Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 11981 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 11981 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da Di Gennaro Vincenzo, n. a Trani il 11/07/1977,

avverso la ordinanza del Tribunale di Trani, in data 17/05/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17/05/2013 il tribunale del riesame di Trani ha rigettato la
richiesta di riesame presentata avverso il decreto di sequestro preventivo
adottato dal G.i.p. presso il Tribunale di Trani nei confronti, tra gli altri, di Di
Gennaro Vincenzo, degli impianti di produzione di energia elettrica, tramite
conversione fotovoltaica, della potenza nominale complessiva di circa 3 MW, siti
in Contrada Santa Perpetua, in proprietà alla Poa Solar s.r.I., alla Circus Energy
s.r.I. e alla Schinosa Park; degli impianti di produzione di energia elettrica,
tramite conversione fotovoltaica, della potenza nominale complessiva di circa 4
MW, siti in Contrada De Cuneo di proprietà della Queensland Energy Srl,

Data Udienza: 05/02/2014

Canberra Energy Sri, Victoria Energy Sri e Tasmanian Energy Sri; degli impianti
di produzione di energia elettrica, tramite conversione fotovoltaica, della potenza
nominale complessiva di circa 3 MW, siti in Contrada Santa Chiara di proprietà
della Emissione Zero Srl, Solare Sri e Radiazione Srl; nonché il sequestro
preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, ex art. 321 co. 2 c.p.p., delle
somme di denaro nella disponibilità degli indagati e delle società citate.

individuati in :
a) il reato di cui all’art. 416, commi 1 e 2, c.p. per essersi Di Martino Marco, Di
Gennaro e Taddei Mario associati stabilmente fra loro al fine di commettere un
numero indeterminato di delitti di falso ideologico nonché di truffa aggravata al
fine di far conseguire a formalmente distinte società titolari di altrettanti impianti
fotovoltaici di potenza nominale inferiore a 1 MW localizzati su particelle contigue
ed in realtà riconducibili ad un’unica proprietà, erogazioni pubbliche in misura
superiore a quella dovuta e comunque non spettanti in relazione a impianti
fotovoltaici realizzati in violazione della normativa di settore avendo seguito per
contro la disciplina della denuncia di inizio attività da ritenersi inidonea allo
scopo. Al Di Gennaro Vincenzo è stata in particolare addebitata la veste di
direttore lavori in alcune delle d.i.a. presentate nonché progettista e componente
direzione dei lavori in tutte le d.i.a. oggetto del procedimento, e legale
rappresentante delle società coinvolte;
b) il reato di cui agli artt. 110 c.p., 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 in
relazione all’art. 12, co. 3, del d. Igs. n. 387 del 2003, e 44 lett. c), del citato
decreto in relazione all’art. 30, per avere concorso con altri, nella qualità
enucleata, alla realizzazione in C.da Santa Perpetua del Comune di Trani di n. 3
impianti contigui di produzione di energia elettrica, tramite conversione
fotovoltaica, di potenza nominale complessiva di 3 MW, seguendo la disciplina
della d.i.a., ex artt. 22 e 23, del d.P.R. n.380 del 2001, in difetto della prescritta
Autorizzazione Unica Regionale, ciò facendo allo scopo di eludere la procedura
prevista per il rilascio della predetta autorizzazione, attraverso una artificiosa
suddivisione di un unico impianto – Parco fotovoltaico (di potenza pari a circa 3
MW) nei tre impianti, ciascuno di potenza di poco inferiore a 1 MW (intestati
formalmente a tre distinte società ma riconducibili alla medesima proprietà o,
comunque, ad un unico centro di interessi), così determinando

una

trasformazione edilizia dei terreni interessati agli interventi, in violazione delle
prescrizioni dettate dagli strumenti urbanistici vigenti, adottati e comunque
stabiliti da leggi statali e regionali;

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I reati per i quali è intervenuto il sequestro sono stati provvisoriamente

c) il reato di cui agli artt. 81 cpv., 110, 640 bis c.p., perché, nella descritta
qualità, concorreva all’artificioso frazionamento del Parco fotovoltaico, ubicato
nel sito predetto, in distinti impianti tra di loro contigui, di potenza di poco
inferiore a 1 MW ciascuno, così da beneficiare degli incentivi economici statali
previsti dal c.d. Conto Energia, nella misura riservata agli impianti di potenza
inferiore proprio a 1 MW, inducendo in errore il Gestore dei Servizi Energetici

d) il reato di cui agli artt. 81 e 481 c.p. perché, quale persona esercente un
servizio di pubblica necessità, siccome tecnico progettista di tutti gli impianti
realizzati in Trani, asseverava falsamente all’Utc di Trani la conformità agli
strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti dei lavori indicati nelle
denunce di inizio attività presentate nell’interesse delle predette società per i
quali era invece necessaria l’autorizzazione unica regionale.
e) il reato di cui agli artt. 483-61 n. 2 c.p., perché, nella qualità di legale
rappresentante delle indicate società, attestava falsamente all’UTC di Trani che i
lavori di realizzazione degli impianti fotovoltaici erano stati ultimati in data
antecedente a quella reale allo scopo di salvaguardare la validità della d.i.a.
Analoghe condotte sono state contestate in relazione alla realizzazione del parco
fotovoltaico ubicato in Trani alla contrada De Cuneo e a quella del parco ubicato
in Contrada Santa Chiara.

2. Ha interposto ricorso l’imputato.
Con un primo motivo deduce la erronea applicazione degli artt. 22, 23 e 30 del
d.P.R. n.380 del 2001 nonché la omessa e insufficiente motivazione lamentando
che nella specie, anche a volere considerare unitariamente i tre piccoli impianti,
non sarebbe configurabile la lottizzazione abusiva di terreno giacché, con la
collocazione sul terreno dei soli pannelli e la realizzazione di una piccola cabina di
trasformazione, non si realizza alcuna trasformazione urbanistica ed edilizia dei
terreni stessi stante anche la loro facile rimuovibilità; né può discorrersi di
lottizzazione negoziale essendosi in presenza di un frazionamento in particelle di
un unico appezzamento, essendo da tempo già autonoma anche catastalmente
la particella della Schinosa Park separata dall’altra oggetto di frazionamento
catastale da una strada interpoderale.
Lamenta inoltre che l’installazione sul fondo agricolo di pannelli fotovoltaici non
rientra tra gli interventi di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 con
conseguente applicabilità del regime di cui all’art. 22, come sostenuto in
memoria depositata per l’udienza e non considerata dal Tribunale; in particolare
il comma 5 dell’art. 12 del d. Igs. n. 387 del 2003 esclude la applicabilità delle
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sulla effettiva dimensione e potenza nominale dell’impianto fotovoltaico;

procedure di cui ai precedenti commi 3 e 4 per l’installazione di impianti di fonte
rinnovabile per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione
indispensabile unicamente per la costruzione ed esercizio degli impianti
fotovoltaici per i quali sono richieste autorizzazioni specifiche in presenza di
vincoli nazionali o regionali. Anche la legislazione regionale prevedeva che gli
impianti fotovoltaici in zona agricola con potenza nominale compresa fra 20 kW e

Anche con riguardo alla affermata riconducibilità dei tre impianti ad un unico
soggetto responsabile il tribunale non avrebbe considerato che l’azienda agricola
Di Martino ha una sua totale autonomia gestionale e imprenditoriale, che la
gestione dell’impianto Schinosa park si inserisce nella gestione dell’intera attività
di produzione agricola dell’azienda e che la realizzazione dell’impianto è
avvenuta in maniera autonoma e distinta dagli altri due campi fotovoltaici con
riferimento all’impresa realizzatrice, alla ditta fornitrice dei pannelli, alle fonti di
finanziamento, alle modalità di utilizzo di incentivi, all’epoca di inizio e
conclusione dei lavori ecc.; censura poi la apoditticità della motivazione con
riferimento alla ritenuta unicità degli impianti e alla ripercussione della violazione
urbanistica sulla regolarità delle procedure di riconoscimento degli incentivi
percepiti, anche in tal caso senza nessuna considerazione della memoria
depositata all’udienza; rileva in proposito come l’incentivo sia legato alla
produzione della energia da fonte alternativa, a nulla incidendo sul diritto a
percepirlo la regolarità o meno della procedura seguita per l’installazione
dell’impianto.

2.1. Con un secondo motivo lamenta la violazione di legge ed illogicità della
motivazione in relazione alla sussistenza di esigenze cautelari; avendo sul punto
il tribunale rilevato come l’utilizzazione dell’impianto senza il possesso del titolo
abitativo lederebbe l’interesse dell’autorità competente alla permanente vigilanza
sull’esercizio dell’impianto, non si comprende come, lasciando l’impianto nella
disponibilità dell’esercente, un tale potere dovrebbe ritenersi compromesso od
anche soltanto attenuato. L’assenza di conseguenze rappresentate da un
ipotetico maggiore carico urbanistico sarebbe poi dimostrata dall’avere lo stesso
giudice del provvedimento affidato l’impianto ad un custode giudiziario che ne
continua l’esercizio presunto abusivo provocando quelle denunciate conseguenze
di aggravamento o protrazione dell’illecito che la misura cautelare dovrebbe
tendere ad evitare. Evidenzia inoltre come non sia stata realizzata alcuna opera
di urbanizzazione o di natura edilizia ed il fatto che l’impianto non comporti alcun
aggravio urbanistico limitandosi ad assorbire dall’etere energia solare
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1 MW fossero autorizzabili con semplice d.i.a.

trasformando l’energia elettrica trasferita al punto di connessione; né è
necessaria alcuna presenza sul posto di persone e/o di mezzi per far funzionare
l’impianto; né infine sarebbe pregiudicato un futuro provvedimento di confisca o
di ripristino dello stato dei luoghi. Né infine sussisterebbe elemento giustificativo
della cautela in relazione alla percezione degli incentivi non essendo tale

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Va anzitutto premesso che nell’esame dei motivi di ricorso non possono non
tenersi presenti i principi più volte affermati da questa Corte relativamente alle
impugnazioni aventi ad oggetto le misure cautelari reale; da un lato, infatti,
come pianamente discendente dal testo dell’art. 325 c.p.p., va ribadito che il
provvedimento riguardante appunto misure cautelari reali è ricorribile per sola
violazione di legge sì che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di
impugnazione vizi della motivazione, rientrando nel concetto di violazione di
legge, come indicato negli artt. 111 Cost. e 606, lett. b) e c), c. p. p.,
unicamente la motivazione assolutamente mancante o apparente (tra le altre,
Sez. 6, n. 7472 del 21/01/2009, P.M. in proc. Vespoli e altri, Rv. 242916);
dall’altro, vanno considerati i limiti cognitivi del tribunale del riesame posto che
lo stesso, sia pure dovendo tenere conto delle argomentazioni difensive, è
unicamente chiamato a verificare l’astratta sussistenza del reato ipotizzato,
valutando il “fumus commissi delicti” sotto il profilo della congruità degli elementi
rappresentati e, quindi, della sussistenza dei presupposti che giustificano il
sequestro (tra le altre, Sez. 5, n. 24589 del 18/04/2011, Misseri, Rv. 250397).

4. Ciò posto, il primo motivo è manifestamente infondato.
Va premesso che l’art. 12, comma 3, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387
(Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell’elettricità), ha disposto che “La costruzione e l’esercizio degli impianti di
produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili … nonché le opere
connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli
impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla
regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle
normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del
patrimonio storico-artistico”; inoltre, a norma del comma 4, detta autorizzazione
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circostanza individuabile tra le conseguenze del reato edilizio.

costituisce titolo a costruire ed esercire l’impianto in conformità al progetto
approvato.
Successivamente il D.Lgs. n. 28 del 2011 ha dato attuazione della direttiva
2009/28/CE del 23 aprile 2009, che in materia di procedure di autorizzazione di
impianti per la produzione di energie rinnovabili invita gli Stati membri a
preferire procedure semplificate e accelerate, prevedendo tra l’altro forme

particolare analoga disposizione a quella dell’art. 12, reca ora l’art. 5, comma 1,
del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla
promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e
successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), secondo cui,
infatti, fatto salvo quanto previsto dagli artt. 6 e 7, la costruzione e l’esercizio
degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, le
opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio
degli impianti nonché le modifiche sostanziali degli impianti stessi sono soggetti
all’autorizzazione unica di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387, come modificato dal presente articolo secondo le modalità
procedimentali e le condizioni previste dallo stesso decreto legislativo n. 387 del
2003…” ; carattere innovativo ha invece l’art. 6, che, sempre in attuazione della
direttiva Europea sopra menzionata, disciplina una procedura abilitativa
semplificata per la costruzione e l’esercizio di impianti alimentati da fonti
energetiche rinnovabili, riconoscendo inoltre alle Regioni e alle Province
autonome la facoltà di estendere “la soglia di applicazione della procedura
semplificata … agli impianti di potenza nominale fino a 1 MW elettrico, definendo
altresì i casi in cui essendo previste autorizzazioni ambientali o paesaggistiche di
competenza di amministrazioni diverse dal Comune, la realizzazione e l’esercizio
dell’impianto e delle opere connesse sono soggette altresì all’autorizzazione
unica”. È quindi solo con la nuova regolamentazione del 2011 che il legislatore
statale ha dato facoltà alle Regioni di estendere l’ambito di applicazione del
procedimento autorizzatorio semplificato fino ad una soglia massima di potenza
di energia elettrica pari a 1 MW, fermo restando il vincolo per la legislazione
regionale costituito dai limiti posti dall’art. 6 citato, che, secondo la
giurisprudenza costituzionale (da ultimo, Corte cost. n. 99 del 2012) esprime un
principio fondamentale, sicché il legislatore regionale è tenuto a rispettarlo
nell’esercizio della sua potestà legislativa concorrente.
Nella specie, il Tribunale ha valorizzato, ai fini della necessità di ottenere
l’autorizzazione unica regionale, pur a fronte della formale sussistenza di distinti
impianti tutti inferiori alla soglia di 1 MW, l’oggettiva unitarietà dell’iniziativa
6

procedurali meno gravose per i progetti di piccole dimensioni (art. 13). In

imprenditoriale desunta, in via logica, da plurimi indici rappresentati,
riassuntivamente e sinteticamente, dalla medesima data di deposito dei titoli
edificatori, dalla medesima identità della società richiedente la d.i.a., dai
medesimi nomi dei progettisti e della direzione lavori, dalla medesima identità
della impresa esecutrice dei lavori, dal medesimo schema di redazione, luogo e
data di compilazione per tutte le d.i.a.

i tre impianti fotovoltaici di cui al capo b), pur formalmente intestati a tre diverse
società, sarebbero riconducibili ad un unico centro di interessi mentre le ragioni
del frazionamento sarebbero a null’altro riconducibili se non a quella di eludere le
prescrizioni in ordine alle necessità dell’autorizzazione unica regionale.
Consegue dunque a quanto sin qui esposto come nessuna violazione di legge sia
nella specie riscontrabile laddove il Tribunale ha ritenuto configurabile il fumus
del reato di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001; all’autorizzazione
unica prescritta dal d. Igs. n. 387 del 2003 e dal d. Igs. n. 26 del 2011 deve
infatti riconoscersi carattere omnicomprensivo esteso a tutti i profili connessi alla
realizzazione ed all’attivazione degli impianti di produzione di energia elettrica
alimentati da fonti rinnovabili. Essa, avendo come contenuto imprescindibile
anche la verifica della compatibilità urbanistica-edilizia dell’intervento, costituisce
titolo a costruire e ad esercitare l’impianto in conformità ai progetto approvato
ed è sostitutiva del permesso di costruire. Spetta infatti al Comune, nell’ambito
della conferenza di servizi che precede il rilascio, far valere il proprio interesse ad
una corretta localizzazione urbanistica dell’impianto ed alla sua conformità
edilizia (vedi Consiglio di Stato: Sez. 5, n. 1139 del 26/02/2010, n. 1139; Sez.
3, parere n. 2849 del 14/10/2008).
Parimenti, anche in considerazione della previsione che ai sensi dell’ art. 12,
comma 7, del d. Igs. n. 387 del 2003, gli impianti fotovoltaici possono essere
ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, purché
risulti sostanzialmente salvaguardata l’utilizzazione agricola del territorio, deve
ritenersi correttamente individuato il fumus del reato di lottizzazione abusiva
(cfr. conf. Sez. 3, n. 15988 del 06/03/2013, Rubino, Rv. 255481; Sez. 3, n.
38734 del 20/03/2012, Caligaris e altro,

non massimata);

si ha infatti

lottizzazione (materiale) abusiva, ai sensi dell’ art. 30, comma 1, del d.P.R. n.
380 del 2001, quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione
urbanistica o edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o
regionali o senza la prescritta autorizzazione; sicché, qualsiasi intervento edilizio,
in esso compresa la realizzazione di impianti industriali, eseguito in assenza delle
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Sicché, in definitiva, del tutto logicamente il Tribunale ha concluso nel senso che

prescritte autorizzazioni, che, per la sua consistenza, si palesi idoneo a conferire
al territorio un assetto diverso da quello previsto dagli strumenti urbanistici,
integra la fattispecie della lottizzazione abusiva materiale, ovvero negoziale se si
effettui il frazionamento dei terreni al medesimo scopo.

5. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

esercizio è anche esso soggetto ad autorizzazione (a norma, come già visto,
dell’art.12, comma 3, del D.Lgs. n. 387 del 2003), al controllo delle
amministrazioni competenti ad accertare la sua compatibilità con l’assetto del
territorio ed il rispetto delle altre condizioni previste dal comma 7 determina la
protrazione della lesione dell’interesse protetto dalla norma e giustifica di per sé
l’applicazione della misura cautelare (Sez. 3, n. 15988 del 2013 cit.).
Inoltre, quanto in particolare in relazione all’aspetto del nesso tra le violazioni
urbanistiche e gli incentivi contestati come indebitamente percepiti, a fronte del
fatto che un iter amministrativo regolare avrebbe anche potuto condurre a non
consentire la realizzazione degli impianti e in tal modo a non ottenere gli
incentivi, va ricordato come il Tribunale abbia posto l’accento sugli incentivi di
entità inversamente proporzionale alla taglia dell’impianto ed in misura correlata
alla data (di cui si assume la non veridica attestazione) di entrata in esercizio
dello stesso.

6.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014

Il Presidente

E’ stato già affermato da questa Corte che la sottrazione dell’impianto, il cui

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