuto conto delle modalità dei fatti, del numero delle società create e della
piena disponibilità dimostrata nei confronti di Raso Armando dai simulati intestatari; ritiene
infine giustificata, nei confronti di Raso Armando e Gioacchino, la più grave misura custodiale
in considerazione dei precedenti di Armando e delle condanne riportate da Gioacchino per i
reati di false fatturazioni e contro il patrimonio.
4. Hanno proposto ricorso per cassazione tutti gli indagati per mezzo del proprio difensore,
deducendo i seguenti motivi:
1. violazione degli artt. 12 lett. B) e 16 co 1 c.p.p. e difetto di motivazione in ordine alla
questione di competenza territoriale. La competenza per territorio avrebbe dovuto essere
individuata con riferimento al primo dei reati in ordine di tempo, dovendosi tutti i fatti in
contestazione essere considerati di pari gravità .
Ai fini della competenza, infatti, occorrerebbe aver riguardo alla notizia di reato così come
iscritta nel registro degli indagati.
I fatti alternativamente rilevanti ai fini dell’individuazione del giudice competente,
radicherebbero poi la competenza territoriale nel Tribunale di Catanzaro.
2. Violazione di legge in relazione agli artt. 273 c.p.p., 7 L. 203/1991 e 12 quinquies L.
356/1992, e difetto di motivazione in punto di valutazione dei gravi indizi di colpevolezza. I

Considerato in diritto
1.Sulla questione di competenza territoriale si osserva che la difesa ha dimostrato, attraverso
la produzione dell’ordinanza del gip di Firenze dell’8.11.2013, che la soc. “Raso Holding”, la cui
costituzione sarebbe, secondo i giudici del riesame, il dato processuale decisivo per il
radicamento della competenza territoriale presso il Tribunale di Firenze, era stata
effettivamente costituita con atto notarile redatto in Lamezia Terme, cioè nell’ambito
territoriale della giurisdizione del Tribunale di Catanzaro. Ebbene, è proprio all’atto costitutivo
che occorre avere riguardo per l’individuazione del locus commissi delicti dei reati di
intestazione fittizia in contestazione, che si sarebbero realizzati già con la distribuzione delle
quote societarie tra i presunti prestanome di Raso Armando, a nulla rilevando, sotto questo
profilo, l’importanza della sede (originariamente stabilita, nella specie, in Firenze) nella vita di
un organismo societario, trattandosi di questione attinente alla gestione dell’impresa sociale,
non ai suoi assetti proprietari.
2. La valutazione dell’incompetenza dell’autorità giudiziaria fiorentina non esaurisce però
l’indagine sulla tenuta logico-giuridica dell’ordinanza impugnata. In caso di incompetenza per
territorio del giudice che ha emesso il provvedimento cautelare, infatti, l’ordinanza del
tribunale del riesame deve essere annullata, con conseguente liberazione dell’indagato, se ad
un preliminare esame dell’ordinanza impugnata e del provvedimento cautelare non si rilevi la
necessaria specificazione dei gravi indizi di colpevolezza e l’indicazione delle esigenze cautelari
connesse con l’urgenza di adottare la misura; nel caso, invece, di riscontro positivo di questi
requisiti, il provvedimento, seppur affetto da vizio di motivazione, non va annullato, ferma
restando la trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente (cfr. tra le altre, Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 10208 del 31/01/2013, Ambrosio).
3. Nel caso di specie però, le valutazioni del tribunale, tanto in punto di gravità indiziaria che in
ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, non prestano il fianco alle censure difensive,
peraltro caratterizzate da forti connotazioni di merito.

giudici territoriali, in sostanza, non avrebbero adeguatamente considerato la recisione dei
legami di Raso Armando con l’organizzazione mafiosa fin da epoca ormai risalente, giungendo
illogicamente ad attribuire rilievo anche a circostanze oggettivamente del tutto ininfluenti ,
come il matrimonio contratto dal Raso con una donna appartenente ad ambienti familiari
coinvolti nell’associazione, essendo il vincolo coniugale cessato con il divorzio, ed avendo il
Raso contratto nuove nozze con la coindagata Saverino.
2.1. Il Tribunale avrebbe altrettanto illogicamente svalutato tutte le altre circostanze
sottolineate dalla difesa a conferma della dissociazione del Raso dall’organizzazione con
particolare riferimento alla scelta di collaborazione a suo tempo sottolineata dal Tribunale di
Sorveglianza di Reggio Calabria, e alle ritorsioni subite dal Raso e dai suoi familiari. Peraltro, la
situazione di sopraggiunta estraneità del Raso all’organizzazione mafiosa avrebbe trovato
riconoscimento nella sentenza di assoluzione del Gip di Pistoia del 26.1.2010, pronunciata
proprio su un’imputazione di intestazione fittizia di beni.
2.2. Infine, sarebbe del tutto inesistente la capacità elusiva di attribuzioni simulate di beni a
prossimi congiunti.
3. Difetto di motivazione sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato nei confronti dei
fittizi intestatari. Le vicende che dimostrerebbero il definitivo allontanamento di Raso Armando
dall’organizzazione mafiosa, proverebbero, al contrar ano, l’inesistenza della prevedibilità
dell’avvio di un procedimento di prevenzione nei confronti dello stesso Raso. Sarebbe
incomprensibile, inoltre, il rilievo attribuito dai giudici territoriali alla sequenza temporale tra la
scelta di collaborazione di Raso Armando e l’avvio della costituzione delle società utilizzate
secondo l’accusa per le intestazioni simulate.
3.1. Difetto di motivazione in riferimento alla sperequazione tra redditi dichiarati e patrimonio.
La ricostruzione delle attività patrimoniali degli indagati sarebbe stata effettuata dal Tribunale
in modo superficiale, senza alcuna indagine sui patrimoni di partenza e sulle dismissioni e sulle
vicende societarie.
4.1. Violazione dell’art. 274 c.p.p. L’esclusione della gravità indiziaria comporterebbe l’assenza
di qualunque esigenza cautelare. Il pericolo di reiterazione dei reati sarebbe inoltre escluso
dalla personalità “tutt’altro che allarmante” degli indagati, e dal blocco integrale dei loro beni.

P.Q.M.
Ritenuta l’incompetenza per territorio del tribunale di Firenze, annulla senza rinvio il
provvedimento impugnato; dichiara la competenza del tribunale di Catanzaro e ritenuta
l’urgenza, che determina l’efficacia provvisoria delle misure cautelari emesse dal Gip, dispone

3.1. Così è per il ridimensionamento della presunta scelta di collaborazione di Raso Armando,
della quale le difese non hanno nemmeno saputo illustrare i contenuti concreti in termini tali da
consentire la rilevazione di un atteggiamento di dissociazione dall’organizzazione mafiosa,
tradottosi in un contributo fattivo all’attività di contrasto istituzionale nei confronti degli
associati; così anche per le presunte ritorsioni subite dall’ambito familiare del ricorrente,
ancora una volta non risultando indicate dalle difese concrete direzioni soggettive delle accuse
del Raso, capaci di smentire il sospetto della strumentalità delle sue denunce, non
infondatamente affermato, quindi, dai giudici territoriali.
3.2. Né può seriamente discutersi della validità logica dell’argomento speso dal Tribunale a
sostegno della valutazione del perdurante inserimento di Raso Armando in ambienti criminali in
ragione della significativa datazione delle acquisizioni patrimoniali sospette, denotando, in
effetti, il non occasionale ricorso del ricorrente allo strumento “elusivo” dell’intestazione fittizia
dopo la sua apparente scelta di collaborazione, tutto il contrario della serena consapevolezza di
un definitivo distacco dall’organizzazione mafiosa, e del convincimento di non avere nulla da
temere da una gestione “trasparente” delle proprie risorse finanziarie (considerazioni che si
riflettono, in sostanza, anche nell’atteggiamento psicologico dei fittizi intestatari rispetto al
medesimo “rischio” della trasparenza).
4. Ma anche le altre deduzioni difensive centrali nella strategia di attacco alla motivazione
dell’ordinanza impugnata, si rivelano alquanto deboli.
4.1. Tanto va rilevato, anzitutto, rispetto al rilievo dell’ingiustificata valorizzazione, da parte del
Tribunale, delle parentele acquisite da Raso Armando negli ambienti mafiosi, valendo
intuitivamente, al riguardo, l’obiezione che la cessazione del rapporto di coniugio del ricorrente
con una donna figlia di un noto esponente mafioso, non può considerarsi decisiva ai fini della
svalutazione dell’argomento familistico, dovendosi considerare anche la presenza di figli della
coppia divorziata; ma altrettanto può dirsi in relazione all’argomento difensivo fondato su
precedenti decisioni giudiziarie attinenti ad altri fatti di intestazione fittizia, non essendo dato
cogliere, nelle troppo generiche deduzioni difensive al riguardo, gli aspetti di effettiva e
“vincolante” interferenza, nelle valutazioni del caso, di detti precedenti.
5. Del tutto adeguate sul piano logico-giuridico vanno infine ritenute anche le valutazioni del
tribunale sulla natura simulata delle varie intestazioni societarie, affermata sulla base di
un’attenta analisi delle singole situazioni reddituali (vedi, amplius, a pag. 4 del provvedimento
impugnato).
6. In punto di esigenze cautelari, i giudici territoriali sottolineano efficacemente, soprattutto nei
confronti di Raso Armando e Raso Gioacchino, colpiti dalla più grave misura custodiale, il
periculum libertatis, rilevando, a carico di entrambi, la sistematicità delle condotte di reato; a
carico di Armando, inoltre, il contenuto di intercettazioni telefoniche dalle quali si
desumerebbero i suoi tentativi di “aggiustamento” dei bilanci e di falsificazione della
documentazione societaria; e di Gioacchino, infine, i precedenti per l’uso di falsi documenti per
operazioni inesistenti, e per il reato di truffa. Ai concreti termini della rilevazione del pericolo di
recidiva per entrambi i predetti ricorrenti,è poi facilmente sovrapponibile la valutazione
dell’urgenza dell’adozione della misura cautelare impugnata. Analoghe considerazioni valgono
per gli altri ricorrenti, per l’assoluta disponibilità dai medesimi dimostrata nei confronti di Raso
Armando, pur nella minore intensità delle esigenze cautelari ritenute nei loro confronti dal
GIP, e oggi cessate o ulteriormente ridimensionate alla stregua delle precisazioni fornite in
udienza dalla difesa.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, va ritenuta l’incompetenza per territorio del
tribunale di Firenze, con il conseguente annullamento senza rinvio del provvedimento
impugnato; va dichiarata la competenza del tribunale di Catanzaro e ritenuta l’urgenza, che
determina l’efficacia provvisoria delle misure cautelari emesse dal Gip, va disposta la
trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro per il corso
ulteriore. La cancelleria dovrà provvedere a norma dell’art. 94 disp. Att. C.p.p. nei confronti
degli imputati detenuti in carcere.

trasmettersi gli atti alla Procura della Repubblica presso il tribunale di Catanzaro per il corso
ulteriore. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. Att. C.p.p. nei confronti degli imputati detenuti
in
carcere.
Così decis in Rorìa, il 12.3.2013.
Il c nsigi re elkre
Il residente

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